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La storia

Laura, 60 anni, professione rider: “Vecchia? Faccio 300 km a settimana in bici”

Bergamasca doc, trapiantata a Milano, dopo una vita nel mondo dell'arte da due anni fa consegne a domicilio di alcolici: "Ora sto preparando il giro del mondo, in bici"

In sella alla sua amata mountain bike percorre 300 chilometri a settimana per le strade di Milano. Ma non lo fa (solo) per passione. Laura Morelli lavora come rider, i ciclofattorini che effettuano consegne a domicilio. Nulla di strano, se non fosse che a novembre compirà 61 anni.

Cresciuta a Verdello e bergamasca doc, laureata in arte al Dams di Bologna, Laura da cinque anni si è trasferita nel capoluogo. E da gennaio del 2019 ha deciso di cambiare vita…

“Ho svolto molti lavori prima, quasi tutti legati al mondo dell’arte, la mia passione – racconta tra una consegna e l’altra – . In giro per l’Italia e per il mondo. Sempre con contratto a termine. Poi tre anni fa ho iniziato a notare questi “cubetti gialli” che giravano in bici per le vie milanesi, descritti da tutti come dei poveri sfigati. Io invece, anche perchè adoro muovermi sulla due ruote, ci ho visto della bellezza. E allora ho pensato di unirmi a loro”.

Così Laura, a 59 anni, molla tutto e invia la sua candidatura a un’agenzia per lavorare come rider: “Non pensavo mi prendessero. Invece, dopo un paio di settimane, ecco che mi chiamano. E il 14 gennaio 2019 ho iniziato la mia nuova professione, che definirei un viaggio esaltante. Posso muovermi nella pancia di una città come Milano. Poi nel corso dell’anno vedo il cambiamento delle stagioni e quindi della natura. Ma soprattutto c’è l’aspetto sociale, quello di poter in un certo senso entrare, oltre che nelle loro case, nella vita delle persone”.

Cosa consegna?

Alcoli e superalcolici. Le richieste sono aumentate tantissimo dopo l’arrivo del Covid, con i vari divieti e inviti a non uscire di casa. La mia azienda ha avuto un picco di fatturato nel 2020.

Quali sono i suoi orari di lavoro?

C’è molta flessibilità. Comunque ci si organizza attraverso una app. Io comunico in anticipo la mia disponibilità per la settimana successiva e la mia azienda mi dice quali sono le necessità. Poi accordiamo i turni da 6 ore circa. Di solito mi muovo su tre o quattro giorni a settimana e preferisco la sera.

Ma è vero che i rider sono sfruttati e sottopagati?

Sì, confermo. Purtroppo è così. Tutto quello che si sente dire in giro corrisponde alla realtà. Poi ci sono aziende italiane che trattano meglio, le multinazionali no. Ma questo credo corrisponda a qualsiasi professione.

Non ha paura di prendere il Covid?

Assolutamente no. Sono state introdotte regole ferree nel nostro settore, e i milanesi sono molto attenti e ligi nel rispettarle.

Quando è nata la sua passione per la bici?

Anni fa, quando abitavo ancora a Bergamo. Ho notato che usavo pochissimo l’auto, così l’ho venduta e ho iniziato a muovermi su due ruote. Ora tra lavoro e sport faccio 300 chilometri a settimana e questo mi fa sentire molto bene.

I clienti si stupiscono quando la vedono?

Sì, succede spesso. Ma questo è dovuto alla nostra cultura, che reputa una stranezza il fatto che una donna, di 60 anni, possa essere una rider. Non rientra nella logica italiana.

Fino a quando pensa di fare questo lavoro?

Ho iniziato con l’idea di andare avanti per un anno, con un progetto artistico che consisteva in una serie di foto su Instagram legate a Milano vista dalla sella di una bici. Ma poi è arrivato il Covid e ho pensato di proseguire. Ora mi sto preparando il prossimo obiettivo: il giro del mondo in bici. Spero di poter partire l’anno prossimo.

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