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San pellegrino terme

Dalla chiusura al vaccino alla stanza degli abbracci: l’anno difficile della Rsa Oasi

Tra voglia di normalità, di un rinnovato rapporto con il territorio, sempre con la sicurezza al primo posto, ma con un occhio ai conti. “Non bisogna nascondersi. In molti, come noi, devono sistemare i bilanci entro il 2021”

“Cominciamo adesso a metabolizzare il difficile periodo passato. Ora possiamo dire di conoscere il Coronavirus e di avere strumenti efficaci e linee guida per affrontarlo”. Così Stefano Ghilardi, presidente della cooperativa Bergamo Sanità e dell’Rsa Oasi di San Pellegrino, riassume l’anno passato. Un anno difficile, in particolare, per chi si è ritrovato a gestire l’emergenza pandemica all’interno delle case di riposo, che si spera possa volgere presto a termine, grazie alla campagna vaccinale (iniziata nella struttura lunedì 8 febbraio, con le prime somministrazione del vaccino Moderna) e all’utilizzo di particolari accorgimenti (come la ‘stanza degli abbracci’) che possano ricondurre, per quanto possibile, ad una vita ‘normale’.

“Abbiamo vissuto un periodo molto brutto, da parte di tutto il personale c’è un’attenzione scrupolosa nel seguire le direttive – spiega Vania Locatelli, coordinatrice infermieristica. – Con il senno di poi, posso dire che il Covid-19 sia venuto a bussare alla nostra porta già a gennaio 2020. Avevamo un paio di ospiti, ricoverati poi in ospedale, con una sindrome respiratoria strana: non è mai stata fatta una diagnosi di Coronavirus”.

La struttura di San Pellegrino, gestita dalla cooperativa con sede a Nembro, è stata poi chiusa all’esterno da lunedì 24 febbraio dello scorso anno. “Avevamo registrato la presenza di questa influenza particolare – spiega Stefano Ghilardi – Non avendo chiara la situazione, abbiamo voluto chiudere la struttura per proteggere gli ospiti. Purtroppo l’Ats, su segnalazione dei parenti, dopo qualche giorno ci ha obbligato a riaprire”. Elementi, comuni ad altre case di riposo, sui quali la Magistratura sta indagando. “Gli ospiti hanno continuato ad uscire dalla struttura, come accadeva normalmente. Il Covid-19 è così entrato in tutte le case di riposo: stiamo parlando di strutture che, in periodi normali, sono aperte al territorio, con spazi di condivisione. Abbiamo avuto diverse morti” – conclude Ghilardi.

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“C’è stata poca comunicazione in merito alle polmoniti anomale – spiega Giancarlo Magoni, direttore sanitario della cooperativa Bergamo Sanità e dell’RSA di San Pellegrino – Alcune strutture negavano addirittura l’esistenza del virus, nella convinzione che non potesse entrare, quindi le attività programmate andavano avanti. Fino a fine febbraio, quando poi è stato chiuso tutto”.

Chiusura alle visite nelle RSA che dura ancora oggi, con l’ingresso dei parenti e dei Caregiver permesso solo in caso di fine vita. “Abbiamo scelto, ad oggi, di effettuare solo videochiamate. Inoltre, in casi particolari, gli ospiti possono vedere i parenti tramite il vetro esterno alla struttura, parlando grazie agli smartphone e all’aiuto degli operatori – spiega Ghilardi -. Situazione che potrà migliorare con l’arrivo della primavera, grazie all’installazione di una ‘Stanza degli abbracci’. Una struttura che ricorda un gazebo, con tre lati rivestiti in plastica. Il parente ha la possibilità, tramite due ‘manicotti’, di poter entrare in contatto con l’ospite, per avere un contatto diretto, proteggendosi allo stesso tempo da un rischio di contagio. Offerta dalle imprenditrici Laura Panseri e Paola Bellina, verrà installata all’esterno dell’edificio nel periodo primaverile”.

Accorgimenti presi da diverse Rsa, che possano ricondurre ad un ritorno verso delle visite ‘in presenza’. Un cambio di passo verso una possibile normalità, che non fa però dimenticare il difficile periodo trascorso. “È stato un anno drammatico, anche dal punto di vista economico – racconta ancora Ghilardi – . Un tema importante, che Bergamo Sanità condivide con gli altri gestori delle case di riposo. Diverse strutture hanno sostenuto spese enormi, rimanendo nello stesso tempo escluse da aiuti e contributi (se non quelli di singoli privati). Attualmente abbiamo 44 ospiti nella struttura di San Pellegrino, con tre posti liberi da utilizzare in caso di focolaio interno. Rette che non entrano, che vanno ad incidere su un bilancio già gravato dalle spese sostenute a causa dell’epidemia. Speriamo di riuscire a sistemare i bilanci entro la fine del 2021, altrimenti rischiamo di chiudere”.

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Bergamo Sanità ha sede proprio a Nembro, uno degli epicentri lombardi dell’epidemia. “Attraverso l’assistenza domiciliare, abbiamo vissuto in prima persona tutta la prima ondata, resa ancora più difficoltosa a causa della mancanza di materiale. I dispositivi di protezione scarseggiavano. Quelli trovati ed acquistati venivano presi dalla Protezione Civile per essere portati negli ospedali, che avevano priorità, oppure non venivano consegnati o addirittura rubati”.

Nel 2020, Bergamo Sanità ha speso 100mila euro in DPI, oltre al budget già previsto da prassi nelle case di riposo. “Mi sono dovuto recare fino a Reggio Emilia per reperire alcuni materiali. – racconta Stefano Ghilardi – Mancavano farmaci, antibiotici, soluzione fisiologica, oltre alle bombole di ossigeno (poi trovate grazie anche all’aiuto dei carabinieri di San Pellegrino). I guanti in lattice, che costavano 2euro e 50 a scatola, sono arrivati a costare 12 euro, le mascherine 15 euro l’una. Dietro tutto questo si è andato a creare un business importante: un aumento impressionante dei costi dei DPI che ha inciso pesantemente nel bilancio, oltre ai protocolli che erano da modificare ogni giorno, a seconda di quello che Regione Lombardia andava a legiferare”.

Adesso la situazione sembra migliorata, anche se rimane alto il livello d’attenzione. In attesa che arrivi la bella stagione, che si concluda il prima possibile la campagna vaccinale e che si possa tornare ad una normalità dove le case di riposo siano libere di aprirsi di nuovo al territorio.

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