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Smart Working

San paolo d'argon

In Bonduelle Italia duemila ore di formazione per lo smart working fotogallery

Stefano Zani, direttore risorse umane: “Un cambiamento culturale per tutti”

Azienda familiare creata nel 1853, Bonduelle è leader mondiale delle verdure. Coltivate su oltre 128 mila ettari e vendute in 100 Paesi, nel suo portafoglio prodotti ci sono ben 500 varietà di vegetali. In Italia, Bonduelle è presente con 2 stabilimenti, uno in provincia di Bergamo, a San Paolo d’Argon, e uno a Battipaglia (Salerno), che impiegano oltre 400 collaboratori.

Nello stabilimento di San Paolo D’Argon – che si occupa della cosiddetta “quarta gamma” (ortaggi freschi in busta, pronti al consumo), si lavora 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno. Lo stabilimento del bergamasco è il più grande d’Europa grazie a un’estensione dedicata alla sola lavorazione degli ortaggi pari a 20mila metri quadri. A San Paolo d’Argon, dove si produce e spedisce nello stesso giorno, lavorano 220 persone; in un anno vengono prodotte circa 19,5mila tonnellate di insalata e 110milioni di buste, approssimativamente 350mila pezzi al giorno. Nel 2019 il fatturato di Bonduelle Italia è stato di circa 200 milioni di euro. Come è stato pensato, applicato e vissuto lo Smart working in azienda? Lo abbiamo chiesto a Stefano Zani, direttore risorse umane di Bonduelle Italia.

Prima dello scoppio della pandemia, si stava già sperimentando lo smart working?

In Bonduelle Italia da luglio del 2017 è stata introdotta una flessibilità nell’orario di lavoro, due ore ad inizio e fine giornata che consentono l’ingresso e l’uscita in azienda nelle fasce orarie 8.00-10.00 e 17.00-19.00 (esclusi gli stabilimenti produttivi). Poco prima dello scoppio della pandemia, stavamo sperimentando in modo non strutturale le prime forme di smart working che coinvolgevano solo alcune aree dell’organizzazione e un numero ristretto di persone, non oltre il 15% dei colleghi degli uffici della sede di S. Paolo d’Argon. Questo primo pilota, molto libero nell’organizzazione e che non prevedeva più di alcuni giorni al mese di lavoro da remoto, aveva l’obiettivo di testarne la sostenibilità.
Come è stata strutturata l’organizzazione, in termini di smart working, prima e dopo la fase acuta del Covid?
Dalla fase di test prima della pandemia, con lo scoppio dell’emergenza, in pochi giorni e grazie ad un impegno straordinario dei colleghi dei sistemi informativi (IT), siamo passati ad una modalità di lavoro da remoto per tutti gli impiegati, i quadri e i dirigenti, circa 180 persone.
La situazione di crisi legata al covid19 ci ha obbligati a trovare nuove modalità di lavoro che fossero compatibili con le rigorose misure di prevenzione sanitaria necessarie. L’emergenza ha, di fatto, accelerato un cambiamento organizzativo che era già iniziato, trasformando in pochi giorni la realtà lavorativa di molti di noi e portando tutti a confrontarsi con il lavoro a distanza. Modalità di lavoro che nei periodi marzo-agosto e da novembre ad oggi – e fino all’8 gennaio 2021 – è stata applicata fino al 100% dei giorni lavorativi.

Nel futuro cosa pensa che cambierà nell’organizzazione del lavoro?

L’organizzazione così come le modalità lavorative e di interrelazione tra persone negli ambienti professionali, stanno già mutando. Abbiamo affrontato la difficoltà del momento, dovuto alla gravità della situazione sanitaria, in particolare qui a Bergamo, e oggi stiamo lavorando alla creazione di un’organizzazione agile, basata sempre più su fiducia, flessibilità e senso di responsabilità. In tal senso abbiamo definito un percorso interamente dedicato a rafforzare le nostre competenze lavorative all’interno di un contesto flessibile, in continua evoluzione, utilizzando gli strumenti del lavoro agile. Riteniamo che la soluzione “ibrida” che unisce lavoro in presenza e da remoto sia quella da perseguire anche in futuro. Non appena siamo usciti dal primo lockdown, da settembre e senza aspettare un nuovo pronunciamento del Governo, abbiamo adottato un regolamento aziendale sullo smart working, definendolo sempre possibile previo accordo con il proprio manager per un massimo di 8 giorni al mese.

Cosa pensano i lavoratori dello smart working? Avete in qualche modo rilevato le loro opinioni o avete in programma di farlo?

