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Il 1976 degli sceneggiati si snoda tra “Paganini” e “Dimenticare Lisa”

Ma anche "Michele Strogoff" che si presenta come gli spaghetti-western dell'epoca, con inseguimenti a cavallo, sparatorie, lotte tra Russi e Tartari come se fossero cowboy e Pellirosse, con una sceneggiatura dal taglio straordinariamente "fumettistico"

Il 4 e l’11 aprile 1976 viene trasmesso lo sceneggiato “Majakovskij”, diretto da Alberto Negrin e dedicato alla vita di Vladimir Vladimirovič Majakovskij, eclettico poeta e drammaturgo russo, massimo esponente del futurismo e cantore della rivoluzione del 1917. Attraverso la sua biografia, gli sceneggiatori, (Giuseppe D’Avino e Lucio Mandarà) e il regista delineano un vasto affresco storico, in cui le tensioni rivoluzionarie, artistiche e politiche del periodo si intrecciano all’appassionata storia d’amore tra il poeta (Tito Schirinzi) e Lilla (Piera Degli Esposti), moglie dell’amico Osip Brick (Luciano Virgilio), la quale, senza negare il proprio affetto allo scrittore, decide di restare legata al marito. Altri interpreti: Agla Marsili, Paola Tanziani e Carlo Enrici.

Il 18 aprile va in onda la prima delle 4 puntate di “Camilla“, sceneggiato tratto dal romanzo: “Un inverno freddissimo” di Fausta Cialente. La vicenda, ambientata a Milano nel dopoguerra, narra di Camilla che vive insieme ai suoi tre figli: Alba, Guido e Lalla, tutti con un’età compresa tra i 17 e i 20 anni, e con due nipoti nella vecchia cascina di campagna dei nonni. Il marito l’ha abbandonata quando, sorpreso in Francia dalla guerra, si è poi costruito un’altra famiglia lì. Finita la guerra tutti tornano a Milano. Camilla e il partigiano Nicola trovano e restaurano una vecchia soffitta milanese semi distrutta. Più di Nicola, ferito in guerra, ad aiutarla trova un “vicino di soffitta”, un italiano nato in Egitto, e arrivato in Italia al seguito degli inglesi come interprete al comando militare alleato. Grazie a lui si procura permessi e provviste. Poi c’è anche una sbandata, ex amante di un potente gerarca, che Camilla prende sotto la sua ala protettrice. Tra diverse difficoltà la donna si occupa del benessere dell’intera famiglia che grava tutta sulle sue spalle, finché i figli non diventano grandi…

Regia di Sandro Bolchi. Sceneggiatura di Tullio Pinelli. Con: Giulietta Masina (Camilla), Antonio Fattorini (Nicola), Paolo Turco (Guido), Jenny Tamburi (Alba), Maria Grazia Grassini (Milena), Isa Miranda (la madre di Camilla), Giancarlo Dettori (Enzo), Maria Teresa Martino (Lalla), Roberta Paladini (Regina), Rita Savagnone (Marisa).

Il figlio di due madri” regia di Ottavio Spadaro, è uno sceneggiato, in due puntate, tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Bontempelli, pubblicato nel 1929 e intriso da quel “realismo magico” tanto caro all’autore. Vi si affronta, con delicatezza, il tema della reincarnazione attraverso la contrapposizione tra la vera madre e quella presunta, due donne che dovrebbero essere nemiche ma che si ritrovano unite dal dolore e dalla reciproca compassione. Anche se la trasposizione televisiva non è fedele all’opera di Bontempelli, a dare allo sceneggiato un tocco di classe è la vera e propria gara di bravura che vede impegnate due grandi attrici, Giulia Lazzarini e Anna Maria Guarnieri.

