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Post covid

Bergamo, le donne sono le più in difficoltà: a 800 gli aiuti economici dal Comune

Un dato che si inserisce nel triste trend nazionale: sono mamme, per lo più italiane, che vivono da sole con a carico dai 3 ai 4 figli

Alla seconda ondata della pandemia da Covid-19 il Comune di Bergamo ha risposto portando aiuti e sostegni economici (e non solo) alle fragilità del territorio. Aumentate per le conseguenze dell’emergenza sanitaria, tanto che risulta che il 70% dei contatti che si sono rivolti ai servizi sociali negli ultimi mesi non aveva mai richiesto aiuto.

Tra le modalità di aiuto erogate, ci sono stati anche i buoni spesa distribuiti ai cittadini in difficoltà economica a causa dell’emergenza sanitaria, andandosi ad aggiungere agli altri bandi di sostegno erogati dal Comune.

Un piano d’azione che l’amministrazione aveva già scelto a fine marzo e che ha riproposto con un bando aperto a dicembre 2020 e chiuso il 5 febbraio 2021. Arrivando a distribuire complessivamente 562mila euro di buoni spesa (in carte prepagate) tra 1614 nuclei famigliari che rispondevano ai requisiti imposti dal bando, come l’aver subito una riduzione del reddito da lavoro dipendente o autonomo oppure aver perso il lavoro a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19. L’importo ricevuto si basava sul numero dei componenti del nucleo famigliare (1 componente, 150,00 euro;2 componenti, 250,00 euro; 3 componenti, 350,00 euro; 4 componenti, 450,00 euro; 5 e più componenti, 500,00 euro).

Nell’erogazione di marzo erano stati invece raggiunti 2173 nuclei famigliari per un totale di 736mila€ di cui circa 120mila da risorse aggiuntive messe a disposizione direttamente dal Comune di Bergamo.

“Anche per questo bando, il mio Assessorato ha organizzato un team di lavoro, a cui hanno partecipato anche quattro operatori interinali dedicati, che si è occupato di supportare i cittadini, dalla la compilazione della domanda al completamento delle pratiche, consentendo la consegna del buono nel minor tempo possibile – dichiara l’Assessora alle Politiche sociali Marcella Messina – I dati raccolti a seguito dell’erogazione del buono ci mettono certamente nella condizione sia di svolgere alcune considerazioni comparative tra la situazione di marzo e quella attuale, sia di approfondire le caratteristiche socio economiche dei beneficiari, cosa che nel primo periodo di marzo in piena pandemia, vista la condizione di emergenza in fase acuta, non era stato possibile fare in modo approfondito.”

Nell’analisi dei dati dei richiedenti è emerso che circa la metà delle richieste proviene da cittadini che avevano già richiesto il buono a marzo, mentre gli altri sono risultati nuovi accessi. In particolare, più dell’80% dei nuclei con più di 5 componenti ha richiesto il buono in entrambe le erogazioni sia a marzo che a dicembre, mentre la platea dei componenti da 1 a 4 membri si è diversificata molto nella seconda richiesta.

Anche incrociando i dati dell’unità di crisi, si può presumere che nei casi di famiglie meno numerose, la ripresa dell’attività lavorativa di almeno un componente, o l’erogazione dei vari dispostivi messi in campo dal Comune e non solo per affrontare l’emergenza, abbia almeno in parte garantito una sostenibilità economica migliore al nucleo stesso consentendo a coloro che erano stati esclusi dal primo bando di accedere a quest’ultimo.

Il 50% dei richiedenti del buono spesa è membro di nuclei famigliari con un massimo di 3 componenti, tra loro il 25% è single. Nel primo bando il numero maggiore di richieste, vicino alle 500 unità, apparteneva alla categoria con un solo componente, nel secondo la numerosità maggiore ha riguardato nuclei con massimo 4 componenti. Numericamente più numerosi nella fascia 30-50 anni e risultano essere gli stranieri (soprattutto Marocco, Bangladesh e dalla Bolivia, 40 i cittadini di uno stato membro dell’Unione europea) a chiedere più aiuto: 866 gli stranieri a fronte di 708 italiani.

Dato significativo che si inserisce nel triste trend nazionale è la maggior richiesta anche nel territorio bergamasco di aiuti da parte di donne (in modo più determinante che per il bando di marzo 2020): sono, infatti, 833 le donne beneficiarie, a fronte di 781 uomini. Sono mamme, per lo più italiane, che vivono da sole con a carico dai 3 ai 4 figli, con un lavoro autonomo che spazia da quello dell’assistenza alla persona e della casa al mondo dello spettacolo: settori poco tutelati dall’emergenza economica post Covid.

Anche nel primo bando era emerso un dato allarmante della perdita definitiva del lavoro per coloro che svolgevano attività nel campo assistenziale, pulizie domestiche, ristorazione.  É chiaro che la conferma del dato dopo sei mesi dalla prima rilevazione conferma un quadro locale e nazionale in grossa difficoltà nella ripresa economica lavorativa in questi settori.

“Emerge chiara la difficoltà delle donne che, dal punto di vista lavorativo, mostrano di soffrire di più a causa della crisi economica conseguente il Covid. Titolari di un contratto dipendente nei settori più colpiti, o di partita IVA con poche tutele e servizi di supporto nella prima fase dell’emergenza, risultano le maggiori beneficiarie di questa misura assistenziale – continua l’Assessora Messina – C’è un cambiamento in atto dell’idea di welfare: l’aiuto occasionale, come quello di cui abbiamo appena concluso la distribuzione, deve essere letto come un’opportunità anche solo transitoria nella vita di una persona. Una risorsa importante per il destinatario, ma occasionale almeno così ci auguriamo, che però diventa anche risorsa per la collettività che si attiva, nelle varie dimensioni formali e informali del quartiere, diventando metodo per il presente e il futuro oltre l’emergenza.”

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