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L'intervista

Anticorpi monoclonali, Benigni: “Ecco cosa sono, come funzionano e quando sono utili”

Abbiamo chiesto alla dottoressa Ariela Benigni, segretario scientifico e coordinatore delle ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, di spiegarci come funziona questo farmaco

“Gli anticorpi monoclonali rappresentano una nuova possibilità per curare i pazienti nella fase iniziale della malattia”. Così la dottoressa Ariela Benigni, segretario scientifico e coordinatore delle ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (IRCCS), illustra il nuovo farmaco autorizzato dall’Aifa per il trattamento di Covid-19.

Si tratta di un’opzione terapeutica per i pazienti in fase precoce e sono indicati specialmente nelle persone che, a causa di problemi di salute pregressi, rischiano di sviluppare forme più gravi della patologia. Abbiamo intervistato la dottoressa Benigni chiedendole di spiegarci cosa sono e come funzionano.

Cosa si intende per anticorpi monoclonali?

Sono proteine create in laboratorio che funzionano allo stesso modo degli anticorpi naturali che sono prodotti dal nostro organismo quando viene a contatto con un virus o un batterio. Imitano la capacità di difesa del nostro sistema immunitario e sono rivolti a bersagli specifici, in questo caso la proteina Spike del SARS-CoV-2, che per il virus è una sorta di chiave che apre una porta d’ingresso verso le cellule. L’obiettivo è rendere innocuo questo bersaglio lasciando inalterate le altre molecole del nostro corpo.

Questo farmaco, dunque, serve per curare mentre i vaccini a prevenire?

I vaccini sono uno strumento di prevenzione e offrono una protezione a lungo termine mentre gli anticorpi monoclonali sono un’opzione terapeutica, uno strumento di cura delle malattie. Sono completamente diversi: da una parte si effettua la prevenzione, si prepara il nostro corpo a reagire nel momento in cui dovesse venire a contatto con il virus, mentre i monoclonali possono essere considerati rimedi terapeutici, dei farmaci che possono aiutare a ridurre i sintomi e le conseguenze dell’attacco del virus all’organismo.

Quando si possono somministrare gli anticorpi monoclonali?

All’esordio della malattia, nella fase iniziale, perchè hanno l’obiettivo di bloccare il virus quando sta per entrare nelle nostre cellule: la persona deve manifestare sintomi lievi, comparsi da poco tempo, indicativamente non oltre una decina di giorni. Risultano particolarmente indicati per i pazienti con fattori di rischio pregressi come l’obesità, malattie renali croniche o diabete, perchè con queste patologie c’è la possibilità di ammalarsi più gravemente di Covid. Quando la malattia è in stato avanzato, invece, non ha più senso somministrarli perchè il virus è già entrato nelle cellule

Ci sono pareri discordanti sui risultati dei monoclonali. Secondo lei funzionano?

Mi baso sugli studi che sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine: in medicina non ci sono opinioni e pareri, ma fatti ed evidenze. Un lavoro redatto a fine gennaio mostra che l’utilizzo degli anticorpi monoclonali in soggetti che avevano una malattia all’esordio è stato in grado di ridurre la carica virale ed è importante non solo per noi stessi ma anche per diminuire la trasmissione agli altri. Inoltre, queste ricerche evidenziano una correlazione tra la carica virale e il tempo di ospedalizzazione.

Ci spieghi

Abbassare la carica virale è importante per evitare degenze molto lunghe e forme più gravi di Covid. Inoltre si riduce la percentuale dei pazienti che devono andare in ospedale a causa della progressione della malattia: gli anticorpi monoclonali possono essere somministrati con un’infusione della durata di circa un’ora, anche in regime ambulatoriale: non è necessaria l’ospedalizzazione purchè l’ambulatorio abbia tutti quei presidi che permettano di intervenire qualora si verifichino dei problemi. Vanno eseguiti sotto controllo medico per controllare gli effetti che possono avere.

Quali sono i possibili effetti collaterali?

Possono verificarsi infiammazioni, problemi di reazione immunitaria che devono essere contenuti nel momento in cui il medico si accorge che insorgono. Ad ora non ci sono stati effetti collaterali gravi: rispetto al beneficio si è trattato di eventi lievi come nausea, prurito e vomito.

Gli anticorpi monoclonali, dunque, possono essere un’arma in più nella lotta al Covid?

Certamente, sono una possibilità in più per curare chi ha sintomi lievi ed è all’inizio della malattia.

Per concludere, quali sono i possibili sviluppi in termini di farmaci per curare il Coronavirus?

Sono in corso studi relativi all’attivazione del sistema di complemento che fa parte del sistema immunitario e ci protegge dai virus e dai batteri. Quando veniamo infettati da SARS-CoV2 il sistema del complemento si attiva in modo esagerato e non ci difende ma determina un effetto contrario: farmaci che impediscano questa reazione abnorme potrebbero aiutare a non far progredire la malattia, tenerla sotto controllo ed evitare che si evolva in forme severe.

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