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Sènt che göst

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Consorzi di tutela in Val Taleggio, impegno e collaborazione dal 1934

Ne abbiamo parlato con Arrigo Arrigoni, ex sindaco di Vedeseta, studioso e divulgatore di storia della Val Taleggio

Alla base di un Consorzio di Tutela c’è il valore della collaborazione, l’intelligenza e la perseveranza di piccoli e grandi imprenditori, che hanno compreso quanto sia importante modificare le proprie intenzioni e i propri comportamenti per difendere e valorizzare i prodotti significativi e fondamentali per un territorio.

In Val Taleggio nel 1934 e nel 2002 si è assistito alla nascita di due consorzi aventi come obiettivo la valorizzazione di due formaggi iconici della valle: il Consorzio produttori stracchini di Taleggio e il Consorzio tutela dello Strachitunt Valtaleggio. Se di quest’ultimo sentiamo molto parlare, del primo forse non abbiamo memoria. È comunque importante ricordare questa iniziativa che si è conclusa negli anni ’50, che oggi possiamo dire aver rappresentato un’anticipazione del Consorzio per la tutela dello Strachítunt, grazie al quale negli anni Duemila è stato ottenuto il riconoscimento della DOP che ha consentito a questo prodotto di rappresentare un importante tassello per l’economia della valle.

Grazie alle competenze di Arrigo Arrigoni, ex sindaco di Vedeseta, studioso e divulgatore di storia della Val Taleggio, possiamo ricostruire la storia del poco conosciuto Consorzio produttori stracchini di Taleggio.

Arrigo, nel volume Val Taleggio, racconta che “dopo un periodo di difficoltà negli anni dell’immediato primo dopoguerra, prodotti locali quali lo Strachítunt e in particolare gli stracchini, sono tornati ad essere ricercati sul mercato e, di conseguenza, fortemente imitati da altre aree di produzione”.

In risposta al rischio di imitazioni, si è sviluppata la volontà di difendere immagine e valore dello stracchino della Val Taleggio, che ha spinto un nutrito gruppo di allevatori della valle a costituire, in data 2 dicembre 1934, il Consorzio produttori stracchini di Taleggio.

Arrigo scrive: “Quella del Consorzio produttori stracchini di Taleggio è stata un’iniziativa a cui hanno inizialmente creduto in molti visto che l’atto del Notaio Leidi ci tramanda nome e cognome di ben 34 soci ‘tutti agricoltori’, Con ogni probabilità per lo più piccoli bergamini, 17 di Vedeseta e 17 di Taleggio”. Strettamente connesso al contesto della valle, come si rileva dalla distribuzione dei soci, anche la sede viene fissata in Taleggio, mentre la base operativa in Vedeseta.

Lo Statuto poneva come scopo del Consorzio quello di migliorare, valorizzare e difendere il prodotto stracchino della Val Taleggio dalla concorrenza e più precisamente di organizzarsi ed ottenere tutti quei provvedimenti atti alla difesa sia sul mercato italiano come sul mercato estero. Inoltre veniva specificato che il Consorzio mirava a far eseguire una razionale lavorazione dello stracchino di Taleggio prodotto dai Soci domiciliati in tutte le zone della valle, perfezionando la tecnica della lavorazione del latte in modo di ottenere un prodotto sempre migliore. I soci ammessi potevano essere tutti i possessori di bovine lattifere e produttori di stracchino, domiciliati solo nel territorio dei Comuni di Taleggio e Vedeseta. Nello Statuto si poneva anche importanza all’alimentazione delle vacche, considerando la qualità del foraggio, necessaria alla garanzia di qualità del prodotto, oltre che della riconoscibilità del sapore e dell’aroma tipico dello Stracchino di Taleggio. Inoltre si specificava l’obbligo del conferimento, da parte di ciascun socio, dell’intera produzione fatta salva quella di consumo famigliare.

Arrigo sottolinea: “Indubbiamente un’iniziativa cooperativistica coraggiosa e lungimirante, piuttosto insolita per le inclinazioni individualistiche solitamente attribuite alla gente di montagna, ma non così rara se si pensa ai secolari godimenti collettivi di boschi e pascoli comunali. E inoltre è importante ricordare la presenza, a fine Ottocento, di una Cassa rurale a Pizzino e in altri paesi.”
Con dispiacere Arrigo ci racconta che questa iniziativa ebbe fine nei primi anni Cinquanta, dopo una vita breve e abbastanza travagliata.

Nei decenni successivi la produzione del Taleggio ha avuto uno sviluppo più ampio, spandendo l’areale di produzione non limitatamente al territorio della piccola vallata brembana, e adeguando i criteri di produzione alle nuove pervasive normative igienico sanitarie italiane e europee. Allo Stracchino all’antica della Val Taleggio, in anni recenti, si è aperta la strada del presidio Slow Food.

Dopo decenni di crisi e di contrazione anche del comparto agricolo-caseario dovuto anche al grave spopolamento della montagna lo spirito e l’animo collaborativo che la popolazione della valle aveva messo in campo nel lontano 1934 è ritornato faticosamente a farsi strada, dapprima dando vita negli anni Ottanta a una impresa cooperativistica, la Cooperativa Agricola Sant’Antonio, dotata di caseificio proprio per la lavorazione del latte dei soci e sfociando nell’istituzione del Consorzio dello Strachítunt nei primi anni Duemila, concretizzando così il sogno di allevatori, produttori e stagionatori della valle di vedere riscoperto, tutelato e valorizzato un prodotto locale che è diventato simbolo del territorio.

Arrigo Arrigoni conclude: “L’unione di questi produttori della zona ha fatto sì che si mettesse un grande freno alla decadenza di un comparto fondamentale nella lunga storia della valle e che nel nome di un prodotto e, soprattutto, nel nome di una terra si riprendesse, insieme, a guardare con speranza al futuro”.

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