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Report 23 febbraio - 1 marzo

Ritardi nei vaccini e nelle decisioni sulle zone: anche così si va verso la terza ondata

E a Bergamo si incomincia, per la terza volta, a rimodulare gli spazi nei reparti, creando più posti letto per i malati Covid.

L’ultima settimana epidemiologica (23 febbraio / 1 marzo) ha segnato un’importante inversione di tendenza, con un netto rialzo dei nuovi casi individuati: dinamica già anticipata da questa rubrica, e che purtroppo in assenza di contromisure tempestive ha inevitabilmente trovato conferma. Preoccupa che questa risalita possa avere carattere esponenziale: occorrerà attendere la settimana prossima per avere la certezza che di terza ondata si tratti.

L’Italia quasi tutta in giallo di inizio febbraio (con misure che da tempo si sono dimostrate insufficienti) era il terreno di sviluppo obbligato per l’epidemia di Covid-19. I nuovi casi a livello nazionale sono così saliti del 33,3% e sono stati 119.608, con un incremento del’18,3% anche dei nuovi ingressi in terapia intensiva: il totale è passato da 1019 a 1.206, segnalando quindi una fase espansiva del contagio iniziata 2-3 settimane fa. Ricordiamo che proprio l’indicatore dei nuovi ingressi in area critica, insensibile alle politiche di testing delle singole Regioni, fornisce una fotografia molto chiara di quanto accaduto nel recente passato. Anche i ricoveri nelle terapie intensive sono aumentati: da 2.118 a 2.289.

Ha ripreso a salire il numero delle persone in isolamento domiciliare: dopo una discesa ininterrotta iniziata il 24 novembre scorso, dove erano 759.993, avevano toccato un minimo il 19 febbraio con 362.558, per poi toccare ora i 402.932. Stesso discorso per i ricoverati: da 34.697 (il 23/11), siamo arrivati a 17.725 (20/2) per poi risalire agli attuali 19.112

A livello nazionale prosegue il progressivo incremento dei test antigenici rapidi, che ormai rappresentano il 47% dei tamponi totali. Test rapidi che sono inadatti per il tracciamento del virus sul territorio e non sono utilizzabili per effettuare il sequenziamento del virus (operazione chiave per l’individuazione delle varianti). Al contrario il numero dei tamponi molecolari, che a novembre 2020 aveva raggiunto un picco ottimale di 250.000 al giorno, si mantiene molto al di sotto di questo valore: 157.480 è il dato della media settimanale. Nell’ultima settimana epidemiologica si nota anche un incremento del rapporto positivi/casi testati, che dopo essersi stabilizzato a lungo su valori (comunque altissimi) compresi tra il 12 e il 14% ha segnato negli ultimi giorni un rialzo fino al 19%.

Nelle prossime settimane dovrà essere monitorato con molta attenzione, in tutte le regioni, il numero dei tamponi eseguiti, il cui eventuale calo, non giustificato secondo le regole dell’epidemiologia, distorcerebbe al ribasso una corretta valutazione della diffusione del contagio. Un fenomeno, come abbiamo più volte sottolineato, che si è purtroppo già verificato lo scorso novembre: subito dopo l’introduzione delle fasce di rischio legate a restrizioni e allentamenti.

I numeri in Lombardia

Per quanto riguarda la Lombardia, l’andamento degli ingressi in terapia intensiva riporta 214 nuovi pazienti negli ultimi 7 giorni, +32,1% sulla settimana precedente. In totale i ricoverati in terapia intensiva sono 441 (erano 391). I nuovi casi riscontrati sono 24.445, in rialzo del 49% sui 16.369 precedenti. Preoccupante la situazione a Cremona (+65%), a Como e Brescia, che nell’ultima settimana segnano un rialzo del 54% e del 46,9% rispettivamente. Anche la situazione di Milano, con un +45,2% dei nuovi casi rispetto allo stesso periodo della settimana precedente, è allarmante. Innalzamenti analoghi si sono verificati anche nelle altre province. Di conseguenza sono in zona arancione rinforzato tutti i comuni delle province di Como e Brescia, la città di Cremona e alcuni comuni della stessa provincia, così come numerosi altri comuni lombardi.

I dati di Bergamo

Anche in provincia di Bergamo otto comuni subiscono restrizioni maggiori di quelle, in vigore da lunedì (zona arancione), che riguardano l’intera regione. Intanto, questa settimana sono stati 1.880 i nuovi positivi con un + 51,8% in confronto ai 1245 del periodo precedente. Salgono anche i ricoveri in Area Covid, ora 311 e il rapporto contagi/100.000 abitanti che segna 170 rispetto al 120 di un mese fa. Stabili i posti letto occupati in terapia in intensiva (32), ma cresce la pressione sui Pronto Soccorso e negli ospedali. Si incomincia quindi, per la terza volta, a rimodulare gli spazi nei reparti, creando più posti letto per i malati Covid.

Troppi ritardi

Evidenziamo ancora una volta che sarebbe necessario procedere a restrizioni e allentamenti sulla base di dati aggiornati, e non riferiti a un periodo compreso tra 5 e 12 giorni prima per i dati generali e addirittura tra 10 e 24 giorni per il valore dell’Rt: che è stato confermato dall’Iss stabile a 0.99 ma calcolato come valore medio, sui soli soggetti sintomatici, in relazione al periodo 3-16 febbraio. Se guardiamo ai valori di Rt puntuale, verificato quindi giornalmente, questo è molto più alto (1,20). Questi ritardi sono incompatibili con la rapidità del Sars-CoV-2.

