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Istruzione

Scuole in Dad, weekend di caos in Lombardia: nessun coordinamento con Roma fotogallery

Scuole in Dad, confusione e nessun coordinamento tra Stato e Regioni. La denuncia della Cgil Bergamo

In Lombardia è stato un week end di caos, di tentativi di organizzarsi senza avere disposizioni chiare, per poi vedere annullati, all’ultimo secondo, gli sforzi fatti: il mondo della scuola regionale è disorientato, maltrattato e vittima di confusione e mancato coordinamento tra ordinanze di Regione Lombardia, note del ministero dell’Istruzione e lacune, ancora non colmate, in materia di congedi parentali a sostegno dei lavoratori che devono rimanere a casa con i figli.

Il riassunto degli ultimi giorni

Di giovedì 4 marzo è l’ordinanza (la n.714) con cui Regione Lombardia prevede, malgrado il territorio regionale non sia zona rossa, la sospensione della didattica in presenza per tutti gli ordini di scuola ad esclusione solo degli asili nido. È accaduto dall’oggi al domani, mettendo nei guai le famiglie.

Nel giro di poche ore, da Roma, una nota del capo dipartimento uscente al ministero dell’Istruzione, Max Bruschi, apre la possibilità di consentire ai figli dei lavoratori dei servizi cosiddetti essenziali di accedere alle lezioni in presenza. “Per tutto il fine settimana, nel disorientamento dei dirigenti scolastici, tante famiglie hanno presentato richieste pressanti alle scuole di derogare alla disposizione regionale, sostenendo di essere lavoratori essenziali” spiega Elena Bernardini, segretaria generale della Flc-Cgil di Bergamo.

Il giorno successivo, il 5 marzo, una lettera del presidente regionale Attilio Fontana e dell’assessore al Welfare Letizia Moratti chiede al Ministero della Salute di fare chiarezza su quali siano i servizi pubblici essenziali richiamati nella nota.

Intanto fra sabato e domenica i dirigenti scolastici si sono attrezzati, senza avere alcuna indicazione chiara su come agire, per decidere chi ammettere in presenza o no: “C’è chi ha stilato proprie liste, chi ha fissato percentuali massime di partecipazione in presenza” prosegue Bernardini.

Alla fine, domenica sera, il Ministero dell’Istruzione ha diramato una nota in cui, in sostanza, smentisce la propria comunicazione precedente sui key workers, richiamando i contenuti del DPCM del 2 marzo, che prevede la possibilità di attività in presenza solo per i laboratori e per garantire l’inclusione scolastica degli alunni disabili e con bisogni educativi speciali.

“Quindi oggi a scuola in presenza ci sono figli di medici e infermieri, domani verosimilmente non ci saranno” prosegue Bernardini.

La denuncia della Cgil di Bergamo

“La Regione ha preso un provvedimento sulla chiusura delle scuole senza verificare la possibilità di offrire sostegno alle famiglie e senza tenere conto delle conseguenze” commenta Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo. “Il ministero dell’Istruzione, da parte sua, ha diramato note contradditorie che si smentiscono l’una con l’altra, alimentando il caos. Rileviamo una completa mancanza di coordinamento tra Stato e Regione, e sottolineiamo anche come la Regione Lombardia, pur avendo sempre criticato i provvedimenti presi da un giorno all’altro dal precedente Governo, ora abbia fatto esattamente lo stesso. E ancora non si è colmata una lacuna grave: quella dei rinnovi dei congedi parentali in caso di figli in quarantena o in Dad. La Regione che ha scelto di chiudere le scuole avrebbe potuto integrare direttamente, con misure regionali”.

Al riguardo nei giorni scorsi la Cgil e la Flc-Cgil nazionali hanno scritto al Governo per sollecitare l’approvazione delle misure di sostegno ai lavoratori con figli in Dad o in quarantena.

“La nota ministeriale di domenica sera, quella in cui si rettifica la comunicazione precedente sui lavoratori essenziali, riporta il focus del ministero dell’Istruzione al suo ambito di competenza: il problema dei genitori in difficoltà a conciliare lavoro e famiglia è un tema del welfare, un problema che la scuola non può risolvere. È necessario ricondurlo sul giusto binario, quello del sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici” conclude Elena Bernardini. “Soprattutto occorre farlo di fronte al cortocircuito tra limitazioni per la pandemia, necessità di lavorare e necessità di gestire i figli, un circolo vizioso che nel lockdown totale della scorsa primavera era meno marcato ed evidente, dal momento che molte attività produttive erano ferme, come la didattica in presenza. La scuola non può occuparsi del sostegno ai genitori. Resta il fatto che mai come in questa pandemia ci si è resi conto di come tutto sia interconnesso e che prima di chiudere gli istituti scolastici è sempre meglio pensarci due volte”.

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