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La campagna

La chiamata alle armi di Ats Bergamo: “Poco personale, servono operatori per vaccinare”

Si cercano volontari, ma medici e infermieri, vista la gratuità, non sembrano molto contenti

Un avviso pubblico per la creazione di un elenco di personale medico-sanitario volontario per l’attuazione del piano di somministrazione dei vaccini anti-Covid: l’Ats di Bergamo fa la sua parte con una “chiamata alle armi” in vista della vaccinazione massiva che la Lombardia si appresta ad attuare su tutta la popolazione una volta terminate le fasi dedicate agli operatori sanitari e alle fasce più deboli.

“Al momento è rivolto a medici, infermieri, assistenti sanitari e ostetriche – ha sottolineato il direttore generale di Ats Bergamo Massimo GiupponiLe prime candidature raccolte saranno inviate alle Asst del territorio per rafforzare gli organici: ci rivolgiamo soprattutto al personale in quiescenza, che si può mettere dunque a disposizione in modo più strutturato, con il quale saranno sottoscritti contratti ad hoc per le operazioni di volontariato e per le prestazioni svolte a titolo gratuito”. 

Un “particolare”, quello della gratuità, che agli ordini professionali non è piaciuto particolarmente: ad esporre i maggiori dubbi sono stati Guido Marinoni e Gianluca Solitro, presidenti rispettivamente dell’ordine dei medici e degli infermieri di Bergamo, che pur non negando il proprio sostegno e la finalità preziosa dell’iniziativa hanno evidenziato il rischio di una contrapposizione tra le varie operazioni di reclutamento attualmente in corso.

“Da una parte c’è il bando Arcuri, che recluta infermieri retribuiti, dall’altra questa operazione che è gratuita pur svolgendo la stessa attività – ha spiegato Solitro – Lo abbiamo già detto in Regione, c’è il rischio di una forte contrapposizione. Il volontariato deve essere una piccola parte, la ciliegina sulla torta, di certo non può essere la torta: da parte nostra ci sarà piena collaborazione, ma vogliamo che la nostra posizione professionale sia chiara”. 

I dubbi di Marinoni sono anche di natura numerica: “Reclutare medici, che non si cancellano mai dall’ordine e continuano a operare finchè le forze non li assistono più, sarà complicato. In due settimane, sponsorizzando questa possibilità sui nostri canali, abbiamo raccolto una quindicina di disponibilità. I volontari purtroppo non risolveranno il problema di organico, perchè per forza di cose daranno una disponibilità limitata: riteniamo che un campagna di questo tipo vada impostata con le risorse umane delle strutture sanitarie e come un grande processo industriale a catena dove ogni professionista fa il suo piccolo pezzettino. E allora sì che i volontari potranno avere un grande ruolo. Ma, prima di tutto, andrebbero vaccinati tutti i medici e le persone che si metteranno a disposizione per vaccinare gli altri: noi stiamo ancora aspettando il turno dei medici liberi professionisti e degli odontoiatri”. 

E Guido Muzzi, presidente dell’ordine che racchiude 19 professioni sanitarie, aggiunge: “Gli assistenti sanitari, unici con le competenze per questa operazione, non si faranno pregare due volte nel dare la propria disponibilità, anche se mettere a disposizione tempo gratuito quando altri vengono pagati per la stessa ragione farà storcere il naso a qualcuno. Le altri 18 professionalità che rappresento si renderanno comunque utili nelle fasi organizzative e logistiche del processo”. 

Ok al reclutamento anche da Nadia Rovelli, presidente interprovinciale dell’ordine della professione di Ostetrica: “Tante ostetriche, anche quelle che hanno già un’occupazione, si vogliono mettere a disposizione, perchè lo riteniamo deontologicamente necessario. Doveroso anche che ci sia una professionista che sappia dare informazioni specifiche e competenti alle donne riguardo il vaccino”. 

A livello organizzativo, però, l’Ats di Bergamo si è già mossa da tempo.

Come sottolineato dal direttore Giupponi, per il territorio di Bergamo sono in arrivo 18 medici e 11 infermieri reclutati con il bando Arcuri, ai quali si aggiungeranno quelli reperiti dalla campagna regionale e, infine, questo avviso pubblico che la stessa Ats ha prodotto insieme agli ordini professionali e che rimarrà sempre aperto per raccogliere le candidature.

“Siamo di fronte a una sfida epocale e facciamo appello a tutte le forze disponibili – ha commentato – I numeri ci dicono che dovremo produrre uno sforzo 8-10 volte superiore a quello del vaccino antinfluenzale per arrivare a inoculare 1,6 milioni di dosi solo in provincia di Bergamo. Riusciremo a vincere questa sfida solo se ognuno mette a disposizione le proprie competenze e disponibilità: chiaro che in prima battuta si cercano professionisti, ma ci racconteremmo bugie se dicessimo che ce n’è disponibilità. Quindi dobbiamo ricorrere anche al volontariato. Il vero punto debole dell’iniziativa, ne siamo a conoscenza, saranno le risorse umane”.

Da una decina di giorni, insieme, al direttore sanitario Carlo Alberto Tersalvi, Giupponi sta svolgendo dei sopralluoghi nei luoghi che in provincia potrebbero essere individuati come idonei alla vaccinazione di massa: si parla di tre strutture di grandi dimensioni, attorno ai 10mila metri quadrati, alle quali si aggiungeranno sedi territoriali più piccole sul modello del vaccino antinfluenzale e a una rete di studi dei medici di medicina generale e delle farmacie. Oltre, ovviamente, al canale delle strutture ospedaliere pubbliche e private.

“In queste settimane abbiamo visto un po’ di tutto – sottolinea Tersalvi – Dalle fiere alle discoteche, capannoni, centri commerciali, spazi messi a disposizione dalle amministrazioni comunali. Stiamo facendo i calcoli in base alla proposta fatta da Guido Bertolaso per la Lombardia. Siamo stati a Milano nel weekend a seguire le operazioni, cercando di tarare il tutto su 1,1 milioni di bergamaschi. Si è osservato come per ogni singolo paziente servano 3-4 minuti per l’anamnesi e altrettanti per l’inoculazione. La sorveglianza post vaccino è invece esclusa dal conteggio. La fase massiva coinvolgerà circa 500mila persone a Bergamo: crediamo che nel complesso sarà coinvolto il 2-3% del personale sanitario attivo e il restante è dunque da trovare in quello in quiescenza o svincolato da strutture organizzate”. 

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