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L'UE e noi

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Il Parlamento europeo prepara una Direttiva sul “Diritto alla disconnessione”

Il "Diritto dei lavoratori alla disconnessione" è un argomento che interessa molto le "Parti sociali", il Sindacato e i Datori di lavoro, su temi che vengono quotidianamente affrontati a livello europeo e nei quali, purtroppo, non vi è molto interesse da parte Italiana.

Il Trattato di Lisbona sottolinea che l’economia europea non è solo un’economia di mercato, ma si caratterizza come un’economia sociale di mercato.

Ed è questo aggettivo “sociale”, che distingue la nostra, dalle altre economie, nel mondo. Alla luce di questo valore, che è parte importante del Trattato, il Parlamento e la Commissione, in costante intesa con le Parti sociali (datori di lavoro e lavoratori) hanno elaborato, nel corso degli anni, una legislazione sociale, tesa a organizzare una serie di orientamenti omogenei, in tutti i Paesi dell’Unione, con l’obiettivo di valorizzare l’uomo nel lavoro, grazie, non solo con il puntuale rispetto delle disposizioni e delle raccomandazioni internazionali, ma anche con un adattamento progressivo della legislazione al repentino mutare del mercato del lavoro.

Il diritto alla disconnessione si riferisce al diritto dei lavoratori a non impegnarsi in attività o comunicazioni legate al lavoro, al di fuori dell’orario di lavoro, mediante strumenti digitali, quali telefonate, e-mail o altri messaggi.

Il diritto alla disconnessione dovrebbe autorizzare i lavoratori a disattivare gli strumenti legati al lavoro e a non rispondere alle richieste dei datori di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro, senza il rischio di conseguenze negative, come il licenziamento o altre misure di ritorsione. Attualmente non esiste un diritto dell’Unione europea che disciplini specificamente il diritto di disconnettersi, e la legislazione in questo settore varia notevolmente tra gli Stati membri.

La sensibilità verso questa problematica si sta sviluppando sempre più, in seguito ai progressi nelle tecnologie di comunicazione, e alla diffusione di queste nuove tecnologie nella vita quotidiana delle persone. L’uso diffuso di smartphone e altri dispositivi digitali sta accrescendo la convinzione che un lavoratore possa essere sempre disponibile, per rispondere alle sollecitazioni dei dirigenti o dei colleghi della propria azienda.

Ma la convinzione che i lavoratori siano disponibili per le comunicazioni online o mobile, viene considerata potenzialmente pericolosa per la salute dei lavoratori. Le Parti sociali europee hanno adottato accordi quadro sul telelavoro, nel luglio 2002, e sulla digitalizzazione, nel giugno 2020. L’accordo quadro sulla digitalizzazione prevede possibili misure da concordare tra le parti sociali, per quanto riguarda il collegamento e la disconnessione dei lavoratori dal lavoro. Alla luce degli sviluppi successivi all’adozione dell’accordo quadro sul telelavoro nel 2002, è diventata evidente la necessità di una valutazione più approfondita e di un quadro giuridico, a livello dell’Unione, per alcuni degli elementi di tale accordo.

Nel contesto delle nuove trasformazioni digitali, che sono destinate a ampliarsi nel mondo del lavoro, la Commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo ha adottato una iniziativa nella quale invita la Commissione a proporre una Direttiva dell’UE, che stabilisca requisiti minimi per il diritto alla disconnessione. La pratica del telelavoro, attuata attraverso strumenti digitali, aumentata notevolmente a causa del coronavirus, ha attirato sempre più l’attenzione sulla connettività costante dei lavoratori e sulla riduzione dei confini tra orario lavorativo e non. Attualmente non esiste un quadro giuridico europeo che definisca e disciplini direttamente il diritto alla disconnessione.

La direttiva sull’orario di lavoro (2003/88/CE), tuttavia, fa riferimento a una serie di diritti che indirettamente riguardano questioni simili: in particolare, i periodi minimi di riposo giornalieri e settimanali, necessari per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Inoltre, il diritto alla disconnessione dovrebbe essere considerato in relazione al raggiungimento di un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, un obiettivo che è stato al centro delle recenti iniziative europee.

Ad esempio, tra i 20 Principi del Pilastro europeo dei diritti sociali, si possono citare:
– il numero 9, Equilibrio tra attività professionale e vita familiare;
– il numero 10, Ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato alle esigenze professionali dei lavoratori, e alla protezione dei dati personali.

Oltre al rispetto della corposa legislazione sull’orario di lavoro, l’articolo 24 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che tutti hanno il diritto al riposo e al tempo libero, inclusa la ragionevole limitazione dell’orario di lavoro e le ferie periodiche retribuite.
La proposta di Direttiva, in discussione al Parlamento europeo, tiene conto delle Convenzioni e delle Raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro in merito all’organizzazione dell’orario di lavoro, in particolare:

  • la Convenzione sull’orario di lavoro per l’industria del 1919 (n. 1),
  • la Convenzione sull’orario di lavoro per il commercio e uffici (n. 30),
  • la Raccomandazione sulla contrattazione collettiva del 1981 (n. 163),
  • la Convenzione del 1981 sui lavoratori con responsabilità familiari (n. 156),
  • la relativa Raccomandazione (n. 165),
  • la Dichiarazione sul futuro del lavoro, del 2019, in occasione del centenario dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro).

