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La riflessione

Countdown per la Maturità: cento giorni per diventare grandi, o forse no?

Crescere forse significa essere solida, stabile? Così stabile da non sentire la fatica e da riuscire a sorreggere te e tutti gli altri? No. Significa essere anche fragili, anche tremolanti, e accettarlo. Una riflessione in vista dei meno cento giorni alla maturità

Cento giorni. Mancano cento giorni alla mia maturità, e a quella di migliaia di studenti, insieme a me. Cento giorni e sarò seduta su una sedia, di fronte a una commissione ad affrontare una delle tappe più importanti della mia vita. Un ponte. Un passaggio di testimone.

Dal 1997, almeno in linea teorica, si chiama “esame di stato “e non più “maturità” anche se, di fatto, noi tutti continuiamo a chiamarlo così. Maturità.

Sto crescendo, lo so, me ne rendo conto, e ogni tanto non vorrei. Mi sento un po’ Peter Pan, e un
po’ mi fa invidia, lui che se ne può restare per sempre nella sua isola che non c’è. E ogni tanto me
la canto la canzone di Bennato, che mi fa sentire bene, ma bisogna crescere, e anche se non vuoi, succede lo stesso. E in questi giorni ci sto pensando: tra cento giorni potrei essere matura.

Ma che significa?

Forse significa essere solida, stabile? Così stabile da non sentire la fatica e da riuscire a
sorreggere te e tutti gli altri? No. Significa essere anche fragili, anche tremolanti, e accettarlo.

Significa conoscersi, guardarsi dentro, anche se si fa fatica, che se ti guardi dentro, insieme ai bei ricordi, ogni tanto ci puoi trovare anche il tuo dolore.

Ti puoi dire matura quando non piangi più, quando non hai più paura, quando non hai più bisogno né di aiuto, né di supporto, o quando non ti vergogni più a mostrarti con le lacrime agli occhi, e chiedere una mano non ti spaventa più così tanto? Che forse significa saper essere anche fragile, che tutti prima o poi lo siamo, e su quella fragilità e con quella fragilità costruire le fondamento di chi sei e di chi vuoi essere. E significa capire che non puoi arrivarci da un giorno all’altro ad essere chi vorresti, che quello è l’obiettivo di tutta una vita, e che devi convincerti che piano piano, un passo per volta, alla fine ci si arriva.

E forse non sei adulta quando hai realizzato tutti i tuoi sogni, ma quando continui a provarci, e per quanto sia difficile non ti dai per vinta. E, per carità, non sei adulta quando chiudi i sogni in un cassetto.

Forse sei finalmente adulta quando inizi a vedere i tuoi genitori come… Persone. E inizi a pensare
che magari anche loro hanno delle paure, dei problemi, delle insicurezze, dei sogni. E inizi a capire che forse sarebbe il caso che anche tu facessi qualcosa per loro.

Diventi grande quando finalmente riesci a rendere tutti felici o quando per una volta riesci a prenderti del tempo per te, senza sentirti egoista? Quando la smetti di cercare di risolvere solamente i problemi altrui e hai il coraggio di ascoltare anche i tuoi, e metterli in riga, e affrontarli uno per uno, guardandoli in faccia.

Diventi grande quando dagli ordini al caos che hai dentro o quando inizi ad amarlo?

Ed è quando non sbagli più che sei grande, o quando ti permetti anche di sbagliare, e smetti di
essere così severa con te stessa? Forse quando ti permetti di essere anche stupida ogni tanto?

Forse puoi dirti matura quando la smetti di dire che sei troppo grande per certe cose, di privarti di attimi di felicità solo per paura di sembrare cretina, e di darti scadenze per cose che una scadenza non ce l’hanno.

Forse sei matura quando la finisci di sognare che un giorno arriverà un Richard Gere, arrampicato sulla scala antincendio come in Pretty Woman, a salvarti e a dirti quanto vali, che non è vero che se non ti ami tu nessuno lo farà mai, ma sicuramente farai più fatica a renderti conto dell’amore altrui.

Forse Peter Pan si sbagliava, forse alla fine crescere non è così male.

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