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Nelle stazioni orobiche

Impianti chiusi, gestori infuriati: “Non c’è rispetto. Che arrivino i ristori”

Solo per il comprensorio Valtorta-Piani di Bobbio, dopo l'apertura della vendita online da venerdì 12, si parla di 9mila biglietti venduti, da rimborsare e con penali da pagare

“Non ci sono parole. Non hanno rispetto per il lavoro delle persone della montagna. Pensano che una stazione sciistica si possa aprire e chiudere semplicemente azionando un interruttore”.

Bastano poche frasi di Massimo Fossati, presidente degli impiantisti lombardi e amministratore del comprensorio Valtorta – Piani di Bobbio per descrivere l’opinione dei gestori delle piste da sci della Bergamasca dopo lo stop all’apertura degli impianti comunicato dal ministro della Salute Roberto Speranza nel tardo pomeriggio di domenica 14 febbraio. Decisione arrivata dopo il parere negativo del Comitato tecnico scientifico, quando, però, i gestori si erano ormai preparati per la riapertura degli impianti per il giorno seguente, oggi, lunedì 15 febbraio.

Apertura slittata ufficialmente il 5 marzo, ma ormai irrealizzabile.

“Oltre la beffa di essere rimasti chiusi fino ad ora, ci hanno fatto spendere ulteriori risorse economiche per poi, di nuovo, non permetterci di aprire gli impianti – afferma Fossati – . Una follia incredibile: una comunicazione arrivata 12 ore prima dell’apertura, quando si era a conoscenza dei dati già da inizio settimana. Non si rendono conto del danno che hanno provocato, a noi e a tutti i lavoratori che gravitano attorno al mondo dello sci. Noi il 5 marzo non apriamo, la stagione è saltata”.

Solo per il comprensorio Valtorta-Piani di Bobbio, dopo l’apertura della vendita online da venerdì 12, si parla di 9mila biglietti venduti, da rimborsare e con penali da pagare oltre, ad esempio, a 20mila litri di gasolio utilizzato per la sistemazione delle piste e i 30 lavoratori stagionali assunti. Senza contare la merce deperibile acquistata per rifornire i rifugi.

“Mancano serietà e rispetto nei confronti del lavoro delle persone – commenta amareggiato Maurizio Seletti, amministratore del Monte Pora – Non ci si aspetta che dalle istituzioni arrivino informazioni così contrastanti. Poco più di una settimana fa abbiamo ricevuto le linee guida con l’approvazione da parte del CTS, poi le ordinanze delle Regioni che prevedevano la riapertura. Tutti ci siamo organizzati per le vendite online, con i dispositivi di sicurezza. Adesso diventa anche una questione di credibilità. Sfido chiunque ad impegnarsi per una prossima apertura dopo quello che abbiamo messo in piedi questa settimana, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista del coinvolgimento delle risorse, delle persone che abbiamo assunto, degli sforzi organizzativi. Mi sembrano ormai date comunicate da chi non conosce questo settore. Tengo a sottolineare che nessuno mette in dubbio l’importanza nell’affrontare l’epidemia e che si possa rinunciare allo sci: non è questa la priorità del Paese. Stiamo parlando però di economia, non stiamo parlando di divertimento. Parliamo di indotto, di occupazione, di famiglie che vivono grazie a questo settore: è un danno economico. Penso che il nostro sia uno dei pochi settori rimasto chiuso per così tanto tempo: il 5 marzo è anche una data simbolica, perché siamo chiusi dal 7 marzo scorso, ormai un anno. Il mondo della montagna non è mai stato riaperto. I centri commerciali però sì: non c’è corrispondenza nelle scelte”.

“Siamo di fronte ad un disastro. Ormai siamo disperati, non apriamo più – commenta lapidario Ezio Berera, responsabile marketing della Sviluppo Monte Poieto, che gestisce anche gli impianti a Carona – Siamo sotto di 150mila euro, senza contare lo sforzo fatto per l’apertura pronosticata. Confidiamo nei ristori almeno per riuscire a pagare gli operai. Adesso devono chiudere tutto fino a maggio, ma che arrivino, questi ristori, altrimenti qualcuno rischia anche di fare dei gesti sconsiderati. Non hanno la più pallida idea del lavoro fatto, anche da parte degli alberghi e dei rifugi che si sono preparati per accogliere gli sciatori: tutta una filiera del turismo invernale bloccata”.

Sorriso amaro invece a Foppolo. “Abbiamo scherzato, impianti chiusi lunedì. Niente sci, si va al centro commerciale e ai bar in città, al caldo e al sicuro – si legge sulla homepage di Foppolo Ski – Gli impianti da sci rimangono chiusi domani ed è inutile chiedersi quando riapriranno, vista questa esperienza”.

“Tempistiche della scelta assurde, una mancanza di rispetto per i lavoratori della montagna – commenta Jonathan Lobati, presidente della Comunità Montana Valle Brembana. – Il dubbio sull’apertura era preventivabile, ma la decisione ultima poteva essere comunicata prima delle 19 della domenica sera. Qualcuno però paghi i danni, perché non tutto può restare impunito. Soldi buttati per essere pronti, la comunicazione doveva essere fatta già giovedì”.

Preoccupazione anche nelle parole dei sindaci dei paesi delle valli che ospitano gli impianti. “Siamo tutti consapevoli della gravità della situazione pandemica e tutt’oggi non è da sottovalutare, anzi, bisogna continuare a rispettare le misure di prevenzione – commenta Gloria Carletti, sindaco di Foppolo – . Se per il contenimento della pandemia è necessario prorogare la chiusura degli impianti sciistici, avrebbero potuto però comunicarlo qualche giorno prima, non aspettando che i lavoratori si riorganizzassero per l’apertura. Questa è una mancanza di rispetto e considerazione nei confronti di tutti i lavoratori del comparto-neve. La chiusura, poi, provoca disagi organizzativi e psicologici, oltre che economici, come la perdita delle spese sostenute e l’incertezza in merito ai ristori”.

Il Governo si è già impegnato per compensare gli operatori del settore con adeguati ristori. Necessari, prima che l’ interruttore delle stazioni sciistiche rimanga definitivamente spento.

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