L’attribuzione alle fasce di rischio avviene di fatto, facendo riferimento non all’ultima settimana epidemiologica bensì a quella precedente, e con un Rt che risale a 2-3 settimane prima. Con queste modalità, che regalano al virus settimane di tempo, fermare il contagio è impossibile. Ma forse non è più questa la priorità, visto che negli ultimi giorni è stato ufficialmente indicato come obiettivo primario “evitare il lockdown”: traguardo che si raggiunge in modo naturale centrando il vero obiettivo, ovvero bloccare il virus. Senza riuscirci continueremo a contare infezioni, ricoveri e decessi. Con l’attuale tasso di letalità espresso dalla Covid-19 in Italia (2,3% negli ultimi 30 giorni, fonte Iss) passare ad una media quotidiana di 20.000 infezioni significa accettare 460 morti al giorno nelle settimane successive. Salute pubblica ed economia non sono, e non saranno mai, in contrasto: sono invece strettamente legate e interdipendenti. Lo sviluppo dell’andamento epidemico non si combatte sulla base di quello che è accaduto, ma di quello che sta accadendo e soprattutto di quello che potrebbe accadere.

Focus Varianti

Le varianti virali non sono una novità delle ultime settimane: hanno iniziato a prodursi da quando il Sars-CoV-2 ha iniziato a infettare l’uomo a causa degli errori che, inevitabilmente, i virus commettono ogni volta che si replicano. La gran parte di questi errori genera mutazioni del tutto inutili per la diffusione del contagio: in qualche caso invece, come è accaduto con le varianti inglese, sudafricana e brasiliana, le mutazioni cambiano in modo evidente il comportamento del virus.

Le forme virali che prendono il sopravvento sono quelle in grado di diffondersi più rapidamente e con maggiore efficienza: inutile sperare che una variante più lenta e meno efficiente nel superare le nostre difese possa prendere il sopravvento. Nel tempo, e non sappiamo quanto ne servirà con il Sars-CoV-2, tendono a diventare prevalenti le varianti che colpiscono moltissime persone causando infezioni lievi o asintomatiche.

La variante inglese (come quelle sudafricana e brasiliana) non è più contagiosa perché ha imparato a spostare le mascherine oppure a sopravvivere ai disinfettanti. E nemmeno, come si sente dire, perché infetta a distanze siderali rispetto al Sars-CoV-2 originario. La Medicina sta lavorando su due ipotesi: una maggiore carica virale nei soggetti infetti (in termini semplici, una maggiore quantità di virus con cui veniamo a contatto) e un periodo di tempo più lungo (fino a 10 giorni) in cui il soggetto infettato può trasmettere il contagio. In entrambi i casi si ha come risultato una crescita del numero dei contagiati.

Le misure di protezione e precauzione che dovremmo avere imparato a utilizzare (distanziamento, lavaggio frequente delle mani, mascherine a coprire naso “e” bocca, non naso “o” bocca) funzionano con pari efficacia anche contro le varianti. Usiamole.

Il punto sui vaccini

Sul fronte vaccinale, ad oggi sono state inoculate 4.354.000 di prime dosi e 1.410.000 sono gli immunizzati. Dati purtroppo inferiori alle previsioni di inizio anno. Dai primi posti in classifica tra i Paesi europei conquistati nella prima fase della campagna vaccinale, l’Italia ha perso numerose posizioni: siamo al 23° posto in base al parametro dosi ogni 100.000 abitanti.

Nelle ultime settimane, infatti, oltre alle minori consegne da parte delle case farmaceutiche, si è avuta una preoccupante frenata anche sul fronte delle somministrazioni, per difficoltà organizzative legate all’avvio della vaccinazione di massa.

Una buona notizia, riguardo alla suddetta carenza, è che potrebbero arrivare in aprile in Italia le prime dosi del vaccino Johnson&Johnson, non appena avrà l’ok dell’Ema, l’autorità regolatoria europea e dell’Aifa, l’agenzia italiana. Entro giugno, ha aggiunto, potrebbero arrivare in Italia alcune milioni di dosi e 27 milioni entro dicembre.

In Lombardia sono state somministrate 672.825 dosi di vaccino contro il Covid-19 su 962.830 consegnate, pari al 69,9 per cento del totale (dato è aggiornato a lunedì 1° marzo).

Sul fronte internazionale, si riscontra come Israele sia sempre di più un caso virtuoso legato alla gestione del coronavirus, con il piano vaccinale nazionale che ha già coperto, con la prima dose, il 94% della popolazione. Si va così sempre più verso una normalizzazione della situazione sanitaria nel Paese.

Così sembra andare anche nel Regno Unito, dove il numero di nuovi casi di Covid-19 è sceso del 40% nell’ultima settimana, e i decessi sono diminuiti di un terzo. Lo indicano i dati ufficiali, citati dal Daily Mirror. Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 6.035 nuovi casi, l’aumento giornaliero più basso dallo scorso settembre. I morti sono stati 144. Circa 20 milioni di britannici hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino anti-Covid.

Prosegue alacremente la campagna vaccinale anche negli USA, dove il Presidente Biden ha annunciato che l’obiettivo di somministrare 100 milioni di dosi di vaccino nei nostri primi 100 giorni, potrebbe essere raggiunto con settimane in anticipo sul previsto.

Nonostante le vaccinazioni e le varie restrizioni, in Europa nell’ultima settimana si è avuta una crescita dei contagi: con le percentuali più alte, oltre all’Italia con un +33%, ci sono: Ungheria (+67%), Serbia (+53%) Polonia (+35%), Repubblica Ceca, Ucraina e Romania (+30%), Olanda e Austria (+23%), Turchia e Francia (+18%). In totale sono più di 27 milioni i contagiati nel nostro continente. 675.000 sono i decessi totali e 11.566.000 i guariti.

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