“C’erano delle incongruenze nel racconto del figlio, siamo partiti da lì, dopo la verifica delle telecamere della zona che non hanno ripreso alcun rapinatore in fuga. Abbiamo compreso che l’omicidio si era consumato nel cortile di quella corte e l’assassino era lì”. Il tenente colonnello Davide Giannì ricostruisce le ore dell’indagine che hanno portato all’arresto di Francesco Colleoni, 34 anni, per aver ucciso il padre Franco di 68.
L’evento violento sarebbe sfociato dopo l’ennesima lite sulla gestione della trattoria “Al Carroccio” di Brembo di Dalmine, locale che si affaccia sulla corte dove si è consumato l’omicidio. E le parole dei dipendenti del ristorante, che hanno sottolineato le tante discussioni tra padre e figlio, avrebbero offerto uno spunto su cui indirizzare l’indagine.
Si dice che le prime 48 ore dopo un omicidio sono determinanti. Ogni minimo dettaglio è importante. È vero?
“Le dico che i miei carabinieri hanno iniziato a lavorare alle 8 di sabato mattina e hanno terminato domenica alle 14. Non hanno dormito, non hanno mangiato e con grande solerzia hanno raccolto tutti i dettagli del caso che servivano alla Procura di Bergamo. Sì, le prime ore dopo l’omicidio bisogna mantenere la massima concentrazione, non lasciare nulla al caso e considerare ogni minimo dettaglio. Un intervallo o una pausa rischiano di lasciare irrisolto un caso”.
Gli indizi che hanno spinto i carabinieri ad insistere sul figlio che lavorava con Franco Colleoni alla gestione del locale sono stati una serie di incongruenze sulla ricostruzione delle ultime ore, l’appartamento della vittima messo a soqquadro per depistare in modo goffo le indagini e l’assenza di persone in fuga nelle immagini delle telecamere passate al setaccio.
“Abbiamo così deciso di tenere con noi il figlio della vittima, lo abbiamo risentito più volte e ogni volta c’era qualcosa che non tornava. Fino a quando è crollato ed ha ammesso la colluttazione prima a mani nude e poi con delle pietre” aggiunge il tenente colonnello Davide Giannì. “Non c’è stato nessun pianto”.
A quel punto il 34enne è stato ascoltato anche dal pubblico ministero Fabrizio Gaverini che lo ha interrogato alla presenza dell’avvocato di famiglia: ha confermato la sua confessione e la dettagliata ricostruzione effettuata dai militari del Nucleo Investigativo e della Compagnia di Treviglio.
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