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Report 9-15 febbraio

Bergamo, in una settimana saliti del 55% i contagi e del 35% i ricoveri Covid

Vaccinazioni: Italia al 5% (3.044.000). Le Regioni che ne hanno effettuate di più sono: la Valle d’Aosta, il Piemonte, l’Emilia e il Friuli. La Lombardia è all’8° posto con 5.150 dosi ogni 100.000 abitanti.

Oggi apriamo il consueto report (relativo al periodo 9/15 febbraio), con la situazione in Bergamasca dove la curva epidemica si è spostata verso l’alto. I nuovi contagi sono stati 990 (media giornaliera 141), rispetto ai 636 della settimana scorsa (+55%). Sale così anche l’indice casi/100.000 abitanti ora a 90 rispetto a 57 precedente (media lombarda 136). La provincia di Bergamo ha anche il maggior incremento percentuale in Lombardia, seguita da Varese con il +43%, Brescia con un +35% (dove il rialzo era già iniziato da alcune settimane: in questa assomma 3.376 nuovi casi contro i 2.489 precedenti. Monza sale del 30%, Milano e Como salgono del 13%, rialzi più contenuti per le altre province. Preoccupano anche i ricoveri in Area Covid nelle strutture ospedaliere bergamasche, saliti da 187 a 252 (+35% in una sola settimana); più contenuti i ricoveri in Terapia Intensiva, da 23 a 29.

Sale anche l’indice di contagi/popolazione, ormai vicino al 3%. I decessi sono stati 13.

Lombardia, crescita evidente

La nostra consueta rilevazione settimanale, ci dice che a livello nazionale per la quarta settimana i nuovi casi, che sono stati 84.591, sono pressochè invariati. Le infezioni rilevate nel giorno medio salgono leggermente a 12.084 da 11.968 (2/8 febbraio), sempre lontane dalla soglia di 4.311 (pari a 50 nuovi casi per settimana ogni 100.000 abitanti) che permetterebbe la ripresa delle attività di tracciamento e il controllo dell’epidemia.

In Lombardia, la crescita è invece più evidente: nell’ultima settimana epidemiologica i nuovi casi sono stati 13.643 (media giornaliera 1.949) con un incremento del 19,3% sugli 11.433 (media 1.633) del periodo precedente.

A dimostrazione del fatto che la riduzione registrata nel mese precedente era solo apparente e probabilmente legata alle nuove modalità di testing, sbilanciate a favore dei test rapidi.

Per quanto riguarda l’Rt, l’Iss indica un valore medio di 1.0 a livello nazionale e 1.03 per la Lombardia (valore più alto dal 16 gennaio), ma il dato ufficiale non è puntuale perché riferito alla settimana scorsa. Il dato alla sera del 15 risulta essere 1,02 in Italia, 1.18 per la Lombardia. Registriamo anche il dato di Milano città (1.11) dove i 1.429 nuovi casi dell’ultima settimana epidemiologica segnano un incremento del 13% rispetto ai 7 giorni precedenti.

Il caso Brescia

Un’ultima annotazione sulla Provincia di Brescia, dove la variante inglese è stata segnalata con una circolazione particolarmente vivace, come abbiamo già osservato riguardo ai nuovi contagi: il valore di Rt, è all’ 1.20. Si ripropone quindi non solo la necessità di procedere a interventi di mitigazione più tempestivi (le rilevazioni ufficiali attuali, come poc’anzi visto, di fatto “regalano” almeno una settimana di tempo al virus) ma anche di agire su base territoriale indipendentemente dai confini regionali, che spesso al loro interno mostrano situazioni epidemiologiche completamente diverse. Infatti in diverse zone d’Italia assistiamo a chiusure totali dove la variante inglese ha preso il sopravvento: siamo su un pericoloso crinale e basta veramente poco per assistere a una recrudescenza della pandemia.

Vaccinazioni: il laboratorio Israele

Vediamo la situazione riguardo le vaccinazioni in Israele che per Pfizer-BioNtech, ma non solo, è diventato una sorta di laboratorio su larghissima scala per verificare la reale efficacia del vaccino in condizioni di vita quotidiana, al di fuori dai gruppi di studio di Fase 3. Finora sono state vaccinate con dose singola (protezione parziale) 6.400.000 persone (75% degli abitanti), di cui 2.500mila anche con la seconda. (protezione totale). I primi gruppi a essere immunizzati sono stati quelli dei soggetti più anziani e/o a rischio per la presenza di patologie pregresse. Tra le persone vaccinate con doppia dose, già nelle settimane tra il 15 gennaio e il 6 febbraio è stata osservata una riduzione del 53% dei nuovi casi, del 39% dei ricoveri in area medica e del 31% delle forme gravi (dati Weizmann Institute). Valori che sono attesi a un ulteriore migliorare con il passare del tempo e il raggiungimento di una piena efficienza della risposta immunitaria. Nello stesso periodo, tra i soggetti vaccinati con una singola dose e ancora in attesa di richiamo, il calo dei nuovi casi è stato del 20% ma è stato osservato un incremento dei ricoveri (+15%) e delle forme più gravi (29%) confermando quindi l’importanza di procedere in modo tempestivo, e nei tempi previsti, con la doppia somministrazione.

