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Giocare in cucina

Soviet e Kapital, le pizze del futuro

La pizza Margherita è la più amata dagli italiani da un recente sondaggio. Oliviero Godi, architetto e fotografo, si diletta qui nell'inventare due pizze del futuro. Con una buona dose di ironia.

La pizza è ormai un bene comune universale. La pizza Margherita la più popolare e conosciuto. Oliviero Godi, architetto e fotografo, si diletta qui nell’inventare due pizze del futuro.

Eataly ha commissionato un sondaggio sulle pizze più mangiate in Italia e si è scoperto che la Margherita è di gran lunga la preferita nel nostro paese.
Non serviva un sondaggio per scoprirlo; è una pizza semplice, che mette d’accordo quasi tutti (almeno carnivori e vegetariani) e che costa pochissimo (la meno costosa insieme alla Marinara).

Ma diciamocelo, serve una nuova Margherita.
Ok, è solo pane, mozzarella e pomodoro con un filo d’olio e una foglia di basilico, ma proprio perché è solo questo che, dopo più di 160 anni (ne parlava già nel 1858 Francesco De Boucard nella sua opera “Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti” ), è ora di creare qualcosa di nuovo, che rifletta le due caratteristiche base della vecchia Margherita: essere adatta a tutte le religioni del cibo e allo steso tempo essere molto economica.

A volte per andare avanti bisogna guardarci indietro e cercare un esempio o una filosofia che si possa applicare a questa nuova invenzione culinaria.

Che periodo storico propugnava cibo per tutti, un cibo utilitario, senza fronzoli, che soddisfasse semplicemente una esigenza naturale come l’appetito e che allo stesso tempo fosse alla portata delle masse?
Non dobbiamo andare a cercare troppo lontano: dagli anni ’20 del secolo scorso la politica sovietica portò avanti proprio questa filosofia utilitaristica nel campo dell’alimentazione.

Purtroppo a quel tempo, data la distanza geografica, culturale e politica tra l’Italia e l’Urss la nostra pizza non venne presa in considerazione e quindi non ci sono esempi di pizze sovietiche.

Proviamo allora noi ad immaginare come avrebbe potuto essere una pizza sovietica, che chiameremo Soviet, pensando agli ingredienti locali e alle abitudini di quelle popolazioni.

Anche se l’Unione Sovietica fu sempre carente di granaglie (per lo più importato dagli Usa) per fortuna il grano e di conseguenza il pane era alla base della dieta dei russi e possiamo usare di diritto la farina per fare l’impasto della nostra nuova pizza.
Ahimè invece la mozzarella non è proprio russa e quindi non la metteremo sulla Soviet.

Per contro i Sovchoz e i Kolchoz (sistemi collettivi di produzione agricola sovietici) hanno sempre prodotto pomodori, specie nelle regioni a clima più temperato nelle repubbliche asiatiche, e quindi la base della farcitura sarà una passata di pomodori (il più possibile a KM zero chiaramente).

Ma cosa mettiamo sopra la passata? La cosa più normale nei paesi del nord: le patate. Precotte, spellate e tagliate a metà, verranno distribuite in maniera casuale sulla pizza, in modo da creare una serie di pseudo panettoni che richiamino il panorama contadino dei covoni di fieno, senza una specifica ragione culinaria ma sicuramente piacevoli da vedere.

Però dobbiamo aggiungere ancora qualcosa, un elemento che renda la pizza proprio speciale sia pur che semplice.

Perché non la verza? Viene chiamata la Zarina della tavola russa e ai tempi sovietici era enormemente impiegata in molte ricette (nel 1939 venne pubblicata la “bibbia” della cucina sovietica, con prefazione dello stesso Stalin, dove si spingeva per l’utilizzo di ingredienti poveri e facilmente reperibili in tutte le repubbliche dell’Urss).
Precotta, magari sfumata con un po’ di aceto andrà a riempire gli spazi tra i covoni -pardon- tra le patate come il flusso del Volga poco prima che ghiacci…

Infine, al posto del basilico useremo la…paprika, che aggiungerà il giusto tono di rosso ad una pizza Soviet…
Grazie alla economicità degli ingredienti e alla semplicità della ricetta, il prezzo sarà competitivo con la vecchia Margherita e presto si potrà assaggiare una vera pizza Sovietica!

Non essendo politicamente schierati, per par condicio adesso dovremo pensare ad una pizza capitalistica.
Innanzitutto il nome: Kapital. Esprime bene il concetto e il nome è potente, semplice ed efficace.
Al contrario della Soviet dovrà costare molto, ma proprio perché dicono che il capitalismo si basi sullo sfruttamento di esigenze indotte e non primarie, in pratica il consumismo, incluse le esigenze fittizie, avrà esattamente gli stessi ingredienti della Soviet, ma presentati diversamente, al fine di giustificarne la differenza di prezzo.

Pur partendo dallo stesso impasto per la pizza, invece che la passata di pomodori useremo la polpa di pomodoro a dadini, e invece che le mezze patate taglieremo le patate a fettine tonde dorate (che richiamano metaforicamente i soldi d’oro).
Le verze diventeranno crauti…stessa famiglia ma più…capitalistiche…
E al posto della Paprika? Direi Ketchup…una salsa altrettanto rossa ma…tipicamente americana, emblema del capitalismo mondiale.

Per riassumere Soviet e Kapital sono due pizze praticamente identiche, con ingredienti semplici, facilmente reperibili e gustosi.
Certo, il prezzo sarà diverso, difficilmente spiegabile in maniera razionale ma giustificabile irrazionalmente con il desiderio di pagare di più per il piacere di avere qualcosa di diverso, almeno di facciata…atteggiamento molto capitalistico.

Chissà se qualcuno le farà mai…

Oliviero G. Godi

* Oliviero G. Godi è laureato alla Columbia University di New York, ha insegnato al Politecnico di Milano, alla Naba di Milano, alla Bezalel Academy of Art ad Architecture di Gerusalemme e all’Istituto Internazione di architettura di Lugano. Ha ricevuto due medaglie dei Presidenti della Repubblica Italiana per meriti accademici e didattici.
È collaboratore di BergamoNews su problematiche architettoniche/urbanistiche (e non solo).

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