Inoltre, l’articolo 24 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che tutti hanno il diritto al riposo e al tempo libero, inclusa la ragionevole limitazione dell’orario di lavoro e le ferie periodiche retribuite. Gli strumenti digitali, da quando, grazie allo sviluppo della rete, si sono ampliati ed estesi, caratterizzando negli anni novanta del secolo scorso, la terza rivoluzione industriale, hanno consentito alle persone di lavorare da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento e, se utilizzati in modo appropriato, hanno contribuito a migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata.

Tuttavia, l’uso di strumenti digitali per scopi lavorativi, comprese le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), può anche avere effetti negativi, come il conseguente aumento dell’orario di lavoro, inducendo le persone a lavorare al di fuori dell’orario di lavoro; può favorire una maggiore intensità di lavoro; e può ridurre i confini tra tempo di lavoro e tempo libero. In buona sostanza, se non vengono utilizzati esclusivamente durante l’orario di lavoro, gli strumenti digitali possono interferire con la vita privata dei lavoratori. L’uso crescente delle tecnologie digitali ha trasformato i modelli di lavoro tradizionali e ha creato una cultura, che si caratterizza in un impegno: “sempre connesso” e “sempre attivo”.

Molti studiosi dell’antropologia del lavoro parlano, sempre più spesso, di un “lavoratore maggiorato”, cioè di una persona, che si sente coinvolta nelle responsabilità lavorative, sia durante l’orario di lavoro – molto più di quanto non sia avvenuto nel passato- sia al di fuori dell’orario di lavoro. Alla luce di queste evoluzioni, che stanno diventando preminenti nelle caratteristiche del lavoro, il Parlamento europeo ha sentito la responsabilità di rivedere e aggiornare: la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori; nuove e moderne condizioni di lavoro, compreso il diritto a un’equa retribuzione; l’affermazione dei giusti limiti dell’orario di lavoro; la tutela della salute e della sicurezza; la parità tra uomini e donne, in tutte le attività.

Per i lavoratori con responsabilità assistenziali poco remunerate, gli strumenti digitali possono rendere particolarmente difficile trovare un sano equilibrio tra vita professionale e vita privata. Le donne, in particolare, dedicano più tempo degli uomini ad adempiere a tali responsabilità sociali. Per poter definire una posizione unica, in tutti gli Stati dell’Unione, il Parlamento europeo, è partito da un’analisi della legislazione comunitaria e ha preso in considerazione le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE). Ai sensi della Direttiva 2003/88/CE, i lavoratori dell’Unione hanno diritto a requisiti minimi di sicurezza e salute, per l’organizzazione dell’orario di lavoro. In tale contesto, questa direttiva prevede: il riposo giornaliero; le pause di riposo; il riposo settimanale; la durata massima del lavoro settimanale e le ferie annuali; e disciplina alcuni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni, e dei modelli di lavoro.

Tuttavia, la direttiva 2003/88/CE non prevede espressamente il diritto di un lavoratore alla disconnessione, né richiede che i lavoratori siano raggiungibili al di fuori dell’orario di lavoro, durante i periodi di riposo o in altri orari non lavorativi, ma prevede il diritto alla continuità di periodi di riposo giornaliero, settimanale e annuale, durante i quali il lavoratore non dovrebbe essere raggiunto. Secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), il tempo occupato in un servizio di guardia, durante il quale un lavoratore deve essere fisicamente presente in un luogo specificato dal datore di lavoro, deve essere considerato “interamente tempo di lavoro, indipendentemente dal fatto che, durante i periodi di guardia, l’interessato non svolga in modo continuativo l’attività professionale “, e quel tempo di attesa, che un lavoratore è obbligato a trascorrere a casa, pur essendo a disposizione del datore di lavoro, è da considerarsi orario di lavoro. Inoltre, la CGUE ha interpretato i periodi di riposo come “Regole del diritto sociale dell’Unione europea, di particolare importanza, dei quali ogni lavoratore deve beneficiare, come requisito minimo necessario, per garantire la protezione della sua salute e della sicurezza”.

Inoltre, non esiste una disposizione dell’Unione esplicita, che imponga il diritto di non essere disponibile in ogni momento, al di fuori dell’orario di lavoro (contrattualmente) concordato.

Secondo le intenzioni del Parlamento europeo, gli Stati membri dovrebbero garantire che i datori di lavoro istituiscano un sistema obiettivo, affidabile e accessibile, che consenta di misurare la durata del tempo lavorato, ogni giorno, da ciascun lavoratore, in conformità con la giurisprudenza della CGUE, in particolare con la sua sentenza del 14 maggio 2019. Tale sentenza, Causa C-55/18, è stata emanata nell’ambito di una controversia tra la Federación de Servicios de Comisiones Obreras (CCOO) e la Deutsche Bank SAE, relativamente alla mancanza, all’interno di quest’ultima, di un sistema di registrazione dell’orario di lavoro giornaliero, svolto dai lavoratori, in essa impiegati.

Secondo la posizione del Parlamento europeo, l’autonomia delle Parti sociali (Sindacati e Datori di lavoro) dovrebbe essere rispettata e gli Stati membri dovrebbero sostenere e garantire l’effettivo coinvolgimento delle parti sociali, per promuovere e rafforzare il dialogo sociale, al fine di attuare, dopo l’approvazione, la direttiva nella definizione dei contratti collettivi, conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero garantire che, previa consultazione delle parti sociali, al livello appropriato, sia stabilito un insieme minimo di condizioni di lavoro, per consentire ai lavoratori di esercitare il loro diritto di disconnettersi.

Le misure di attuazione della Direttiva dovrebbero essere attuate, in tutti gli Stati membri, entro tre anni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale europea.

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