Poco prima delle 8 del mattino le prime 324 fiale di vaccino anti-Covid destinate alla Lombardia sono arrivate, a bordo di un mezzo dell’esercito, all’ospedale Niguarda di Milano.
Il Vaccino Day, domenica 27 dicembre, è iniziato così, con un simbolico passaggio di consegne con il direttore generale del presidio milanese Marco Bosio: da quelle fiale sono state poi ricavate 1.620 dosi destinate agli ospedali dei capoluoghi di provincia lombardi, ai quali si sono aggiunti anche quelli di Alzano Lombardo e Codogno.
E mentre nella tarda mattinata al Niguarda venivano inoculati i primi vaccini (tra i primissimi a riceverlo anche il presidente dell’Istituto Mario Negri di Bergamo Silvio Garattini), attorno a mezzogiorno le dosi destinate al personale sanitario bergamasco sono arrivate all’ospedale Papa Giovanni XXIII e al Fenaroli Pesenti di Alzano Lombardo.
Una giornata molto intensa che si è suddivisa tra i due punti vaccinali della Bergamasca.
Ad Alzano, scelto simbolicamente dalla Regione come destinatario delle prime dosi e unico ospedale insieme a quello di Codogno extra-capoluogo, il primo ad essere vaccinato è stato Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri: “Sono emozionato – ha ammesso dopo la somministrazione del vaccino -. Questo è un miracolo della scienza, il vaccino è stato realizzato in pochi mesi quando prima ci sarebbero voluti anni”. Accanto a lui, il direttore generale dell’Asst Bergamo Est, Francesco Locati, direttore di Ats: “Ho voluto fortemente che il v-day, che rappresenta la svolta nei confronti della pandemia che qui ha duramente colpito, partisse anche da qui”, poi Massimo Giupponi, il rettore dell’Università Remo Morzenti Pellegrini, Marcella Messina e Gabriele Cortesi del Consiglio di rappresentanza dei sindaci, i sindaci di Alzano e Nembro, Camillo Bertocchi e Claudio Cancelli, l’assessore regionale Lara Magoni.
A Bergamo, invece, il primo vaccinato è stato Guido Marinoni, presidente dell’ordine dei medici della provincia: dopo di lui tutti gli altri rappresentanti delle professioni sanitarie.
“Chiudiamo questo anno infausto con una speranza – ha sottolineato l’assessore regionale Claudia Terzi – Per me è emozionante essere qui nella mia terra in questa giornata importante, soprattutto per quello che abbiamo sofferto e che ancora soffriamo. Siamo arrivati a una tappa importante nella lotta al Covid, con la scienza che ci ha dato un’arma fondamentale. Questo 2020 si sta per chiudere con una luce in fonda tunnel molto concreta: il mio grazie va a tutti gli operatori sanitari che lavorano qui al Papa Giovanni, ma anche ai medici di base, alle Rsa, e a tutti coloro che lottano anche oggi 24 ore su 24, 7 giorni su 7″.
Grande orgoglio anche per il direttore generale dell’asst Papa Giovanni XXIII Maria Beatrice Stasi: “Per noi è una doppia occasione storica, per quello che stiamo affrontando da febbraio – ha evidenziato – Oggi abbiamo 68 pazienti Covid, di cui 16 in intensiva qui e 12 all’ospedale della Fiera: siamo lontani dai numeri della primavera, ma stiamo vivendo un’emergenza senza sosta. Abbiamo visto 2.200 pazienti gravi, 3.000 in pronto soccorso, abbiamo eseguito migliaia di tamponi e di sierologici, siamo riusciti anche ad aiutare la Val Seriana che territorialmente non dipende da noi. Dal 6 aprile gestiamo un terzo ospedale, in Fiera, abbiamo allestito 225 posti letto, mettendone a disposizione oltre 60 in intensiva per il sistema Lombardia. Il 22 dicembre, all’ultima riunione dell’unità di crisi, quando abbiamo chiesto chi si volesse vaccinare in questa occasione tutti hanno dato la propria disponibilità. Loro saranno i nostri migliori testimonial, contro le amenità che circolano in rete e le campagne no vax che ci hanno stufato. Abbiamo di fronte ancora mesi difficili, ma speriamo che la campagna vaccinale sia rapida ed efficiente: siamo stati un’ora davanti al virus e vogliamo rimanerci”.
Tra i primi a dare la propria testimonianza post vaccino Luca Lorini, direttore del dipartimento di emergenza, urgenza e area critica del Papa Giovanni che il 19 gennaio sarà poi chiamato alla seconda dose: “Quali emozioni ho provato durante la somministrazione? Io non mi emoziono mai, ma ho avuto una sensazione di grande piacevolezza, come se fossimo arrivati alla fine di una gara faticosa e avessimo finalmente visto lo striscione dell’ultimo chilometro. Il traguardo? Lo taglieremo solo quando saranno vaccinati 30-40 milioni di italiani. Io mi sono sottoposto subito al vaccino non per cambiare il mio comportamento, ma perchè credo di poter essere da esempio. Questa è la più grande arma che abbiamo, è strepitoso come la scienza ancora una volta abbia dimostrato di essere un passo avanti a tutti”.
Sui critici, i negazionisti o i no vax, il dottor Lorini ha un’idea chiara: “Credo che il vaccino che tutti abbiamo sognato debba essere uno strumento di comunione e condivisione, non di divisione. Io rispetto il parere di tutti, ma sinceramente fatico a comprendere il sillogismo aristotelico che lega negazionisti e no vax. Non capisco i primi, pur non condividendo rispetto il pensiero dei secondi: ma credo anche che ci voglia una sorta di patentino per chi si vaccina. Io ho voluto dare l’esempio: ammetto che per pigrizia negli anni scorsi non ho fatto l’antinfluenzale, mentre oggi dopo aver curato migliaia di pazienti e averne visti morire tantissimi sono il primo della prima ora”.
Tra i primissimi ad essere vaccinato anche l’infettivologo Marco Rizzi: “Sono cautamente ottimista sull’adesione a questa campagna – ammette – I social a volte esprimono opinioni molto di nicchia: chiaro che stiamo ragionando su un orizzonte temporale lungo, con i benefici che si vedranno dopo decine di milioni di dosi somministrate. Per i prossimi mesi, invece, a fare la differenza saranno ancora le misure restrittive e le buone pratiche a fare la differenza. A differenza di altri vaccini, quello contro il Covid non ha bisogno di spiegazioni su quali siano gli effetti della malattia: purtroppo è chiaro a tutti perchè lo abbiamo già vissuto. Questa consapevolezza può essere un elemento a favore della campagna vaccinale, che dovrà essere comunque molto chiara. Un appello? Dobbiamo essere consapevoli del fatto che questo problema non se ne va da solo e occorre che ognuno di noi faccia la sua parte, che può voler dire anche fare fatica, sacrifici o esporsi a qualche imprevisto. Se non stiamo attenti, se non curiamo l’igiene e non ci vacciniamo ci trascineremo ancora per molto tempo tutto questo”.
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