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La lettera

“Addio 2020, ti ricorderemo come l’anno dei matrimoni rimandati e delle feste sospese”

Matteo Zanini, scrittore bergamasco di Villa di Serio, ci ha regalato questa lettera che ha realizzato pensando ai dodici mesi che si stanno per chiudere

Matteo Zanini, scrittore bergamasco di Villa di Serio, ci ha regalato questa lettera che ha realizzato pensando all’anno che si sta per chiudere. Un 2020 che non dimenticheremo mai, che l’artista 30enne vuole salutare comunque con una carezza (non proprio tenerissima, ma ci mancherebbe) rappresentata dalle sue parole.

Ecco cosa ha scritto Zanini al 2020.

Caro 2020,
ho pensato parecchio a quello che avrei voluto dirti, giunto alla fine del tuo ciclo di vita. Sei stato un pensiero fisso di questi ultimi dodici mesi, l’abitudine che ha portato tutti noi tra le braccia del tuo addio. Come spesso accade, quando un nuovo anno si affaccia nelle penombre delle nostre aspettative, anche i tuoi mesi si portavano sulle spalle il carico nebbioso e luccicante dei domani. Su una cosa potremmo – anche in futuro – essere tutti concordi: ci hai davvero stupiti.
Avanzando con lentezza sei, paradossalmente, scivolato tra le nostre dita e nelle nostre settimane con una rapidità mai provata, spezzando ogni ritmo, tradizione, conforto; travolgendo ogni ambito, dimensione, rifugio; eludendo ogni perdono, concessione, vanità. Sei stato uno degli anni più veloci mai vissuti – quanto ha davvero senso usare questa parola? -, nemmeno il tempo di posare il calice del brindisi e già hai deciso di congedarti. In molti ne saranno felici. Personalmente, un pochino, lo sono anche io (più sollevato che felice, se proprio devo essere onesto). Se ci penso bene, tuttavia, sento più rammarico che sollievo.
Rammarico per il tempo che se n’è andato, per l’ingenuità smarrita, per ogni occasione persa per sempre.
Sento tristezza per ogni dolore sopraggiunto; per chi ha pianto e per chi non ha potuto farlo, per chi ha perso le forze, l’equilibrio, la speranza, un affetto, un complice, un’emozione. Sento rabbia per chi parla a sproposito, per chi non ha rispetto, per chi grida senza senso con una voce che – senza dubbio – altri avrebbero meritato di conservare. Sento smarrimento, per ogni direzione irrisolta, tutti i dubbi senza punto di domanda – perché ci vuole certezza di risposte, per essere abilitati a porne uno al termine di una frase.
2020: sarai un anno memorabile, questo è fuori discussione. Un anno immortale, nella tua coperta di abbandono.
Sarai il 2020 delle primavere sbocciate in silenzio, dei germogli aperti senza che nessuno potesse veramente osservarli. Sarai il 2020 dei sorrisi immaginati, nascosti dal turchese sterile delle mascherine. Sarai il 2020 dei miei trent’anni non celebrati, dei matrimoni rimandati, delle feste sospese – come i nostri cuori, come i nostri perché? in bilico. Sarai il 2020 di un arcobaleno mozzato, di cui abbiamo visto solo il giallo, l’arancione e il rosso. Sarai il 2020 delle sirene acute, che non ammaliano i marinai sprovveduti, ma legano le paure alle corse sfrenate delle ambulanze. Sarai il 2020 degli abbracci virtuali, dei rimandiamo a domani, delle tavole apparecchiate per uno. Sarai il 2020 dell’egoismo senza senso, dell’umano tramutato in bestia – dove le bestie si sono dimostrate, ancora una volta, più equilibrate della loro controparte bipede. Sarai il 2020 della riscoperta del sé, di chi è ripartito, di chi invece si è perso per sempre. Sarai il 2020 dei sentimenti impalliditi, dei sacrifici pulsanti, degli atti di fede. Sarai il 2020 dei legami martoriati, degli inni in cui nessuno ha poi davvero creduto, dei puntini di sospensione che raccontano molte quotidianità.
Nel frastuono del mondo sei trascorso, caro 2020. Hai bussato, ti abbiamo lasciato entrare. Sei stato con ciascuno di noi senza che nessuno ti volesse davvero; verrai ricordato, nonostante ogni proposito di sbarazzarsi alla svelta di te e il tuo strascico coprirà ancora molti passi: sarai la sposa abbandonata di tutti i nostri altari, la penna a cui è terminato l’inchiostro, la forma che daremo a questo nostro angolo di viaggio.
Scusaci, caro 2020, se ti odieremo un po’. Ma siamo esseri umani e in questi tuoi dodici mesi di permanenza tra le nostre mura vuote avrai certamente imparato a conoscerci. Se così è stato, forse, c’è una speranza che ancora possiamo far brillare: che l’umanità stessa impari, in prima istanza, a conoscersi, odiarsi e – alla fine – anche perdonarsi.

Matteo Zanini

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