L’ascolto e il coinvolgimento delle persone fanno parte del come si lavora in Bonduelle. Durante il periodo del lockdown e nei mesi successivi abbiamo chiesto un riscontro alle persone coinvolte dalla nuova modalità di lavoro da remoto in emergenza, in particolare attraverso due indagini, in aprile e giugno. Abbiamo raccolto due bisogni sostanziali: di formazione e di ulteriore flessibilità. Quanto emerso ha contribuito alla definizione del nostro modo di lavorare in agilità così come poi applicato nella nuova politica aziendale. Ad esempio, abbiamo progettato e organizzato un importante piano formativo su tematiche attinenti allo sviluppo di competenze organizzative, gestionali, personali e relazionali. Perché passare ad una nuova modalità di lavoro comporta un cambiamento culturale per tutti, persone e organizzazione.

Si cercherà, come altre aziende hanno già fatto, un accordo sindacale sull’applicazione dello smart working?

La collaborazione e la condivisone di informazioni e cambiamenti organizzativi con le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo che applichiamo, quello del settore commercio, fanno parte del modo costruttivo di vivere le relazioni con i vari interlocutori sul territorio. Oltre a questo, già ad oggi i colleghi che hanno la possibilità di lavorare agilmente hanno sottoscritto gli accordi individuali necessari e richiesti dalla normativa sullo smart working.

Lo smart working incide sulla produttività. Cosa rileva dalla sua posizione?

Per citare un dato che si basa su un’analisi a campione effettuata sul tema dello smart working, in media circa il 25% del tempo che veniva impiegato nel trasferimento casa-ufficio viene reinvestito in attività lavorativa con un conseguente impatto sulla produttività. Quando parliamo di smart working e cioè di una modalità ibrida di lavoro che consente di svolgere il proprio lavoro non solo in ufficio, l’impatto sulla produttività è tangibile ed è anche un riscontro che ci ritorna dalle persone coinvolte. In questa fase stiamo finalizzando una nuova “agile dashboard”, un pannello di controllo del lavoro agile, che ci aiuterà, usciti dall’emergenza, a misurare la nuova modalità di lavoro e gli impatti che questa avrà in termini, ad esempio, ambientali e sulla vita professionale e personale delle persone: la riduzione delle emissioni di CO2 e del tempo di trasferimento casa – ufficio sono due degli indicatori (KPIs) che andremo a misurare. Anche questo si inserisce nell’accelerazione di Bonduelle nel proprio percorso di sostenibilità: Bonduelle sostiene il programma B Movement Builders, di cui è una delle aziende fondatrici, e attualmente stiamo lavorando per ottenere la certificazione B-corp, con l’obiettivo di dare un segnale significativo nella direzione di un modello economico conciliabile con l’interesse della collettività. Crediamo fortemente in questo nostro percorso di lavoro verso un modello di business economico-sociale responsabile, sostenibile e trasparente, capace di creare un valore aggiunto e un impatto positivo sulle persone e l’ambiente. In questo senso siamo già partiti con B! Pact impegno globale e il programma Bonduelle s’impegna per un’agricoltura sostenibile, un progetto che nell’arco di cinque anni rafforzerà la sostenibilità della nostra filiera con azioni concrete e mirate

Avete in programma iniziative di formazione per massimizzare l’efficacia del lavoro per obiettivi, tipico dello smart working?

Abbiamo cercato di trasformare alcuni aspetti dell’emergenza pandemica in un acceleratore del cambiamento e, per far ciò, abbiamo lanciato un articolato progetto di cambiamento (change management), culturale e organizzativo. Per sostenerlo, tra settembre e inizio dicembre abbiamo organizzato (con il supporto di una società di consulenza specializzata) 30 webinar destinati a circa 180 persone che, a seconda del ruolo di responsabilità (agile leaders e agile workers) sono state coinvolte in programmi formativi mirati per affinare e sistematizzare gli strumenti – sperimentati in parte sul campo durante il lavoro da remoto in emergenza – funzionali alla nuova modalità lavorativa: dal come gestire un team al come relazionarsi con colleghi e manager a distanza; dal gestire il tempo, le priorità e le pause nella nuova modalità di lavoro a come comunicare, dare fiducia e definire gli obiettivi. Da settembre a dicembre abbiamo proposto quasi 2mila ore di formazione.

Avete in programma cambiamenti o restyling degli spazi fisici dell’azienda?

Non nel prossimo futuro. Gli uffici della nostra sede in San Paolo d’Argon sono stati oggetto di un importante intervento di restyling non più tardi di un anno fa finalizzato a creare spazi utili all’incontro e al confronto tra colleghi che, in condizioni di “normalità” possono utilizzare: Library, Area Social, Veggie Lab (dove si testano e sperimentano le ricette con i nostri prodotti), numerose sale riunioni e aree di lavoro aperte e spaziose. Siamo convinti dell’impatto positivo per l’organizzazione rappresentato dal lavoro agile. Allo stesso tempo crediamo che gli spazi fisici di lavoro e di incontro siano da preservare, rappresentando un contenitore non sostituibile per quella parte di socialità professionale funzionale alla creazione di idee e alla discussione spontanea, importanti per l’innovazione e la ricerca di soluzioni.

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