Trama: Il giorno del suo compleanno il bambino Mario Parigi sta giocando a Villa Borghese quando all’improvviso sembra smarrirsi. Quando la madre Arianna (Giulia Lazzarini) lo raggiunge al parco, Mario dice di chiamarsi Alessio e di volere essere accompagnato dalla sua vera mamma in Viale Muro Nuovo, nel quartiere romano di Trastevere. Lo trascinano, invece, a casa, dove, in seguito ad un attacco di convulsioni, il bambino sviene. Secondo il medico di famiglia, si è trattato di una sorta di allucinazione che ritiene superata quando vede il bambino addormentarsi. Ma la mattina dopo Mario sostiene ancora di chiamarsi Alessio e Arianna lo accompagna nella casa di Luciana Stimer (Anna Maria Guarnieri) dove Mario dice di abitare…

Era dal gennaio 1973, quando fu trasmesso “Lungo il fiume e sull’acqua”, che la RAI non attingeva alle opere del prolifico autore inglese Francis Durbridge, dalle cui opere erano tratti molti sceneggiati di successo come quello appena menzionato. I suoi fan italiani avrebbero presto avuto la possibilità di godersi un’ultima sua storia di ambientazione inglese quando, improvvisamente quasi senza farsi annunciare, sul finire di settembre, approdava sugli schermi di Rete 2, l’ex Secondo Programma, “A casa, una sera“, tratto da un’opera teatrale, il cui titolo originale era “Suddenly At Home“, il primo lavoro di questo genere realizzato da Durbridge nel 1971 e andato in scena con grande successo fin da quell’anno, prima al Royal Theatre di Windsor, e successivamente al Fortune Theatre di Londra.

A casa, una sera”, diretto da Mario Landi (regista di tutti i Maigret con Gino Cervi), con la traduzione dell’immancabile Franca Cancogni e l’adattamento televisivo dello stesso Landi, era una versione piuttosto fedele dello spettacolo da cui era tratta, la cui impostazione teatrale, tutta giocata in interni, permise di mantenere l’ambientazione originale inglese, pur girando l’intera vicenda negli studi RAI di Torino. Trasmessa in due serate consecutive, giovedì 23 e venerdì 24 settembre, raccontava una storia abbastanza diversa da quelle a cui Durbridge ci aveva abituato. Nessun misterioso assassino da smascherare, nessun complotto a base di bande criminali di ricattatori o spie, ma solo un complicato piano uxoricida esplorato nel suo divenire. Insomma, la più classica delle situazioni da “intrigo in famiglia”, più nello spirito di un Hitchcock o di una Christie che non del nostro Durbridge. La trama, infatti, racconta dei coniugi Maggie e Glenn e dei loro disaccordi. Maggie è ricca, ma per ottenere l’eredità del padre ha dovuto rinunciare a sposare Sam, uno scrittore di gialli di scarso successo, per convolare a nozze con Glenn, che ha un lavoro più “rispettabile” del rivale, ma che non lo rende ricco come la moglie. Glenn si consola con l’amante, Sheila, attrice e amica (si fa per dire) di Maggie. Poi escogita un delitto “perfetto” per liberarsi dell’odiata moglie, ma una serie di imprevisti gli scombussolano i piani costringendolo a improvvisare. Con Enrica Bonaccorti (Maggie), Grazia Maria Spina (Helen), Norma Jordan (Ruth), Gianpiero Bianchi (Sam), Lia Tanzi (Sheila), Nino Castelnuovo (Glenn), Tonino Bertorelli (Ispettore Happleton).

michele strogoff

Domenica 26 settembre, sulla Rete 1, va in onda la prima delle 5 puntate di: “Michele Strogoff” tratto dal romanzo omonimo del 1876 di Jules Verne. Regia di Jeanne-Pierre Decourt. Co-produzione francese, tedesca, austriaca, svizzera, ungherese, belga e italiana. Con: Raimund Harmstorf (Michele Strogoff), Lorenza Guerrieri (Nadja Fedorova), Valerio Popesco (Ivan Ogareff), Rada Rassimov (Sangarre), Jozsef Madaras (Feofar Khan), Pierre Vernier (Alcide Jolivet), Vernon Dobtcheff (Harry Blount), Teri Horvath (Marfa Strogoff), Tibor Kenderesi (Vassili Fedor), Tibor Molnar (Nikolaj Pigasov), Karoly Mecs (Dimitri), Ferenc Baracsi (Voranzoff).

1875, nella Russia dello Zar Alessandro II, i Tartari della Siberia, guidati da Feofar Khan, sono in rivolta; un ufficiale rinnegato, Ivan Ogareff, vuole unirsi alle tribù tartare. Bisogna informare il fratello di Alessandro, Dimitri, rifugiato a Irkutsk. Ma il telegrafo è stato sabotato, l’unica soluzione è quella di inviare un corriere: Michele Strogoff si mette subito in azione. Durante il viaggio incontra Nadja, anche lei diretta a Irkutsk per incontrare il padre, e le chiede di viaggiare insieme, fingendosi marito e moglie.

