Il 2020 è stato l’anno nero della pandemia che ha fermato il mondo. Ha bloccato la scuola, il lavoro, l’economia, i grandi eventi. E ha bloccato lo sport. Il distanziamento e le misure imposte per garantire la sicurezza hanno causato lo stop forzato di ogni forma di attività sportiva, eccezion fatta per il mondo professionistico che ha ripreso il suo svolgimento in estate con una serie di misure pensate per evitare il contagio.
Per le società sportive dilettantistiche, quelle che permettono ogni settimana a migliaia di bergamaschi di svolgere attività su campi, palestre e piscine, è stato un anno che più nero non poteva essere: in tutto il 2020 si è potuto fare sport agonistico per tre-quattro mesi, con i campionati del mondo dilettantistico che hanno abbassato la saracinesca a metà ottobre per non rialzarla più.
Questo ha portato alla perdita di tante di queste realtà nell’ultimo anno, addirittura 200 nella sola Bergamasca.
“Da quel fatidico 23 febbraio è passato ormai un anno – ci racconta Lara Magoni, delegata Coni della provincia di Bergamo -. Nessuno, allora, si sarebbe aspettato un periodo così tremendo. La vita si è fermata improvvisamente e noi bergamaschi siamo stati travolti da uno tsunami spaventoso. Ci siamo ritrovati avvolti nel silenzio assordante, rotto solo dal suono delle sirene e delle campane. Giornate che rimarranno dentro di noi per sempre. Un muro di dolore, che ha colpito ogni settore e la vita privata di ognuno di noi. Tante attività travolte dalla chiusura per pandemia hanno alzato la bandiera bianca e tante altre ancora oggi stanno pagando un prezzo troppo alto. Tra queste anche lo sport, penso soprattutto a quelle discipline che si praticano al chiuso, nelle palestre, nei palazzetti e nelle piscine”.
“Se per gli atleti professionisti qualche spiraglio di luce c’è stato e continua ad esserci, per i dilettanti e i giovani, penso in particolar modo ai bambini, la situazione è ancora particolarmente difficile – continua Magoni -. Lo sappiamo bene noi a Bergamo: da sempre la nostra terra ha una profonda e nobile cultura sportiva. A fronte di 243 Comuni della provincia, sono ben 2.605 le società ed associazioni sportive presenti, luoghi di aggregazione virtuosa, di particolare importanza per il territorio. Nel 2019 contavamo addirittura 200 società in più che oggi sono scomparse o si sono fuse con altre per provare ad andare avanti”.
“Sono preoccupata, anzi mortificata, soprattutto per i più piccoli, bambine e bambini, ma anche adolescenti, che nello sport trovavano un senso di vita, un motivo di aggregazione e socialità fondamentale per la loro crescita. I risultati di uno ‘sport chiuso per pandemia’ – spiega ancora la delegata Coni – li abbiamo sotto gli occhi: giovani lasciati soli a loro stessi, in balìa di un mondo virtuale, soprattutto quello dei social dove hanno trovato un riempitivo talvolta pericoloso. Vittime di nuove fragilità fino a poco fa sconosciute. La verità è che senza lo sport siamo tutti più poveri, soli, orfani di quei valori che sono i capisaldi del nostro divenire: rigore, disciplina, moralità, passione, voglia di vivere”.
“Eppure, non tutto è perduto – continua -. In questi mesi difficili, dove lo sconforto e il senso di impotenza ci hanno sopraffatto, dirigenti sportivi, volontari, allenatori e operatori degli impianti hanno tenuto accesa la fiammella della speranza, continuando a far praticare sport in maniera alternativa ai loro amati giovani atleti. Un mondo fatto di eroi, ai quali desidero rivolgere un plauso convinto e tutta la mia ammirazione. Ecco perché auspico fortemente che nel più breve tempo possibile, in piena e totale sicurezza, lo sport in tutte le sue discipline possa tornare a far pulsare il cuore dei bergamaschi e degli italiani. Ne va della salute psico-fisica delle generazioni future. Il mondo ha bisogno dello sport”.
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