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L'intervista

La bergamasca Giulia Manzini: “Io, su Canale5, recito nella serie Made in Italy”

L’attrice bergamasca Giulia Manzini esprime soddisfazione ed entusiasmo per essere parte del cast della fiction Mediaset in onda in prima serata il mercoledì fino al 3 febbraio

“Provo molta gratitudine per aver fatto parte di un progetto così interessante e che parla di un pezzo della nostra storia che ci rende riconosciuti in tutto il mondo”. Così l’attrice bergamasca Giulia Manzini esprime soddisfazione ed entusiasmo per essere parte del cast della fiction “Made in Italy”, in onda in queste settimane su Canale5.

La serie, che ha debuttato sulla rete ammiraglia Mediaset lo scorso 13 gennaio, prevede in totale quattro puntate in prima serata il mercoledì, fino al 3 febbraio. La trama racconta la nascita della grande moda italiana nella Milano degli anni Settanta, narrandola attraverso la storia di Irene, una giovane giornalista che arriverà lontano. Armani, Valentino, Krizia, Versace, Missoni, Albini, Fiorucci, Curiel, Ferrè e tanti altri: grandi creativi celebrati in tutto il mondo e divenuti il simbolo del Made in Italy. Ognuno a suo modo ha segnato quell’epoca, ognuno è parte di un grande affresco al di là delle singole biografie.

Giulia Manzini veste i panni di Silvana, la segretaria centralinista della redazione di “Appeal”, quindi interagisce ed è a stretto contatto con tutti i protagonisti: l’abbiamo intervistata per saperne di più.

Come si è trovata sul set?

Benissimo. Una delle cose affascinanti per me è stato proprio girare le varie scene nella redazione di “Appeal” che è stata costruita da zero. La prima volta che sono entrata è stato come aprire una porta su un passaggio temporale: la cura dei dettagli è incredibile, e potete vederla sullo schermo. Per quasi un mese quello è stato il mio ufficio sia come Silvana, sia come Giulia. E il legame che si è creato con gli altri attori e le maestranze sul set è stato proprio come quello di un gruppo di colleghi che si ritrovano tutti i giorni nello stesso ufficio.

E cosa le ha lasciato questa esperienza?

Gratitudine. Gratitudine per aver fatto parte di un progetto così interessante e che parla di un pezzo della nostra storia, pezzo per il quale siamo riconosciuti in tutto il modo: il Made in Italy. La serie infatti sta avendo un grande successo anche all’estero e questo ci riempie ci orgoglio.

Dopo “Made in Italy” le piacerebbe tornare a recitare in altre fiction?

Assolutamente sì. Non ho una preferenza per il teatro o il cinema o la televisione. Penso che un attore si possa e debba sperimentare a tutto tondo: ogni linguaggio ha le sue regole e le sue particolarità e sapersi muovere fra i diversi ambienti ci arricchisce.
E poi innanzitutto speriamo in una seconda stagione di “Made in Italy”

Ci sono progetti per il prossimo futuro che può segnalarci?

Al momento molte attività, soprattutto quelle ovviamente legate allo spettacolo dal vivo, sono ferme. Ma noi cerchiamo comunque di trovare delle soluzioni.
Intanto vi posso segnalare che dal 24 febbraio terrò un corso di dizione e lettura espressiva online, per scoprire e padroneggiare tutte le potenzialità della nostra voce. Per chi fosse interessato, può scrivere una mail a timidiribelli@pandemoniumteatro.org
Inoltre ho appena collaborato con la Fondazione Creberg per un lavoro di speakeraggio per “Invito a Palazzo Creberg” e stiamo portando avanti un’altra collaborazione che vedrete (e sentirete!) prossimamente.

Per concludere, la cultura e lo spettacolo, il teatro e il cinema stanno soffrendo molto in questo periodo segnato dalle restrizioni per la pandemia da Covid. Come vede il presente e il prossimo futuro di questi settori strategici per la nostra società?

La situazione è davvero difficile, siamo fra quelli che hanno chiuso per primi e riaperto per ultimi nella prima ondata, e ora neanche si parla di possibili riaperture.
Quello che è stato portato in superficie è che questo settore ha bisogno di essere riconosciuto: ancora troppe volte si pensa ai lavori artistici come non-lavori. Non è un passatempo, non è un dopo-lavoro: siamo tanti, davvero tanti professionisti che vivono di questo, con passione, competenza e anni di studio, gavetta e sacrifici.
Posso solo auspicare che dal momento di crisi si esca anche con una visione più chiara e una nuova consapevolezza.

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