Lo sceneggiato si presenta come gli spaghetti-western dell’epoca, con inseguimenti a cavallo, sparatorie, lotte tra Russi e Tartari come se fossero cowboy e Pellirosse, con una sceneggiatura dal taglio straordinariamente “fumettistico”, tanto da renderlo, appunto per questo, avvincente e attraente. Purtroppo, quest’opera ha sulle spalle la “maledizione” di molti altri sceneggiati della RAI che giacciono da anni nei suoi archivi e chissà quando vedrà di nuovo la luce.

Intanto, mentre gli spettatori italiani, appassionati del giallo e di Durbridge in particolare, si erano gustati l’atteso antipasto di “A casa, una sera”, il piatto forte, un nuovo sceneggiato terminava le riprese, passava alla fase di montaggio e post-produzione, pronto ad apparire sul Programma Nazionale. E il Radiocorriere TV ne dava conferma nel suo numero dei primi di ottobre. Il titolo sarebbe stato “Dimenticare Lisa“, invece de “La bambola“, come precedentemente annunciato. Molto riscritto e manipolato rispetto all’originale (la miniserie inglese “The Doll”), non si trattò del solito giallo con la meccanica ricerca dell’assassino di turno, bensì di una storia criminosa di stampo contemporaneo in cui le spiegazioni e le responsabilità non sono così facili da scoprirsi e da misurarsi fino in fondo. Tutto molto in tema con il nuovo modo di interpretare il racconto poliziesco.

Peter Goodrich, antiquario inglese, giunto a Napoli per una visita al fratello musicista Claude, confida a quest’ultimo di aver di recente conosciuto la bella Lisa Carter e di essere rimasto incantato dalla donna; l’incontro è stato assolutamente casuale, durante un viaggio aereo. In seguito, Peter apprende da un amico giornalista che Lisa Carter è una vedova, moglie di un celebre giornalista americano, annegato dopo essersi lanciato in mare dal suo yacht, proprio nei pressi della città partenopea. Qualche giorno dopo Peter incontra a Napoli proprio Lisa, che gli rivela alcuni importanti fatti della sua vita: la notte della morte del marito, lei si trovava nello yacht insieme a lui e, solo poche ore prima, i due avevano avuto una animata discussione a causa dello smarrimento di una rarissima bambola, appartenente ad una collezione del consorte, da sempre appassionato a questo tipo di giocattolo.

Dopo una serie di serate passate insieme, Lisa chiede in prestito l’auto a Peter: deve raggiungere sir Arnold Wyatt, avvocato inglese amico del marito, al fine di disbrigare alcune pratiche. Da quel momento, però, Lisa scompare. L’auto viene trovata alla periferia della città con un piccolo messaggio riportante l’indirizzo di Peter e, dal canto suo, sir Arnold afferma di non conoscere né aver mai avuto appuntamento con tale Lisa Carter. Alcuni giorni dopo Nancy, una cara amica di Lisa, viene ritrovata annegata in un fiume. Nella tasca del suo vestito vi sono le chiavi della macchina di Peter e, nel bagno di casa sua, viene ritrovata una bambola che galleggia in una vasca piena d’acqua.

Con Ugo Pagliai (Peter Goodrich), Marilù Tolo (Lisa Carter), Yanti Somer (Greta), Carlo Enrici (Claude Goodrich), Daniela Guzzi (Sarah), Paola Gassman (Maddalena), Franco Angrisano (meccanico), Luciano Melani (Max Finney), Margherita Sestito (Maria). Diretto da Salvatore Nocita, su sceneggiatura di Franca Cancogni, è andato in onda al 23 ottobre.

