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La lettera

Scuole chiuse, pochi alunni in presenza: “Ma per mia figlia, disabile, solo tre ore”

L'ordinanza della Regione lascia la decisione ultima alle scuole: "Per l'ennesima volta a pagare le conseguenze sarà una parte della fascia debole".

Fino al 14 marzo su tutto il territorio regionale sarà sospesa la didattica in presenza per tutte le classi delle scuole dell’infanzia, scuole elementari, scuole medie, scuole secondarie di secondo grado, istituzioni formative professionali secondarie di secondo grado (IeFP), Istituti tecnici superiori (ITS), percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS).

Continuano in presenza, invece, i servizi educativi per l’infanzia, ovvero nidi e micronidi (e sezioni Primavera).

La Regione, però, ha lasciato aperta la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali.

Ed è qui che si sono concentrate le maggiori attenzioni, dei genitori da un lato e della politica dall’altro.

Nelle ore in cui il presidente Fontana stava definendo gli ultimi dettagli dell’ordinanza entrata in vigore alla mezzanotte di venerdì, l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo Marcella Messina e il Consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta avevano chiesto un’importante modifica: “Passi una deroga – avevano suggerito – che garantisca ai figli degli operatori sociosanitari, come quelli centri diurni per disabili, delle Rsa e di tutte le comunità specifiche che prevedono operatori fisici sul posto di lavoro e che non possono erogare servizi in smart working, di continuare a seguire le lezioni a scuola in presenza. Il rischio di creare un duplice cortocircuito è alto, perché nei comuni e nelle realtà del terzo settore servono gli operatori per i servizi essenziali che sono già sotto stress, i quali, però, dovrebbero anche seguire i figli a casa da scuola. Non si tratta di numeri stratosferici, per questo auspichiamo che Fontana e Moratti ci rispondano positivamente”.

Solo pochi minuti più tardi la Regione aveva precisato come il Ministero dell’Istruzione avesse già dato indicazioni ai dirigenti scolastici per garantire “la frequenza in presenza per gli studenti figli di personale sanitario. E, inoltre, di altre categorie di lavoratori, le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione”.

Passaggio che, però, manca nell’ultimo documento diffuso dal Ministero. Misteriosamente. 

La comunicazione, dunque, ha lasciato alle singole realtà scolastiche la facoltà di scelta, producendo ovviamente una disparità di decisioni nel panorama lombardo.

In molti si sono organizzati, garantendo la didattica in presenza per gli studenti con disabilità, altri hanno garantito la frequenza parziale e altri ancora, invece, non sono riusciti a organizzare un’apertura.

“Sono la mamma di una bambina diversamente abile di 10 anni fa, frequentante una scuola primaria di Bergamo – ci raccontano – Quando giovedì 4 marzo ho saputo che in seguito alla chiusura delle scuole nostra figlia avrebbe potuto frequentare in presenza, ho tirato un sospiro di sollievo.

Mi sono subito messa in contatto con la scuola e con dispiacere ho saputo che sarebbe stata garantita una copertura giornaliera in presenza per un totale di 3 ore (9-12). Il dirigente mi ha detto che avrebbe fatto uno strappo alla regola, consentendo a mia figlia di partecipare anche alle lezioni pomeridiane a distanza. Non volevo crederci, mia figlia ha un livello di attenzione molto basso, figuriamoci chiederle di stare da sola davanti ad un computer.

La cosa che più mi lascia perplessa è che ho saputo che non tutte le scuole primarie di Bergamo hanno preso questa decisione: addirittura alcune hanno mantenuto l’orario pieno.

Capisco che ogni scuola abbia la propria autonomia ma una linea comune a livello cittadino non sarebbe stata male.

E così per l’ennesima volta a pagarne le conseguenze sarà una parte della fascia debole, anche se spero ancora che la sua scuola cambi organizzazione e segua il modello delle scuole cittadine che accolgono per più tempo quei bambini che hanno diritto a frequentare in presenza”.

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