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Anpi di dalmine

Quando il revisionismo storico diventa pericoloso

A partire dall’intervento del Professor Barbero con ANPI Dalmine, proponiamo una riflessione sul rischio di manipolazione storica cui sono sottoposti i giovani

Quanto conosciamo la storia del Novecento? Quante lacune hanno lasciato i programmi scolastici nella nostra istruzione e quanto è mancata una narrazione in grado di difendere noi giovani da chi cerca di portare narrazioni errate, da chi banalizza eventi e fenomeni storici?

Il ruolo del revisionismo storico è fondamentale, ma diventa pericoloso quando manca una base culturale e uno sguardo critico che ci metta in allerta di fronte alla manipolazione. Proprio a tal proposito nella giornata di martedì 2 febbraio il professor Alessandro Barbero, storico specializzato in storia del Medioevo e storia militare è stato ospite di una diretta Facebook organizzata dalla sezione Anpi di Dalmine per illustrare quali siano le motivazioni per cui l’equiparazione tra nazismo, fascismo e comunismo sia errata.

Barbero, all’inizio del suo intervento, esorta affermando che “si tratta di cose completamente diverse, che beninteso hanno alcuni aspetti comuni”, quali la nascita di partiti fondati su ciascuna delle tre ideologie, la natura violenta e i massacri originati in nome di ognuna di esse. Nessuno, dunque, tantomeno gli storici negano l’oppressione portata da fascismo, nazismo e comunismo, ma farne un’equiparazione non chiarisce affatto i principi di cui ciascuna si fece portatrice, anzi appiattisce proprio gli elementi che le contraddistinguono.

Per fare chiarezza può venirci in soccorso l’esperienza italiana del comunismo. Lo storico afferma infatti che “coloro che si sono detti comunisti dal 1912 al 1990 hanno avuto sempre un ruolo positivo e attivo nella vita democratica italiana”. Non a caso esponenti del partito comunista italiano sono stati tra i padri costituenti e hanno ricoperto alti ruoli istituzionali, come nel caso di Nilde Iotti diventata poi Presidente della Camera dei deputati.

Altre distinzioni più generali riguardano la relegazione al nazi-fascismo ad una fase storica dalla durata limitata, mentre l’azione comunista ha avuto una durata ben più lunga. Inoltre, mentre nazismo e fascismo hanno avuto luogo in singoli Paesi e si sono manifestati a partire dalla presa del potere ad opera di capi carismatici, al contrario il comunismo ha conosciuto una diffusione “in tutto il mondo, operando in modo diverso tra un Paese e un altro”.

Alla luce di queste spiegazioni l’errore di portare sullo stesso piano le tre ideologie si traduce con una volontà di distorcere una verità storica, ma al contempo di distogliere l’attenzione e quasi “normalizzare” l’ideologia fascista e nazista, di cui è mancata un’elaborazione culturale in Italia, da cui non tutte le forze politiche hanno mai chiaramente preso le distanze e la cui presenza è ancora presente, anzi se possibile aumentata negli ultimi anni.

È evidente che oggi più che mai la necessità di divulgare sia sempre maggiore, proprio per evitare la diffusione di luoghi comuni, per non perdere quel patrimonio prezioso di chi ha combattuto contro le dittature e non lasciare che la parola “democrazia” diventi un vocabolo vuoto, svuotato di significato, utilizzato per indicare tutto e niente.

Per concludere, “chi dovesse dire che (le tre ideologie) sono uguali ed essere comunista è una colpa da pagare esattamente come lo è essere stato fascista, ebbene no, non è la stessa cosa”.

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