È mancata la scintilla. E anche un po’ di furbizia, perché tutte le grandi prima o poi vincono senza strafare, con una giocata che decide la partita. Ma l’Atalanta non ha queste abitudini, non è proprio nelle sue corde e se non segna tre gol (con due di scarto) non vince, non ce la può fare: uno 0-0 in casa è una rarità, l’ultimo addirittura quasi due anni fa, con l’Empoli il 15 aprile 2019. Anzi, se non fa gol perde, come è successo col Verona (0-2) il 28 novembre scorso.
Da allora, una striscia di otto risultati utili, comunque una serie bella e molto preziosa per restare lì vicini alle prime, se non proprio agganciati. Certo il pareggio suona come una mezza delusione, ma il calcio è questo e non sempre la qualità migliore viene premiata dal risultato, o fare 15 tiri contro 6 è sufficiente per vincere.
Ricordate? L’unico 0-0 finora, sul campo dello Spezia, senza Muriel e però c’era Gomez e poi via via in campo tutti gli altri attaccanti.
Gasperini l’altra settimana aveva fatto una previsione/auspicio: “Dovremo imparare anche a vincere di misura, qualche volta”.
Infatti, col Genoa poteva essere l’occasione buona e non si può dire che l’Atalanta paghi la stanchezza, perchè il secondo tempo è un assedio alla porta di Perin e sicuramente sono i nerazzurri ad avere più gambe, ma vanno a sbattere contro un muro e al massimo colpiscono il palo con Hateboer.
Per dire: se non riesci a passare in nessun modo, puoi provarci magari su rigore? Ma tra le prime della Serie A l’Atalanta è… ultima con appena 2 rigori a favore (2 segnati), contro gli 11 del Milan (8), i 5 di Juve (4) e Roma (5), i 4 di Inter e Lazio (3) o i 3 del Napoli (3 segnati).
Servirebbe forse un po’ più di furbizia, visto che anche col Genoa chiuso nella propria area prima Miranchuk e poi Lammers hanno protestato per due mezzi rigori, ma a quanto pare non erano occasioni così clamorose per chiamare in causa il Var. Mentre Gasperini si è poi fatto sentire con l’arbitro per le continue perdite di tempo dei genoani, che hanno cercato di spezzare il gioco e ci sono riusciti.
L’Atalanta ha un po’ buttato via un tempo, il primo, anche perché le contromisure di Ballardini hanno avuto ragione, con Ilicic spesso raddoppiato o triplicato dalle attenzioni di Strootman (valore aggiunto per i rossoblù), di Criscito e anche dell’ex atalantino Czyborra e un po’ maltrattato fin dai primi minuti.
D’altra parte gli avversari se vogliono fermare la Dea devono spegnerle l’interruttore, chi illumina il gioco e inventa assist e gol. Josip non trova nemmeno grande collaborazione in Malinovskyi e Zapata, in serata poco brillante e non incisivi come altre volte. Muriel e Miranchuk fanno un po’ meglio e arrivano a sfiorare il gol, come lo stesso Lammers in meno di dieci minuti.
Ci provano un po’ tutti, anche i difensori generosissimi, con Djimsiti che fa quasi il centravanti o i centrocampisti con De Roon che gioca una quantità infinita di palloni.
Il secondo tempo è amaro, perché manca il gol.
Però l’Atalanta c’è e da lì si può ripartire, con tutte quelle energie che saranno fondamentali a Udine (dove sarà un’altra battaglia, contro avversari da difesa e contropiede) e sabato a San Siro col Milan.
La Dea ne ha spese tante e obiettivamente non è scontato che si vincano tre partite in una settimana e potevano essere cinque in questo mese, Coppa Italia compresa: dal 5-1 sul Sassuolo del 3 gennaio, poi il 3-0 sul Parma e il 4-1 a Benevento fino al 3-1 col Cagliari in Coppa.
Una frenata ci sta, è normale, per un’Atalanta che in 17 partite, a quota 32, viaggia sempre alla grande, con un punto più dello scorso anno.
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