“Sono la moglie di un detenuto del carcere di Bergamo. Mio marito per la seconda volta è in isolamento perché ci sono positivi, sono in isolamento per quindici giorni, 24 ore su 24, in spazi non adeguati, in tre o quattro in cella”.
Inizia così il racconto che Valentina ha condiviso con noi di Bergamonews, con un messaggio arrivato in posta di redazione. Poche righe in cui esprime una preoccupazione opprimente per la salute del marito detenuto nel carcere cittadino, dove si è insinuato il Covid-19.
“Viviamo nel terrore che possa accadere qualcosa. Abbiamo paura di non poterlo rivedere mai più. Siamo in piena pandemia e in piena emergenza: noi fuori dobbiamo mantenere il metro di distanza e rispettare tutte le regole. Indicazioni che non è possibile vengano rispettate anche in carcere: così chiusi tutto il giorno nella stessa stanza. Siamo molto preoccupati: non possono vedere nessuno e sono come abbandonati”, continua a scrivere Valentina.
Sono due le sezioni del carcere di Bergamo chiuse all’inizio di dicembre per arginare la diffusione del virus, dopo che sono risultati positivi alcuni detenuti “comuni” (i carcerati ancora in attesa di giudizio) e alcune detenute del “femminile”. Dal 16 dicembre è stata chiusa anche la sezione “penale” dove si trovano i detenuti che hanno già ricevuto il giudizio della pena.
Dopo la quarantena, la divisione “in rosa” è stata riaperta, mentre rimangono situazioni di criticità nella sezione dei carcerati con pendente giudizio e con giudizio definitivo, tanto che alcuni di loro sono stati traferiti nel carcere di Bollate e, lì, isolati. Circa venti, invece, sono gli agenti di sorveglianza risultati positivi e, quindi, per il momento, allontanati dalla casa detentiva bergamasca.
E lì, tra quelle mura recintate, porte automatiche, grandi altoparlanti e celle, ci si prepara ad un Natale diverso, senza visite e sguardi amorevoli di parenti e amici per via delle restrizioni Covid che impediscono ingressi esterni. Non riuscendo così ad avverare il più importante e sentito desiderio di Natale nelle celle bergamasche: quello di poter rivedere la propria famiglia.
Un sogno condiviso anche dall’altro capo delle sbarre.
“Sono preoccupata per i miei figli che non abbracciano il loro papà da dieci lunghissimi mesi come tanti altri bambini. Chiedono solo di vedere il papà e di poterlo andare a trovare. Non so più che cosa raccontare alle più piccole: è straziante sentire una bambina di 5 anni che ti dice ‘mamma io non voglio nessun gioco per Natale. Voglio solo vedere il mio papà'”, conclude Valentina nel suo racconto.
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