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Giornata della donna

“L’8 marzo? Da equilibrista tra lavoro e due figli in didattica a distanza”

"Dove sono le politiche di aiuto?": la testimonianza di Alessia Longhi, lavoratrice in Atb e mamma. Una storia come quella di tante altre donne, divise tra un lavoro che non può essere rimandato e i figli da seguire in didattica a distanza.

Nell’estate 2020 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha diffuso un dato dal sapore molto amaro: nel 2019 il 73% delle dimissioni volontarie sono di donne, madri, quasi sempre dopo la nascita del primo figlio. Ma ciò che certifica la disparità di genere (gender gap), con annessa iniquità, è il confronto con il dato relativo alle scelte dei padri. Su oltre 51mila dimissioni volontarie solo il 27% sono firmate da uomini.

Secondo il Global Gender Gap Report 2020 (lo studio statistico che ogni anno fa il punto sulle disparità di genere) in Italia lavora ancora meno di una donna su due. Inoltre, la differenza salariale fra uomini e donne a parità di livello e di mansioni nel 2019 si attesta al 7,4% (dall’8,8 dell’anno precedente). E più le donne studiano, più aumenta il divario: se un laureato uomo guadagna il 32,6% in più di un diplomato, una laureata guadagna solo il 14,3% in più.

Dati che pesano ancora di più il giorno della festa della donna, l’8 marzo, e che si instaurano in quadro che, con il Covid, è solo peggiorato. In Italia, a dicembre 2020, infatti, dei 444mila lavoratori in meno rispetto a dicembre 2019, 312mila erano donne.

E, sempre nel Bel Paese, lo smart working ha incrementato il carico di lavoro dentro le mura domestiche. Da un’ indagine condotta nel 2020 da ValoreD, a marzo 2020 1 donna su 3 ha lavorato più di prima non riuscendo a mantenere un equilibrio tra lavoro e vita domestica. Tra gli uomini il rapporto è di 1 su 5.

Sono le storie di queste donne che noi di Bergamonews, per la festa della donna, vogliamo raccontare con cinque testimonianze molto diverse tra loro.

Donne normali, eroine del quotidiano, spinte tra le forze di ogni giorno, pilastri della propria famiglia e lavoratrici accanite e con denti affilati in un mondo, quello del lavoro, in cui ancora troppo elevato è il gap salariale tra uomini e donne.

Alessia Longhi è una giovane mamma bergamasca che ha voluto condividere con noi la complicata vita per una lavoratrice e una mamma nell’era della didattica a distanza e dello smartworking.

“La mia storia è come quella di tante altre, ma forse in pochi si rendono conto della fatica e delle giornate da equilibrista che noi donne dobbiamo trascorrere. Sempre con un occhio sul lavoro che non può essere rimandato e i figli a casa con la scuola a distanza”, racconta Alessia.

Lei ha una posizione di rilievo nell’ambito della comunicazione e del marketing dell’azienda bergamasca di trasporti ATB ed è mamma di due figli di 8 e 3 anni e mezzo.

“La zona arancione scuro per la Lombardia ha comportato che entrambi adesso non vanno a scuola in presenza, ma devono seguire le lezioni a distanza e, ovviamente, non sono autonomi. Sono troppo piccoli per seguire da soli, perciò devo aiutarli. Mio marito lavora in presenza e io, invece, in smartworking, perciò faccio da equilibrista tra le mie 8 ore di un lavoro essenziale e non rimandabile e i piccoli che devono seguire la scuola”, continua Alessia.

L’equilibrio nella coppia è fondamentale, ma non basta. Servirebbe pensare a politiche di aiuto per le famiglie, senza pensare che l’unica soluzione sia che la donna rinunci al proprio lavoro per gestire i figli.

“Mi sento fortunata perché io, a differenza di tante donne, ho mantenuto il mio lavoro e ho anche potuto progredire nella mia carriera e mio marito appena torna dal lavoro mi aiuta, ma le giornate così si vivono con fatica. Ed è così per tante, tantissime altre donne. Abbiamo tutte bisogno di una mano: andare avanti così diventa insostenibile. Non possiamo affidarci a nessuno, nemmeno ai nonni perché, con questa situazione, sono da tutelare. Ma, allora, come si fa? Dove sono le politiche di aiuto che possano dare un senso a questo 8 marzo?”.

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