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L'ex presidente

“Elezioni provinciali: torniamo a far votare i cittadini”

A ridosso delle elezioni provinciali bergamasche, pubblichiamo la riflessione politica di Giovanni Cappelluzzo, presidente della Provincia di Bergamo dal 1995 al 1999

Il 28 marzo 2021 si terranno le elezioni del Consiglio Provinciale di Bergamo, dopo il rinvio del 13 dicembre causa Covid.

Con la scadenza del mandato biennale del consiglio (eletto nel 2018), è ora tempo di una nuova elezione. Lo stesso vale per il presidente uscente Gianfranco Gafforelli, il cui mandato dovrebbe durare ancora altri due anni, ma la sua impossibilità a candidarsi ancora sindaco di Calcinate (dove sta concludendo il secondo mandato consecutivo) fa automaticamente decadere la sua carica da presidente.

Si torna alle urne, quindi, ma dopo la riforma Delrio del 2014 non saranno più i cittadini ad eleggere i consiglieri provinciali, ma gli amministratori dei comuni. Il consiglio, infatti, sarà formato da sedici consiglieri eletti da tutti i componenti di ogni consiglio comunale dei Comuni bergamaschi, con “voto ponderato” a seconda della popolazione del proprio Comune.

Un cambio di paradigma che ha da subito fatto alzare le antenne agli addetti ai lavori che pongono interrogativi sulla “legittimità” e che ora, a ridosso delle elezioni, si ripropongono.

Pubblichiamo la lettera e riflessione politica firmata da Giovanni Cappelluzzo, presidente della Provincia di Bergamo dal 1995 al 1999.

Anche a Bergamo si terranno, il prossimo 28 marzo, le “elezioni” per il rinnovo del Consiglio provinciale e del Presidente della Provincia.

Mi sia concesso (chiedo venia…) di aver virgolettato il termine “elezioni” perché, secondo la mia sensibilità (ma so di non essere solo, anche avendo letto di coerenti posizioni di colleghi Amministratori provinciali dei miei tempi e non), elezioni di rappresentanti del Popolo che escludano il Popolo dalla scelta, sanno un po’ di vino molto annacquato.

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Questo perché la “riforma costituzionale” (anche qui, mi permetto di virgolettare e poi tenterò di spiegare il perché) di fatto attuata con la legge 7 aprile 2014, n. 56 (nota come “legge Delrio”) ha radicalmente modificato il sistema di elezione del Presidente della Provincia (e, conseguentemente, del Consiglio), trasformandolo da quello diretto da parte dei Cittadini, in vigore dal 1995, a quello cosiddetto di secondo grado, ossia mediato, che vede protagonisti i soli Amministratori comunali del territorio provinciale, che diventano, quindi, elettori, candidati ed eletti.

La “legge Delrio” voleva essere un’anticipazione della riforma del Titolo V della Costituzione, adottata dal Parlamento con la legge costituzionale approvata il 12 aprile 2016, che, tra l’altro, addirittura depennava le Province dalla Carta costituzionale. Un Ente che non avrebbe più avuto rilevanza costituzionale non meritava certo che il suo Governo continuasse ad essere eletto direttamente dal Popolo! Ma in Parlamento la legge costituzionale non ottenne la maggioranza dei due terzi prevista e, quindi, fu promulgata, ma sottoposta a referendum confermativo, che si tenne il 4 dicembre 2016.

L’”operazione Delrio”, ossia, era stata posta in essere anticipando ed ipotecando, dandolo per scontato, quello che, negli auspici del Governo, doveva essere l’esito del percorso della riforma della Costituzione che, tra l’altro, avrebbe, di fatto, abolito le Province.
Auspici governativi che andarono delusi, perché il referendum “confermativo” fu bocciato dai Cittadini e, quindi, non confermò un bel nulla!

Ecco che la legge n. 56/2014 si è trovata monca del proprio presupposto motivazionale (quantunque previsto a posteriori!) sia politico, sia giuridico e si è limitata ad impedire al Popolo di eleggere i propri rappresentanti al Governo delle Province, che, peraltro, continuano ad essere Enti di rango costituzionale. Il perché della scelta è argomento che va ricercato nelle motivazioni della politica e dei partiti; certamente, tra tali ragioni, non può essere invocata quella del contenimento della spesa (peraltro da taluni addotto), ché, come a tutti noto, gli Organi elettivi e le Giunte provinciali costavano incomparabilmente meno di quelli delle Regioni, ciononostante mai messi in discussione.

Già un intervento su norme, di fatto, di rilievo costituzionale attuato con legge ordinaria aveva, al tempo, lasciato tutti molto perplessi, nonostante il beneplacito venuto proprio dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 50 del 2015, che ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale poste in primis dalle Regioni.

Del resto, la stessa motivazione utilizzata dalla Corte Costituzionale nella suddetta sentenza ha riconosciuto che la legge n. 56/2014 “ha inteso realizzare una significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della Repubblica, in vista di una semplificazione dell’ordinamento degli enti territoriali, senza arrivare alla soppressione di quelli previsti in Costituzione”. E’ proprio quel “in vista” , in quanto rimase un vano auspicio, che altro non fa se non confermare le molte perplessità di molti. Di più; il fatto che la stessa Corte sia tornata sull’argomento con la propria sentenza n. 168 del 2018, evidenzia come la questione non sia, ad oggi, ancora vissuta come superata e pacifica. Non è però questa le sede per una più ampia disamina tecnica delle questioni e, quindi, mi scuso per il modo molto generale con cui le ho accennate.

A questo punto, però, è più che lecito domandarsi quali siano i supporti di legittimità che mantengono in vita la “legge Delrio” che ha abolito l’elezione diretta del Presidente della Provincia e, di conseguenza, del suo Consiglio.
Con tutta probabilità, nessuno e, quindi, la suddetta norma dovrebbe essere decaduta di fatto, automaticamente, senza nemmeno bisogno di un ulteriore intervento legislativo che, quantomeno, prenda atto della bocciatura del referendum confermativo di una legge costituzionale approvata dal Parlamento senza la prescritta maggioranza.

Riassumendo, i Cittadini potrebbero verosimilmente, già da ora, tornare ad eleggere direttamente gli Organi provinciali.
Purtroppo, sembra che la questione non interessi la politica; ma, anche su questo argomento, le ragioni vanno ricercate proprio nella politica e non nel diritto.

Tutte le mie considerazioni sono state fatte con il massimo rispetto e la più sincera stima nei confronti dei Colleghi che dal 2014 mi sono succeduti nell’onore di governare la nostra Provincia, pur a questo Ufficio non eletti direttamente dal Popolo.

Del resto, io ed altri circa sessanta Colleghi in tutta Italia, nel 1995, insieme con i nostri Consiglieri, siamo stati i primi Presidenti di Provincia ad essere eletti direttamente dai Cittadini e di ciò non possiamo che essere orgogliosi. Anche per questo, l’argomento della democrazia ci sta particolarmente a cuore.

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