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Dopo la frana, petizione di Legambiente: “Chiudiamo la Cementifera”

Il presidente del Basso Sebino, Dario Balotta: “La produzione ormai è incompatibile con la vocazione turistica del lago d’Iseo, e ora il problema non è più solo di inquinamento".

“Ora non ci sono più dubbi. L’attività della Cementifera ItalSacci (del gruppo tedesco Heidelberg) è molto nociva alla salute e alla sicurezza della popolazione, non solo di Tavernola, ma di tutto il lago d’Iseo. Va chiusa la Cementifera”. Inizia con queste parole la severa petizione che Legambiente Basso Sebino ha lanciato su change.org per chiedere la chiusura dell’impianto di Tavernola Bergamasca. Mille firme l’obiettivo da raggiungere per poter far arrivare la propria voce al Governo e al Ministero della transizione ecologica.

Il presidente del circolo del Basso Sebino, Dario Balotta, ha approfondito con noi le ragioni di questa richiesta.“Noi chiediamo la chiusura del cementificio e della cava perché la loro produzione ormai è incompatibile con il lago d’Iseo, e alla luce della minaccia della frana ora il problema non è più solo di inquinamento cementifero. La gente la mattina si trova la polvere sulle macchine. Va fatto per la salute di chi ci lavora e di chi ci abita”.

Ma secondo il numero uno di Legambiente Basso Sebino non si tratta appunto solo di inquinamento: “Il cementificio non è compatibile nemmeno con le forti mire turistiche del lago d’Iseo degli ultimi anni. Al di là del gusto estetico di quell’edificio, su quella strada transitano anche 250 tir al giorno. Tutto questo sicuramente non attrae tedeschi o olandesi per esempio”. Balotta parla anche di un evidente danno d’immagine non solo per Tavernola ma per tutto il lago d’Iseo a causa della questione cementificio: “Dobbiamo dare un segnale di cambiamento per il turismo del Lago. Ma per un turismo di qualità bisogna avere un lago più pulito”.

E proprio a proposito di lago c’è da considerare anche un altro danno, quello relativo all’acqua: “Il livello del lago è andato giù di quasi un metro per limitare i danni nel caso in cui la frana scenda nel lago. E giustamente. L’acqua però ha un costo, e quell’acqua sarebbe servita per l’estate, per l’agricoltura a cui è stata tolta”. Per tutti questi motivi un invito particolare viene rivolto alle forze politiche nazionali: “Bisogna che qualcuno abbia il coraggio di risolvere davvero questa situazione. Il governo ha parlato di riconversione green: bene, facciamola, ma davvero e come si deve”.

Per il Presidente il quadro è chiaro: “Gli effetti di questa produzione a Tavernola stanno venendo fuori tutti, bisogna agire prima che sia troppo tardi”. Nelle idee di Legambiente c’è già qualche idea per il futuro: chiusura sì, ma anche riconversione dell’area: “Bisogna innanzitutto che si trovino dei responsabili. Poi assieme a questi, secondo il principio comunitario europeo che chi inquina paga, si dovrà affrontare la prospettiva della chiusura, coi tempi che richiederà. Quell’area potrebbe diventare un centro turistico, anche museale del Basso Sebino, perché no”.

Oltre alle motivazioni ambientali, a sostegno della tesi della chiusura del cementificio c’è anche un altro aspetto per Balotta. A suo giudizio quella del cemento è una produzione non più strategica, e quindi non necessaria a tutti i costi. Il presidente del circolo del Basso Sebino evoca un paragone forte: “Il rischio è quello di trovarci in una situazione come quella dell’Ilva a Taranto, ovviamente molto più nel piccolo. Con la differenza però che la produzione dell’acciaio in Italia è ancora strategica, mentre quella del cemento a Tavernola non è più indispensabile. Il bisogno di cemento che c’era fino a dieci anni fa ora non c’è più”.

Rimane tuttavia un grosso problema: gli operai del Cementificio, che non possono essere lasciati senza lavoro. Anche su questo punto Balotta prova a ragionare: “Se si deciderà di bonificare quel sito non lo faranno di certo i tavernolesi, ma potrebbero essere proprio gli operai dell’azienda. Dopodiché i proprietari del Cementificio vedranno se elaborare un progetto di riconversione della struttura in cui coinvolgere i loro dipendenti”.

In questo momento l’attività del Cementificio è comunque ferma, e allo stesso modo gli operai. Dario Balotta fa un altro parallelismo: “Lo Stato attualmente paga la cassa integrazione Covid. Se pensiamo che Alitalia è in cassa integrazione da 12 anni non dovrebbe essere un problema andare avanti a pagarla a 60 dipendenti”. Quello che manca in questo momento insomma è un’occasione per sedersi ad un tavolo e confrontarsi: “Heidelberg ha acquistato lo stabilimento nel 2017 da Italcementi. È un’impresa grande, e ora dovrà rispondere. La situazione è arrivata alla non sostenibilità, non si può più far finta di niente”.

La minaccia della frana a Tavernola è presente da tantissimi anni ma non è mai stata affrontata in maniera strutturale secondo il Presidente del circolo: “Passato il pericolo è sempre tornato tutto come prima. Noi non vogliamo che riaccada più”.

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