dimenticare lisa ugo pagliai

Dopo un lungo lavoro di ricerca, fra archivi e documenti durato più di due anni, Brando Giordani con la collaborazione di Leonardo Sciascia, ha ripercorso la storia della mafia dal 1575 al 1875; poi tutto il materiale raccolto è stato tradotto in cinque sceneggiati che compongono “Alle origini della mafia”. Nelle diverse puntate, in onda dal 19 novembre, vengono passati in rassegna infamie, delitti, soprusi, ricatti in nome dell’omertà, ma anche aiuti e speranze da parte dello Stato, per le popolazioni meno abbienti. I cinque racconti, ognuno con una propria costruzione autonoma, hanno un cast di caratura internazionale: “Gli Antenati” con Joseph Cotten, Renato Salvatori, Maria D’Incoronato, Claudio Volonté; “La Legge” con Mel Ferrer, Biagio Pelligra, Massimo Girotti, Laura Troschel; “Gli sciacalli” con Tony Musante, Fernando Rey, Leopoldo Trieste, Fausto Tozzi, Stefania Spugnini, Guido Alberti; “La speranza” con Trevor Howard, Massimo Serato, Tom Skerritt, Giancarlo Sbragia, Spiros Focas, Valeria Moriconi, Gianfranco Barra, Alessandro Haber; “Omertà” con James Mason, Tony Lo Bianco, Katharine Ross, Claudio Gora, Paolo Bonacelli, Renzo Montagnani, Luciano Catenacci e Amedeo Nazzari. La sceneggiatura è di Enzo Muzii, Brando Giordani e David Rintels. La regia di Enzo Muzii.

Paganini”. Regia di Dante Guardamagna. Scritto da Tommaso Chiaretti, Lucia Drudi Demby, Dante Guardamagna. Consulenza storico-musicale di Luigi Rognoni. Musiche di Paganini, Tartini, Pugnani, Rossini, Haydn, Berlioz, Offenbach. Interpreti: Tino Schirinzi (Paganini). Nicoletta Ramorino (madre di Paganini), Giacomo Piperno (padre di Paganini), Roberto Brivio (il sopranista Marchesini), Margherita Guzzinati (Elisa Bonaparte), Ottavio Fanfani (marchese Di Negro), Andrea Delli, Itala Calandra (Maria Luigia di Parma).

Luigi Rognoni era un importante musicologo e persona di vasta cultura, quindi lo sceneggiato va considerato molto attendibile sia pur nei limiti di una riduzione televisiva. Protagonista è Tino Schirinzi, un attore bravissimo e troppo dimenticato che a tratti ricorda Gianmaria Volonté. Schirinzi somiglia molto ai ritratti di Paganini, mentre è difficile trovare somiglianze fra i due bambini che lo interpretano nella prima puntata e l’uomo adulto (ma questo è un dettaglio del tutto secondario vista la bravura degli interpreti). Nel cast non ci sono attori famosi, ma tutti recitano molto bene e sono ben scelti in ogni ruolo. Il violino che si ascolta è quello di Salvatore Accardo, grande interprete paganiniano; vediamo spesso le sue mani ma non appare mai in figura intera. Tino Schirinzi riesce a essere credibile anche nei primi piani con il violino, mentre suona. Interessante è anche lo squarcio storico-politico, su cui la storia di tanto in tanto si affaccia, ma la gran parte del materiale narrativo si sofferma su vicende private del protagonista: personaggio ambiguo, tormentato, cinico e appassionato.

Gianni Amico è il regista, oltre che sceneggiatore con Enzo Ungari e Arnaldo Bagnasco de “Le cinque stagioni”, una storia ambientata in un ospizio. Cinque sono le stagioni meteorologiche ivi narrate: il film comincia che è inverno, con una lunga descrizione delle giornate vuote e inutili che gli anziani ospiti trascorrono nell’ospizio, c’è poi la primavera che racconta la gioia, l’energia, la vitalità ritrovate nel momento stesso in cui uno di loro ha avuto l’idea di partecipare a un concorso per il più bel presepe; l’estate è invece il resoconto della fatica che costa la costruzione del presepe, con tutto il suo carico di debolezze e scoramenti da parte degli anziani; poi l’autunno e ancora l’inverno con il gran finale della notte di Natale e la conclusione di tutte le storie private che si sono sviluppate parallelamente alla costruzione del presepe. E proprio perché questa favola di grande delicatezza espressiva potesse avverarsi fino in fondo, il regista sceglie vecchi attori di indiscussa professionalità: Tino Carraro, Gianni Santuccio, Tino Scotti, Elsa Merlini, Carlo Romano, Tiberio Murgia.

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