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A gennaio il 42% dei positivi italiani tra i 19 e i 50 anni; a Bergamo casi ancora in calo

Tra il 26 gennaio e il 1° febbraio le province lombarde che hanno avuto un maggior rialzo dei casi sono Monza e Brianza, Milano, Brescia e Lecco, in diminuzione Bergamo (da 529 a 504) e Varese

La chiusura della nostra settimana epidemiologica (rilevata come sempre dal martedì al lunedì successivo), ci permette di fotografare l’andamento dell’epidemia nel periodo 26 gennaio / 1° febbraio. A livello nazionale i nuovi casi sono stati 85.365, statisticamente invariati rispetto al periodo precedente (85.300). Il numero medio dei casi giornalieri è di 12.195, ancora molto distante dal valore di 4.300 che permetterebbe di riprendere le attività di tracciamento con piena efficienza e di passare dalla fase di mitigazione a quella di contenimento. Risultano tutti in calo gli indici relativi al totale degli attualmente positivi (447.859), dei ricoverati in Terapia Intensiva (2.252), ricoverati con sintomi (20.260) e pazienti in isolamento domiciliare (425.077). Da riscontrare che sono tutti minimi che non si vedevano da inizio novembre 2020. I decessi settimanali sono stati 2.964, in calo dai precedenti 3.327, per un totale di 88.845.

La minima variazione al rialzo di alcuni dei suddetti indici, vista negli ultimi due giorni presi in esame, sarà meritevole di approfondimento in un arco di tempo più lungo, ma al tempo stesso da non sottovalutare: perché le infezioni dell’ultimo periodo iniziano a riflettere le restrizioni post 8 gennaio. Se il trend trovasse conferma, il passaggio in zona gialla di gran parte dell’Italia questa settimana, rischierebbe di coincidere con un fase di ripresa dell’infezione: una situazione che consiglierebbe di attuare un forte incremento dei test, e soprattutto dei casi testati, per tracciare al massimo possibile la presenza del virus sul territorio ed evitare un rapido ritorno alle restrizioni. In questo senso, si è già riscontrato un aumento dell’Rt da 0,84 a 0,90.

Tamponi rapidi e non

È meritevole di approfondimento il numero dei tamponi di cui sopra: l’inserimento dei test rapidi nel conteggio dei tamponi totali giornalieri, a partire dal 15 gennaio, sta avendo l’effetto di ridurre progressivamente il numero dei tamponi molecolari, che l’Iss indica ancora come “gold standard” per la diagnosi di Covid-19.

Nell’ultima settimana sono stati eseguiti in media 133.797 tamponi molecolari al giorno, contro i circa 150.000 che in media si sono effettuati negli ultimi due mesi. La riduzione non è per ora importante (13%) ma delinea una tendenza contraria a quella auspicabile.

Infatti la quota rilevante dei test rapidi (il 46% del totale), pesa in modo consistente sulle modalità di tracciamento del virus.

Questo per tre motivi:

1) Non abbiamo nessuna certezza sul fatto che tutti i test rapidi (molti dei quali eseguiti in laboratori privati, non sempre con l’indicazione della tipologia di test utilizzato) rispettino i requisiti fissati dall’Istituto superiore di Sanità per equiparare questa metodologia a quella molecolare.

2) I test rapidi vengono utilizzati soprattutto in attività ricorrenti di screening su gruppi ristretti della popolazione: per esempio personale sanitario, oppure dipendenti di aziende, e quindi riflettono una situazione molto parziale rispetto a quella fotografata con i tamponi molecolari.

3) Il tampone antigenico è efficace se la persona è già sintomatica. I falsi negativi in cui si incorre tramite gli antigenici rapidi possono essere quindi un pericolo per la salute pubblica. Mescolare i risultati ottenuti con le due differenti tipologie genera quindi un’alterazione della realtà, e rende sempre più difficile ottenere risposte precise e statisticamente attendibili sullo sviluppo epidemico nel nostro Paese.

Giovani

La rilevazione dell’Iss sul periodo mobile di 30 giorni chiuso il 26 gennaio 2021, registra 394.743 nuovi casi con 10.569 decessi (includendo anche i decessi di soggetti la cui data di infezione è antecedente al periodo considerato). Il tasso di letalità si mantiene stabile al 2,6%. Negli ultimi 30 giorni la fascia di età più colpita dall’infezione è quella tra i 19 e i 50 anni, con 168.752 nuovi casi (il 42,8% del totale). Seguono le fasce 51-70 (109.898 nuovi casi, 27,8%); oltre i 70 (65.187 nuovi casi, 16,5%) e 0-18 (50.900, 12,9%). La quota di soggetti asintomatici sul totale delle infezioni rilevate si mantiene al di sopra del 50% in tutte le fasce di età, con il valore più elevato nei soggetti tra 2 e 6 anni (76%) e più basso in quelli tra i 70 e 79 (52%). Il peso dei casi critici al di sotto dei 50 anni non è statisticamente rilevabile, ed esprime il valore più alto (2,5%) nella fascia di età tra i 70 e i 79 anni. I casi severi sono concentrati tra gli over 60, con una fortissima prevalenza delle fasce di età 70-79 anni, 80-89 e over 90.

