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L'intervista

“Adulti non allineati ai bisogni dei ragazzi: il Covid ha smascherato le contraddizioni educative”

Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta che presiede la Fondazione Minotauro, spiega le difficoltà della sfida educativa in tempo di pandemia: "Docenti e genitori non riescono a essere autorevoli agli occhi dei ragazzi: questo crea disagio che, più che alla ribellione, li spinge sempre più all'autolesionismo".

“Il vero problema? Non è il ritorno a scuola, ma quale scuola gli studenti troveranno al loro rientro: bambini e adolescenti sono spariti da tempo dalle agende dei politici e la didattica a distanza avrà delle conseguenze”: ne è certo Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta alla guida della Fondazione Minotauro di Milano, che venerdì sera è stata protagonista di un incontro online organizzato al Liceo Linguistico Giovanni Falcone di Bergamo.

Nell’ambito di un percorso articolato che il liceo ha dedicato alla comunità scolastica per costruire punti di riferimento nello spaesamento causato dalla pandemia, Lancini ha affrontato in particolare il tema della funzione educativa di docenti e genitori in un periodo complicatissimo come quello di convivenza con il virus.

“La pandemia ha smascherato una volta per tutte le troppe contraddizioni che da tempo caratterizzano i modelli educativi – evidenzia Lancini – Siamo di fronte a un’emergenza educativa, con adulti talmente fragili da non capire che la vera autorevolezza del loro ruolo è la capacità di identificarsi nelle necessità degli adolescenti. Genitori e insegnanti si sono trovati di fronte a tante difficoltà, di certo non create dai ragazzi: quelli di oggi non sono oppositivi nè trasgressivi. I movimenti di protesta che abbiamo visto queste settimane sono molto educati, sempre con la mascherina: diciamo che gli unici a non aver creato problemi sono stati loro. Ricordate a inizio pandemia? Qualcuno ha provato ad addossargli la colpa, dicendogli anche di fregarsene del virus e della sua diffusione, di ribellarsi anche a discapito dei nonni, che ‘tanto sono vecchi’. Ma queste sono generazioni legatissime ai nonni, hanno pianto le loro morti. A questi ragazzi abbiamo chiuso la scuola, ma si sono comportati in modo più che adeguato”.

Ma quali sono le contraddizioni dei metodi educativi? 

Il problema, secondo Lancini, è che non sono stati in grado di adeguarsi alla velocità del nostro tempo, rimanendo legati alla vecchia concezione secondo la quale “l’autorevolezza si misura con l’imposizione ai ragazzi di spegnere il telefonino e internet e di mettersi a studiare, nello stesso momento in cui tutto il mondo utilizza la rete. L’adulto davvero autorevole, invece, è quello in grado di comprendere che non si può più infantilizzare l’adolescente dopo avergli fatto vivere un’infanzia adultizzata. Chiediamo ai bambini di fare tantissime esperienze da piccoli, di crescere da soli: poi quando arriva l’adolescenza li trattiamo in modo infantile. Una contraddizione che ha portato molti ragazzi a identificarsi nelle sofferenze degli adulti, che attaccano sempre più loro stessi più che gli altri. La vera emergenza è il ritiro sociale: quando gli abbiamo chiesto di chiudersi in casa per la pandemia abbiamo aggravato questo aspetto”.

Rimangono in voga, dunque, diversi stereotipi sull’adolescenza e sull’uso di internet “che non sono la causa dell’attuale ritiro sociale, perchè cortili e giardini glieli avevamo chiusi già molto prima della pandemia. Purtroppo gli adulti faticano a prendersi carico delle contraddizioni della società che abbiamo creato e succede che questi dubbi vengano riversati sui ragazzi. Assurdo che in un momento in cui tutti utilizzano internet a dismisura si chieda agli adolescenti di limitarne l’uso: così gli adulti hanno perso credibilità e gli adolescenti non ne riconoscono l’autorevolezza, anche senza contestarli apertamente. Quello di cui abbiamo bisogno sono adulti che organizzino dispositivi educativi che orientino il futuro dei ragazzi”. 

Come ri-avere adulti autorevoli? Lancini indica un’unica via: “Essere un adulto autorevole significa farsi carico di chi sono i ragazzi oggi. Quando un adulto riesce a identificarsi con i ragazzi, comprendendone i bisogni e ammettendo di essere responsabile del caos attuale, avrà la forza di farsi seguire senza sottomissioni per sempre: il ragazzo in quel modo vedrà l’adulto come una persona competente, allineata alle loro ragioni. Ed è un percorso che va fatto, perchè se non saremo in grado di essere autorevoli ai loro occhi, non solo i ragazzi non si arrabbieranno, ma aumenteremo anche il loro disagio che, sempre più spesso, li porta ad autolesionarsi. Li abbiamo fatti crescere in una società competitiva e popolare, dove basta avere ‘like’ per essere qualcuno. Non sono un prodotto degli adolescenti, così come non lo sono la diffusione dei social e dei videogiochi. Abbiamo ragazzi più esperti di relazioni, che crescono con elevati standard di popolarità, ma narcisisticamente più fragili”. 

Ed è proprio l’aspetto relazionale della scuola, con i pari età o con gli insegnanti, ciò che manca maggiormente ai ragazzi: “Non è la materia, la scuola non è più l’unico luogo di apprendimento – continua Lancini – Questa è la visione che deve governare il futuro. Gli adulti, siano docenti o genitori, in questo momento sono spaesati. Ne sono consapevoli? Tutti sappiamo che è un momento di grande incertezza, i più consapevoli invece sanno che educare oggi significa saper educare al fallimento, senza trattare gli adolescenti solo come i trasgressivi che non sono più. Abbiamo mutato, sia a scuola che in famiglia, i modelli educativi dell’infanzia ma stiamo facendo fatica ad adattare un modello educativo alla nuova adolescenza. La contraddizione è evidente: adultizziamo i bambini, infantilizziamo gli adolescenti. I bambini sono espressivi, ormai si scelgono gli amici  e i genitori basano le loro frequentazioni su queste relazioni, al contrario di quanto succedeva in passato. Ci piacciono virtualizzati, hanno il cellulare e a 6 anni gli facciamo intendere che si possono vestire da 17enni. Poi nell’adolescenza cambiamo completamente: gli diciamo di spegnere il cellulare, li trattiamo come esagerati. Questa confusione può destabilizzare, ancora di più in questo periodo”.

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