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La testimonianza

“Noi medici specializzandi ultimi per i vaccini, ma reclutati nei reparti più a rischio”

L'allarme di Bruno Barcella, specializzando bergamasco di 28 anni in Medicina d’emergenza-urgenza al Policlinico San Matteo di Pavia

Pare essere diventato obbligatorio farsi un selfie dopo aver ricevuto il vaccino anti Covid e pubblicarlo sui propri profili Facebook o Instagram. Ma dietro una moda social, c’è l’obbligo morale di fare informazione, di mostrare per immagini fortemente reali la verità contro le paure e i dubbi alimentati da giudizi falsi e comunicare attraverso una foto la gioia e il privilegio di poter ricevere un vaccino che sta già facendo la storia della medicina e dell’umanità.

Tra i più entusiasti, i giovani delle professioni sanitarie che, con grandi sorrisi dietro le mascherine, postano l’orgoglio di essere stati tra i primi ad essere vaccinati mostrando il cerotto post vaccinazione o il documento che certifica tutti vaccini ricevuti sin da piccoli: da quello per la pertosse e il morbillo all’ultimo contro il Covid.

Giovani da poco medici e infermieri e, anche, specializzandi: medici in formazione reclutati sin dalla prima ondata dell’emergenza sanitaria da Coronavirus. Anche per la seconda fase Regione Lombardia ha di nuovo chiesto aiuto agli specializzandi in medicina per affrontare la seconda ondata, in particolare per contact tracing (l’attività di ricerca e gestione dei contatti di un caso confermato Covid), supporto alla centrale operativa Areu e alle operazioni di vaccinazioni anti influenzali.

Un aiuto prezioso non ancora, tuttavia, adeguatamente riconosciuto e valorizzato dal punto di vista economico, sociale e formativo per cui ormai da mesi si sta combattendo a livello nazionale e regionale.

Esclusi dal bonus Covid destinato ai medici e in continua attesa che venga rispettata la promessa fatta dai vertici in Regione di diminuire le tasse universitarie, ora si trovano anche ad essere inseriti in fondo alla lista di alcuni ospedali d’Italia nella categoria degli operatori sanitari che ricevono il vaccino anti Covid.

Ne abbiamo parlato con Bruno Barcella, specializzando bergamasco di 28 anni in Medicina d’emergenza-urgenza al Policlinico San Matteo di Pavia.

Bruno, l’ associazione degli specializzandi “Chi si cura di te” continua a riportare i casi di ospedali italiani in cui gli specializzandi sono considerati medici di serie B per il vaccino anti Covid. Tu però l’hai ricevuto pochi giorni fa… 

Sì, perché il mio ospedale ha fatto la scelta di dare la precedenza prima di tutto a chi ha il sierologico negativo e a chi lavora nei reparti con tasso epidemiologico più alto, vale a dire pronto soccorso, terapia intensiva e malattie infettive. E io rispettavo questi “requisiti”.

Però, è una rarità… 

Sì, ogni ospedale è diverso: non c’è uniformità e ci sono trattamenti differenti. Alcune nazioni, all’interno della categoria del personale sanitario esposto al contagio, prevedono una priorità in base all’età: risulta, infatti, che i giovani abbiano sintomi più lievi. Ma in Italia l’ordine viene stabilito in base al tipo di rapporto contrattuale.

Eppure continuate ad essere reclutati per l’emergenza Covid

Sì, e questo non è giustificabile. Quando c’è stato bisogno di reclutare il personale per effettuare il vaccino, sono venuti subito a chiedere a noi, e in forma praticamente gratuita, all’interno della formazione professionale: quindi, succederà che alcuni specializzandi riceveranno per ultimi un vaccino che somministrano. In più, siamo tra i soggetti più esposti, perché, anche se siamo giovani, veniamo mandati spesso e volentieri nei reparti Covid. Eppure, molti ospedali continuano a discriminarci.

Secondo te come mai ci sono tante preoccupazioni attorno al vaccino?

Ci sono i naturali dubbi verso le novità e il poco tempo in cui è stato presentato. Ma credo che il vero problema siano le troppe notizie fake e le troppe voci che inquinano la verità scientifica.

Come ti sei sentito dopo la somministrazione?

Benissimo, solo un po’ di dolore al braccio, ma nessun effetto collaterale. Ora aspetto la seconda somministrazione. Sono convinto, felice ed orgoglioso della mia scelta. L’ho fatto per me stesso, per i miei cari e per la cittadinanza tutta. É un’azione e un dovere morale per far sì che tutti noi ritornino alla normalità. É un primo passo che tutti dobbiamo fare.

Hai un appello da fare?

Prima di tutto normalizzare la situazione degli specializzandi. Poi, non ascoltare tutte le notizie che arrivano o, meglio, saperle distinguere tra quelle scientificamente corrette e quelle non verificate: vorrei anche dire che i dati attorno alla sperimentazione del vaccino sono tutti pubblici e consultabili via web, invito quindi tutti a cercarli e ad informarsi. É lecito avere dubbi, basta cercare risposte da documenti riconosciuti, senza cercare siti e notizie non verificate. Vorrei, però, dire di restare comunque attenti: il vaccino non è un libera tutti, specialmente in attesa della seconda dose e nei giorni successivi che permettono la completa copertura. Bisogna comunque sempre rispettare la distanza e tenere la mascherina. Prima o poi ne usciremo: ma il vaccino è il primo passo.

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