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L'intervista

La cucina italiana patrimonio Unesco? Nel comitato la bergamasca Garibaldi: “Ce la possiamo fare”

La docente di Unibg è tra le personalità scelte per lanciare la candidatura. Parla anche di Bergamo: "Faccia come Wuhan, sfrutti la triste fama della pandemia per rilanciare il suo turismo"

La cucina italiana patrimonio Unesco? Potrebbe succedere. Non molto presto, perché il processo che porterà l’Organizzazione delle Nazioni Unite a prendere una decisione ufficiale è lungo e pieno di insidie, ma ci sono buone possibilità.

Se ciò avverrà, sarà anche grazie a una bergamasca, Roberta Garibaldi, docente di Tourism Management all’Università di Bergamo, presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico (e una lista lunga così di altri prestigiosi incarichi, anche internazionali), inserita nel comitato scientifico che sosterrà e redigerà il dossier necessario alla candidatura.

“Far parte di questo importante gruppo è un onore per me – spiega -. L’iscrizione nel patrimonio dell’Unesco della cucina italiana, oltre al valore che in sé racchiude, è uno stimolo e un’opportunità per sviluppare nuova progettualità, creare sinergie, promuovere i territori anche in ottica turistica. Nel comitato sono presenti tante personalità, ognuna delle quali porterà il proprio taglio. Io mi occuperò, in modo particolare, del turismo”.

“La cucina francese è tutelata dall’Unesco già da diverso tempo. Questo perché i francesi hanno saputo valorizzare la loro immagine culinaria molto meglio di noi – commenta Garibaldi -. Ma anche in Italia, ultimamente, ci stiamo muovendo molto bene, con eventi e iniziative che stanno portando una spinta non indifferente alla cucina italiana, ai suoi prodotti e ai suoi territori. E dobbiamo dire grazie anche ai nostri cuochi di punta, sempre più conosciuti all’estero”.

Nell’ultimo decennio l’importanza del cibo, del vino, dell’olio, nel turismo è cresciuta. Oggi il 45 per cento degli italiani e il 53 per cento degli stranieri hanno già visitato una destinazione con motivazione primaria l’enogastronomia. Ma non ci si limita più al solo acquisto di prodotti locali o al mangiare piatti tipici del luogo visitato. La platea di attori ed esperienze si è fatta più ampia, andando a comprendere le visite ai luoghi di produzione (cantine, birrifici, frantoi, pastifici), il recarsi in ristoranti gourmet o storici, acquistare cibo di strada, partecipare a cooking class o food tour online, oltre a seguire eventi a tema: “I turisti si muovono sempre di più per bere, mangiare, conoscere i prodotti d’eccellenza e i territori in cui vengono prodotti – spiega la docente bergamasca -. E le ricerche di questo tipo non si sono fermate neanche durante il lockdown. Questo trovo che sia importantissimo, perché ha coinvolto pure tante Millennials, i turisti di domani”.

Bergamo ha sofferto come il resto d’Italia (ma anche del mondo) il crollo del turismo, soprattutto quello internazionale: “Sarà importante farsi trovare pronti quando questa pandemia finirà – commenta Garibaldi -. La nostra città ha conosciuto una crescita legata al turismo dopo il 2015, non a caso l’anno in cui si è svolto Expo a Milano. Il nodo di questo sviluppo è stato senza dubbio l’aeroporto di Orio al Serio: atterri e vedi la città alta, come puoi pensare di non farti un giro? Expo è stato il volano che ha portato i turisti internazionali. La permanenza di queste persone non era così lenta, ma per Bergamo dopo il Covid ci sarà questa sfida: tenere i turisti sul proprio territorio per più giorni”.

“Il nome della nostra città è circolato, purtroppo, in tutto il mondo a causa del Coronavirus. Così come Wuhan, che oggi sta vivendo una nuova vita con la ripartenza che è segnata anche dal turismo enogastronomico. Questa città – spiega la docente – sta sfruttando la triste fama che si è fatta nel 2020: perché anche Bergamo non dovrebbe provare a farlo? Il nostro territorio negli ultimi anni è stato parecchio valorizzato grazie ai suoi prodotti e alla sua cucina. L’essere diventata Città Creativa Unesco per la Gastronomia è un biglietto da visita fondamentale, tanta gente nel mondo si muove alla scoperta di queste realtà. E poi noi abbiamo così tante ricchezze che corriamo il rischio che molti bergamaschi non le conoscano tutte”.

Ma quante possibilità ci sono che la cucina italiana dicenti patrimonio Unesco? “Secondo me tante – risponde Garibaldi -, questo è un patrimonio meraviglioso e talmente ricco che deve essere inserito in quella lista. Tempistiche? Ora è presto: abbiamo lanciato la candidatura e stiamo preparando il dossier. Poi il processo sarà lungo. Ma c’è ottimismo”.

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