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L'analisi

Preoccupa la crisi, ma le imprese del commercio a Bergamo resistono: 6.635 attive

Calano bed&breakfast e case vacanze, aumentano artigiani alimentari e vendite via web. Scendono anche le medie strutture di vendita

Il numero delle imprese commerciali nella città di Bergamo tiene: rimane la preoccupazione per la situazione di questi mesi difficili, complice l’emergenza covid19, ma il tessuto commerciale della città di Bergamo non ha evidenziato, al 31 dicembre 2020, grossi contraccolpi e il numero di imprese attive registra un confortante -10, una perdita davvero esigua rispetto al complessivo di 6.635 imprese attive in città.

Certo, i prossimi mesi saranno decisivi per comprendere quali conseguenze le disposizioni anti covid19 e il calo dei consumi che si avverte sul tutto il territorio nazionale avranno sul sistema commerciale del capoluogo: non va dimenticato che a fine marzo, inoltre, decade il blocco dei licenziamenti voluto dal Governo per puntellare il lavoro nella fase emergenziale della pandemia. Ma guardando i numeri del commercio nella città di Bergamo, al momento, la situazione pare essere meno grave del previsto, anche se è possibile che alcune attività non abbiano formalizzato ancora la propria (avvenuta) chiusura.

Il numero complessivo delle attività commerciali si attesta quindi a quota 6.635, poco sotto il record per la città del 2019, quasi 200 in più rispetto al 2018, oltre 430 in più rispetto all’anno 2017. A incidere vi è soprattutto l’incremento delle attività di vendita online, 81 in più rispetto all’anno precedente, ora complessivamente 524, grazie anche alle 38 licenze rilasciate ad attività di vicinato già esistenti: una modalità necessaria alla luce delle limitazioni e delle disposizioni che da un anno ormai si rincorrono e restringono le possibilità di spostamento delle persone sull’intero territorio nazionale, ma anche la prosecuzione di un progressivo processo di digitalizzazione del commercio.

Le attività ricettive extra alberghiere (bed & breakfast, case vacanze) sono quelle che subiscono il calo più significativo (-56 rispetto allo scorso anno), anche se qualcuno ha aperto comunque scommettendo sul futuro, anche alla luce del riconoscimento di Bergamo e Brescia Capitali italiane della cultura 2023. Va rimarcato il numero ancora altissimo di queste attività in città nonostante il calo dell’ultimo anno: sono attualmente 775, 21 in più del 2018, quasi il doppio di quelle attive a Bergamo nel 2016 (486).

Gli esercizi di vicinato (-40 rispetto al 2019, complessivamente ad oggi 2.184) registrano una diminuzione comunque contenuta: interessante la vitalità di questo particolare ambito commerciale, con un notevole turn-over dimostrato dalle 137 nuove aperture del 2020. Tengono soprattutto gli esercizi di vicinato che vendono alimentari, che mantengono un numero invariato rispetto all’anno precedente (384), calano quelli non alimentari (-28 rispetto all’anno scorso).

Aumentano le attività di somministrazione di bevande e alimenti, ovvero bar, ristoranti e trattorie, 33 nuove aperture a fronte di 29 cessazioni (+4 rispetto al 2019, ora 706 attività d questo genere in città), così come aumentano il numero di artigiani alimentari (+15) attivi in città, le rivendite di giornali e riviste e i tabaccai (+5).

Interessanti anche altri dati, come il calo delle medie strutture di vendita (-8, scendono da 100 a 92), una controtendenza significativa, e la tenuta delle grandi strutture (complessivamente 5, +1 rispetto al 2019, ma solo per effetto dell’evoluzione dell’ex Auchan, che si è suddiviso in due strutture distinte).

Fondamentale è stato il ruolo del Programma Rinascimento, varato dal Comune di Bergamo con Intesa SanPaolo e CESVI per sostenere il tessuto commerciale cittadino e che ha erogato nel 2020 oltre 8 milioni di euro a fondo perduto e altri 5 milioni circa in prestiti d’impatto. Un contributo che si è aggiunto ai ristori e alle casse integrazioni previsti dai Decreti del Governo e che ha influito in modo essenziale alla “resilienza” delle attività della città di Bergamo.

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