Posti letto occupati

Continua, anche se lentamente, la diminuzione dei posti letto occupati sia in area medica, sia in area critica. Alla sera del 31 gennaio (dati Agenas) a livello nazionale risultava occupato da pazienti Covid-19 il 32% dei posti nei reparti di Medicina generale, al di sotto della soglia critica del 40%. Per quanto riguarda le singole Regioni e Province autonome restano sopra la soglia di allerta Umbria (46%), Friuli-Venezia Giulia (46%) e Marche (45%), mentre Puglia e Provincia autonoma di Bolzano sono esattamente in linea con la soglia del 40%. Per quanto riguarda le terapie intensive, a livello nazionale risulta occupato il 26% dei posti disponibili, anche in questo caso al di sotto della soglia di allerta fissata al 30%. Provincia autonoma di Trento (39%), Puglia (36%) e Provincia autonoma di Bolzano (32%) il valore limite, mentre Lombardia Liguria e Lazio, tutte con il 30%, mostrano valori allineati al livello di allarme. Sulla base dei dati quotidiani comunicati da Regioni, Province autonome e Ministero della Salute si nota come stia diminuendo, seppure lentamente, il numero dei pazienti che entrano in area critica. Nella settimana epidemiologica 23-29 gennaio, a livello nazionale, i nuovi ingressi sono stati 971: in calo dell’8,6% dai 1.063 del periodo precedente (16-22 gennaio). Riduzione analoga in Lombardia, dove i nuovi ingressi sono stati 133 (-5,0% dai 140 del periodo 16-22 gennaio

I numeri in Lombardia

Veniamo ai dati della Lombardia: i nuovi casi individuati nella settimana sono stati 12.389, in rialzo del 8,6% dagli 11.403 del 19-25 gennaio. A differenza del dato nazionale, il numero dei test totali è cresciuto di più (+8,4%) passando da 208.259 a 225.789. Così pure i casi testati (+8%, da 52.011 a 56.009) con valori comunque lontani dai massimi di inizio novembre. Le province che hanno avuto un maggior rialzo dei casi sono Monza e Brianza, Milano, Brescia e Lecco, in diminuzione Bergamo (da 529 a 504) e Varese, sostanzialmente invariate le altre.

La campagna vaccinale

Si complicano sempre più i tempi della campagna vaccinale a causa delle continue riduzioni nella consegna di dosi rispetto a quanto definito dai contratti, centralizzati a livello di Unione europea. Ai problemi riscontrati con Pfizer-Biontech (apparentemente superati) e quelli che vedono un braccio di ferro in atto tra Ue e AstraZeneca (che ha comunicato un riduzione del 60% delle dosi previste nel primo trimestre) arriva una nuova segnalazione da parte di Moderna. L’impatto per l’Italia, nella settimana del 9 febbraio, vedrà una riduzione del 20,4% (da 166.000 a 132.000 dosi).

I ritardi implicano un rallentamento della campagna vaccinale e un conseguente allontanamento dei due obiettivi chiave: la protezione rapida delle categorie più a rischio (personale sanitario e over 80) e il raggiungimento dell’immunità di gregge. Questo secondo elemento, in particolare, sta acquisendo sempre più rilevanza alla luce dell’insorgenza di alcune varianti virali che, sia per la loro maggiore rapidità diffusionale, sia per la capacità di alcune di eludere parzialmente la risposta anticorpale, rendono la campagna vaccinale una corsa contro il tempo. Ottenere rapidamente l’immunità di gregge significa limitare, o addirittura escludere, il rischio dell’insorgenza di nuove varianti. Occorre inoltre tenere presente che non tutti i vaccini hanno la stessa efficacia, elemento che impatta direttamente sulla quantità di popolazione da vaccinare (copertura minima vaccinale) per ottenere l’immunità di gregge e quindi, insieme al mantenimento delle misure di protezione individuale, a spegnere progressivamente l’epidemia. E sarà fondamentale fare presto.

Per quanto riguarda il numero di vaccinazioni a livello mondiale, spicca sempre il dato di Israele con 3.871.000, vale a dire il 56% della popolazione. Comunque è ancora presto per vedere se i vaccini stanno avendo i risultati sperati, e per separarli dalle altre misure introdotte contro il coronavirus (il Paese è ancora in lockdown) e apprezzarli sistematicamente sull’andamento generale dell’epidemia. In Europa spicca il dato del Regno Unito con quasi 10 milioni di dosi già somministrate. In Italia risultano vaccinate con prima dose 1.344.000 persone e 674.000 anche con la seconda (1,12% degli italiani). In rapporto alla popolazione (dosi ogni 100.000 abitanti) sono la P.A. di Bolzano e la Valle d’Aosta ad averne effettuate di più (5.394 la prima, 4.708 la seconda). La Lombardia con 2.994 si trova al 15° posto. I vaccinati a Bergamo sono circa 20.000 di cui solo 2000 anche sottoposti alla seconda dose; la previsione è di raddoppiare questi numeri fra 15 giorni. Quindi siamo ancora all’inizio anche qui.

I casi nel mondo

Sono 103 milioni i casi nel mondo, di cui 26 milioni ancora attivi. Negli ultimi 14 giorni si è avuta però una diminuzione dei contagi: 7,9 milioni di nuovi, cioè il 20,0% in meno sui 14 giorni precedenti, con variazioni elevate sia in Nord America (2,6 milioni, -28,5%) che in Europa (2,5 milioni, -28,8%), percentualmente bene anche l’Africa (0,3 milioni, -28,8%), riduzioni più contenute per Asia (1,2 milioni, -8,3%) e Sud America (1,2 milioni, -5,3%).
I decessi invece sono sempre in crescita, negli ultimi 14 giorni sono stati 196.964 (dei 2,24 milioni totali) in aumento del 5,0% sui 14 giorni precedenti la variazione contenuta si ribalta in quasi tutti i continenti ad eccezione del Sud America, infatti nelle ultime 2 settimane sono 70.591 i decessi in Europa (+1,7%), 65.232 in Nord America (+3,1%), 27.531 in Sud America (+18,5%), 21.533 in Asia (+7,9%) e 12.068 in Africa (+3,4%).

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