Con i dati finora disponibili non è possibile ricavare informazioni sulla copertura di popolazione necessaria per raggiungere l’immunità di gregge, ma nel frattempo arrivano le prime indicazioni positive sull’efficacia del vaccino nei confronti della variante inglese: rilevata per la prima volta in Israele il 23 dicembre dello scorso anno e dilagata fino a rappresentare, meno di due mesi dopo, circa l’80% dei nuovi casi individuati. Anche in questo caso i risultati sono preliminari, ma per ora si conferma un’efficacia compresa tra il 90 e il 95%, come contro la forma originaria del Sars-CoV-2. Una settimana dopo la seconda somministrazione (quindi ancora entro il periodo finestra di 10-12 giorni necessario per l’immunizzazione completa) sono state registrate 254 infezioni su 416.900 vaccinati (efficacia del 91% rispetto a un gruppo di controllo con analoghe caratteristiche). Dopo tre settimane dal richiamo non è stata registrata nessuna infezione tra i soggetti vaccinati. Gli studi, condotti su una popolazione vastissima (dalle 10 alle 20 volte superiore a quella coinvolta negli studi di Fase 3) e differenziata per età, distribuzione geografica ed etnia, portano a concludere che la riduzione dei nuovi casi sia da attribuire alle vaccinazioni molto più che alle misure di restrizione attuate per contenere il virus. Il completamento della campagna vaccinale sulla popolazione over 60 fornirà indicazioni più complete, ma è prevedibile un ulteriore calo dei nuovi casi e dei ricoveri. I primi studi in corso in Israele stanno anche confermando la capacità del vaccino di interrompere la trasmissione del virus, e non solo di proteggere i soggetti vaccinati dalla malattia: un aspetto centrale per arrivare all’obiettivo dell’immunità di gregge.

Italia al 5% di  vaccinazioni

Per quanto riguarda gli altri Paesi, e calcolando la sola prima dose, l’Arabia Saudita ha vaccinato il 50% della popolazione, il Regno Unito il 23%, gli Stati Uniti il 16%, la Serbia il 14%. In Italia siamo al 5% (3.044.000). Le Regioni o Province autonome che ne hanno effettuate di più sono la P.A. di Bolzano, la Valle d’Aosta, il Piemonte, l’Emilia e il Friuli. La Lombardia è all’8° posto con 5.150 dosi ogni 100.000 abitanti. Curioso, e soprattutto preoccupante, che il numero medio delle persone vaccinate ogni giorno porti a una previsione di circa 4 anni per coprire il 70% della popolazione. Occorre un deciso cambio di passo…

Età media delle persone contagiate

A distanza di un mese, torniamo a verificare l’età mediana dei soggetti contagiati, che si conferma di 46 anni, al di sotto dei 48 rilevati da inizio epidemia. Per quanto riguarda la diffusione del virus nelle diverse fasce di età il numero maggiore dei casi si riscontra tra i 19 e 50 anni (il 41,7%); seguono i soggetti tra 51 e 70 anni (26,9%); sotto i 18 (16,5%) e oltre i 70 (14,9%). L’inversione della diffusione tra le ultime due categorie, da poco avvenuta con uno sbilanciamento verso i più giovani, inizia a riflettere l’andamento del contagio degli ultimi 7-10 giorni e la crescente diffusione della variante inglese. Aumenta parallelamente il numero dei positivi asintomatici, che in ogni categoria di età mostra valori nettamente superiori al 50% del totale. I casi di malattia in forma severa si concentrano al di sopra dei 60 anni, in particolare nella categoria tra gli 80 e 89 anni. I casi critici mostrano invece una maggiore rilevanza nei soggetti tra 70 e 79 anni.

Le varianti

Alle prese con numeri di contagi ritenuti ancora preoccupanti e soprattutto con la paura delle nuove varianti del coronavirus, due dei maggiori Stati europei, Germania e Regno Unito, resteranno in lockdown almeno fino ai primi di marzo, così come parte della Repubblica ceca. Lockdown duro, come è stato definito, ma comunque più morbido di quello totale applicato in Italia nella scorsa primavera e più vicino, casomai, alle attuali regole nostrane delle zone rosse. Intanto in Germania è scattata un’ulteriore stretta: i controlli alle frontiere con il Tirolo austriaco e la Repubblica ceca. Da rilevare che quest’ultimo Paese ha superato il 10% nel rapporto contagi/popolazione, primato che condivide con il Montenegro. La Slovenia è terza con l’8,6%, seguita dagli Stati Uniti con l’8,5%.

Nel complesso, però si rileva un generale calo nel continente europeo negli ultimi 14 giorni: -20% nei contagi e -15% nei decessi.

I casi nel mondo stanno raggiungendo i 110 milioni, di cui 27.640.000 in USA, 10.900.000 in India, 9.800.000 in Brasile, seguono il Regno Unito e la Russia con poco più di 4 milioni. I decessi sono 2.400mila di cui 480.000 negli Stati Uniti.

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