“Dall’indagine non risulta che Confindustria si sia opposta alla chiusura né ci sono pressioni rivolte alla Regione o al Governo per sollecitarli a non chiudere la zona”. Lo sostiene Maria Cristina Rota, che coordina la delicata inchiesta sulla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana, in una lunga intervista al settimanale Famiglia Cristiana.
Una posizione chiara dall’autorità giudiziaria chiamata a raccogliere prove per l’accusa. Un’accusa nata sull’onda della rabbia per le molte morti a causa del Covid 19 in quelle maledette settimane di fine febbraio e marzo dello scorso anno.
Non che il mondo politico e quello imprenditoriale all’inizio della pandemia in Italia comprendesse la gravità della situazione. Il 25 febbraio 2020 l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera dichiarava: “Media Valseriana zona rossa? È presto per definirla focolaio. Stiamo valutando la situazione epidemiologica”
Gallera: “Media Valseriana zona rossa? È presto per definirla focolaio”
La paura di chiudere e avere delle perdite economiche fu più forte del virus. Imprenditori della Val Seriana e persino il sindaco di Alzano dichiararono il 6 marzo 2020 che la zona rossa sarebbe stata un disastro per l’economia della valle. Non c’è nessuna accusa postuma, sia ben chiaro. È limpida la buona fede di tutti allora, quando non solamente non si capiva ma nemmeno si poteva immaginare che cosa era una pandemia e un focolaio.
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Dopo alcune settimane però davanti alle decine di morti si cercò un responsabile e quasi per leggenda popolare nacque l’accusa verso il mondo imprenditoriale che fece pressioni sulla politica perché non venisse istituita la zona rossa.
Ci fu chi accusava la Persico Group di Nembro, colpevole di non volere la chiusura perché doveva consegnare lo scafo della Luna Rossa. Pierino Persico rispose sin da subito a quelle accuse, dimostrando che la Persico fu una delle prime aziende a chiudere in anticipo per tutelare la salute dei propri dipendenti.
L’accusa allora si generalizzò contro Confindustria Bergamo. Eppure già il 26 marzo del 2020 Stefano Scaglia, presidente di Confindustria, rispose in un’intervista video a Bergamonews che nessuno degli industriali aveva mai fatto pressioni di alcun tipo.
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Qualche mese più tardi anche Alberto Paccanelli, amministratore delegato della Martinelli Ginetto Spa, guarito dopo lunghe settimane di ricovero in ospedale dal Covid, ribadì che da parte del mondo imprenditoriale non ci fu nessuna pressione per impedire l’istituzione della zona rossa in Val Seriana. Era il 10 giugno 2020.
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“La calunnia è un venticello” è un’aria del Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini, ma quel venticello divenne un vortice ormai ingestibile tanto che quell’accusa rimase e continuò ad alimentarsi fino a quando – il 27 giugno 2020 – venne recapitata alla sede di Confindustria Bergamo una busta con due proiettile e la minaccia di morte al presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti.
Due proiettili alla sede Confindustria Bergamo per Marco Bonometti: ora è sotto scorta
Passarono solamente 48 ore, era il 29 giugno 2020, e un’altra busta con proiettile e minacce di morte fu recapitata a Stefano Scaglia, presidente di Confindustria Bergamo. Da allora fu messo sotto scorta.
Lettera con proiettile e minacce per il presidente di Confindustria Bergamo Scaglia
Da subito si sollevò un coro di solidarietà attorno a Stefano Scaglia che unì il mondo politico a quello industriale e sindacale a difesa di Scaglia.
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Il 9 luglio 2020 il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Bergamo ribadì davanti a tutta la stampa: “Non ci fu nessuna richiesta da parte di Confindustria per non istituire la zona rossa in Val Seriana”.
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Assicurazioni che non bastarono. Se il 23 settembre fu recapitata una bomba carta a Giuseppe Pasini, presidente di Confindustria Brescia.
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La calunnia che Confindustria Bergamo o che alcuni imprenditori fecero pressione sulla politica perché non venisse istituita la zona rossa in Val Seriana all’inizio di marzo 2020 è ora decisamente smentita dalla pm Maria Cristina Rota, che coordina l’inchiesta sulla mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana. In un’intervista a Famiglia Cristiana, ricostruendo l’intera vicenda afferma: Dall’indagine non risulta che Confindustria si sia opposta alla chiusura né ci sono pressioni rivolte alla Regione o al Governo per sollecitarli a non chiudere la zona”. Basterà a riportare al centro la verità, mentre alcune persone per quelle calunnie vivono ancora oggi sotto scorta?
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