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Categoria in ginocchio

Aprire per due giorni? Metà dei ristoratori rinuncia: “Sulla nostra pelle decisioni inaccettabili”

Il duro attacco del direttore di Ascom Bergamo, Oscar Fusini: “Dal Governo grande superficialità”

L’orizzonte delle certezze è davvero molto breve: l’Italia è zona gialla nelle giornate di giovedì 7 e venerdì 8 gennaio. Poi di nuovo zona arancione per il weekend. In attesa di un nuovo Dpcm, che verrà sicuramente preceduto dalle solite, innumerevoli voci/anticipazioni.

Tutto questo non fa che rendere ancor più dura la situazione del mondo della ristorazione, in balia degli eventi anche dopo le festività natalizie che non hanno portato il fatturato degli anni passati. Uno stop and go troppo difficile da gestire al punto che quasi la metà dei ristoratori bergamaschi ha deciso di non aprire nemmeno nei due giorni in cui per decreto potrebbe.

“Ormai è diventata una situazione paradossale – attacca il direttore di Ascom Bergamo Oscar Fusini -, qualcosa di inaccettabile. La categoria che rappresento è stanca di essere considerata l’ultima ruota del carro, e tutta questa situazione è figlia del pressapochismo, della superficialità di chi ci governa mai visti prima”.

“A bar e ristoranti sono stati chiesti sacrifici durante le feste per evitare assembramenti – continua Fusini -, poi questi assembramenti sono stati permessi nelle abitazioni private. Quello che manca è un orizzonte comune, un qualcosa di chiaro. Adesso rischiamo di diventare zona arancione, di veder di nuovo chiusi – fino a chissà quando – bar e ristoranti che nei mesi di apertura, tra giugno e ottobre, hanno invece dimostrato che da loro le norme di sicurezza si possono rispettare senza particolari problemi. Non è giusto, ricordiamoci che solo a Bergamo questo settore dà lavoro a più di 15mila persone”.

Oscar Fusini
Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo

Particolarmente arrabbiati dunque i ristoratori bergamaschi: “In questi mesi abbiamo accettato le regole imposte dal Governo – scrivono dall’associazione RistorantiBergamo -, abbiamo chiuso quando ci è stato imposto e ci siamo organizzati, con tutti i limiti del caso e le fatiche conseguenti, con il delivery e il take-away. Molte le limitazioni, le difficoltà economiche. I problemi non ci sono stati solo quando siamo rimasti chiusi, ma enormi sono state e sono tuttora le difficoltà oggettive nelle riaperture a singhiozzo proposte dai diversi decreti: dai problemi con il personale a quelli con i fornitori. Siamo gente che lavora sul campo, con ordini quotidiani, forniture fresche, una programmazione impossibile nei tempi dettati da decreti arrivati sempre all’ultimo e senza mai una logica uno dall’altro. Grande lo stress, lo sconcerto per decisioni arrivate purtroppo ogni volta in ritardo”.

“Nonostante questo – continua il comunicato -, abbiamo sempre rispettato tutte le norme, anche se nessuno ha mai provato a mettersi dalla nostra parte: ragionando come un ristoratore, pensando che il nostro settore ricade su altre numerose categorie. Dietro ognuno di noi, ci sono dipendenti, fornitori, servizi. Ci sono famiglie rimaste senza stipendio o in attesa di cassa integrazione. Grande la demoralizzazione: ci siamo sentiti gli ultimi, ci sentiamo gli ultimi. Ed è semplice capire il perché: noi, e solo noi, siamo quelli che restano sempre chiusi. Questo nonostante abbiamo sempre accettato tutte le regole imposte, abbiamo da subito investito nella sicurezza, nel distanziamento sociale. Ma non è bastato: noi restiamo gli ultimi, anzi gli invisibili, totalmente dimenticati”.

+++VI CHIEDIAMO DI LEGGERE E DI CONDIVIDERE E INOLTRARE+++

Attraverso i Social, come RistorantiBergamo vogliamo…

Pubblicato da RistorantiBergamo su Giovedì 7 gennaio 2021

“Le domande sono tante: perché i centri commerciali si riempiono? I negozi si aprono? Perché per i ristoratori non c’è mai alcuna alternativa mentre per le altre categorie si trovano soluzioni? I contagi sono aumentati mentre siamo stati chiusi, ma nessuno ne parla e noi continuiamo a restare senza lavoro. E poi ancora: se dobbiamo restare chiusi, perché per noi manca una programmazione fatta con logica? Perché avviare aperture di pochi giorni e poche ore, senza un’organizzazione che tenga conto di come un ristorante avvia un’attività dopo che ha fermato obbligatoriamente il lavoro per settimane? Questo significa non aver ragionato seriamente sulla nostra categoria, abbandonandola nella totale incertezza. RistorantiBergamo – spiegano ancora i ristoratori bergamaschi – ha sempre rispettato le normative, ha sempre messo in atto le misure di sicurezza richieste, lavorando con coscienza. Ora però ci sentiamo vessati e siamo stanchi. Senza polemiche, abbiamo deciso quindi di non stare più in silenzio, perché vogliamo esprimere e raccontare quello che stiamo vivendo, condividendo con voi le nostre riflessioni. Le pubblichiamo sui nostri Social perché vorremmo che questo messaggio sia condiviso, il più possibile: vi chiediamo di inoltrarlo, di ripostarlo e non solo per noi, ma anche per i nostri dipendenti le cui misure sociali previste sono inadeguate. Da novembre siamo senza stipendio: loro e noi tutti”.

“Cosa chiediamo? Di non essere considerati più come gli ultimi, gli invisibili. Accettando e rispettando le regole, eque e congrue per tutti, chiediamo di lavorare, di avviare una politica che permetta anche ai ristoratori corrette alternanze. Se così non succederà – concludono – la nostra categoria rischia di morire”.

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