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Didattica per studenti con disabilità e pandemia: l’esperienza al Secco Suardo

Per capire meglio la situazione scolastica per i ragazzi con disabilità abbiamo posto qualche domanda a Chiara Gennaro, Anna Mastria ed Elisabetta Molinari, tre insegnanti di sostegno del Liceo Secco Suardo di Bergamo

La didattica a distanza ha rappresentato una sfida enorme per centinaia di migliaia di studenti sparsi in tutta Italia che, vuoi per connessioni lente, vuoi per la mancanza di un computer idoneo o per l’oggettiva difficoltà nel rimanere concentrati tra le mura domestiche, hanno riscontrato molti problemi durante l’anno.

Tra questi i più penalizzati sono stati sicuramente gli studenti con difficoltà di apprendimento e con disabilità che, oltre a una situazione già difficile, hanno dovuto stravolgere completamente le loro abitudini e il loro modo di apprendere.

Per capire meglio la loro situazione scolastica abbiamo posto qualche domanda alle professoresse Chiara Gennaro, Anna Mastria ed Elisabetta Molinari, tre insegnanti di sostegno dell’Istituto Superiore “Secco Suardo” di Bergamo.

La situazione scolastica, soprattutto riguardo agli studenti più fragili, non era delle migliori già prima del coronavirus. Com’è stato lavorare con ragazzi con disabilità in un periodo tanto particolare?

L’improvvisa situazione pandemica verificatasi a fine febbraio ci ha colti impreparati. In tempi brevi, però, ci siamo attrezzati per affrontare un tipo di didattica che, soprattutto per i ragazzi con disabilità, non è né immediata né sempre accessibile in maniera autonoma per deficit sia motori sia cognitivi. Per questo abbiamo cercato di coinvolgere attivamente le famiglie nella gestione del lavoro. Riteniamo pertanto sia stata decisiva la collaborazione con la famiglia che, quando presente, si è rivelata una risorsa fondamentale per lo svolgimento delle attività proposte quotidianamente. È stato necessario rimodulare il lavoro e l’orario delle lezioni per venire incontro alle esigenze dei ragazzi e delle famiglie che, in alcuni casi, non avevano la possibilità di seguire passo per passo i figli a causa del lavoro o perché sprovvisti di competenze informatiche e tecnologiche. Abbiamo garantito a tutti quelli che lo hanno richiesto la possibilità di usufruire della strumentazione necessaria dando in comodato d’uso gratuito i device utili al collegamento e al lavoro domestico, cercando di garantire un contatto costante con la classe, con i docenti e, quando i Comuni lo hanno autorizzato, anche con gli educatori.

La seconda ondata è stata affrontata con una preparazione maggiore rispetto alla prima?

Durante l’estate abbiamo iniziato a programmare ed ipotizzare i diversi scenari di didattica possibile, in presenza, a distanza o in modalità mista, portando il contributo del team degli insegnanti di sostegno nella realizzazione del Piano per la DDI (Didattica Digitale Integrata) della nostra scuola. Dall’inizio dell’anno abbiamo dotato di pc portatile tutti i ragazzi che non ne erano già in possesso offrendo anche la possibilità di implementare i giga nella connessione domestica. Nell’ottica di una didattica inclusiva la scuola ha acquistato materiale informatico e software specifici per favorire percorsi didattici interattivi e collaborativi capaci di abbattere le barriere di accesso all’apprendimento, consentendo la pari partecipazione agli allievi con disabilità e difficoltà. Dalla fine di ottobre, in concomitanza con la chiusura delle scuole secondarie di secondo grado, è stata garantita la possibilità, alle famiglie che lo hanno richiesto, di far vivere la scuola in presenza ai propri figli.

Quali sono le criticità e quali i punti di forza, secondo la vostra esperienza, della didattica a distanza per un ragazzo con disabilità?

In questo difficile periodo ci siamo resi conto che alcuni ragazzi hanno fatto emergere risorse inaspettate: messi davanti a nuove richieste hanno mostrato un buono spirito di adattamento. Inoltre collaborando quotidianamente con le famiglie si è instaurato un legame ancora più profondo con le stesse. Dal punto di vista di noi insegnanti di sostegno abbiamo avuto la possibilità/necessità di aggiornarci e confrontarci sia come gruppo sia come docenti dei consigli di classe per venire incontro ai bisogni dei ragazzi nel miglior modo possibile, quindi questo periodo è stato anche per noi un momento di crescita professionale. Non sono mancati, naturalmente, i punti di debolezza: la didattica a distanza determina una riduzione della possibilità di sviluppare relazioni tra pari, se non attraverso lo schermo, e questo, per i nostri ragazzi che hanno già una vita sociale extrascolastica abbastanza limitata, non è positivo. Inoltre, l’impossibilità di poter lavorare laddove la famiglia, per vari motivi, non ha potuto garantire un affiancamento costante, ha portato una riduzione notevole dell’aspetto della socializzazione nei ragazzi.

Vivere le dinamiche di una classe, stare a contatto con i propri compagni e guardare negli occhi l’insegnante è parte integrante dell’apprendimento e della crescita di una persona, soprattutto quando si parla dei più piccoli. Credete che tale lato possa essere in qualche modo eguagliato con la didattica a distanza?

Le relazioni che possono nascere dal contatto, dalla vicinanza, dagli sguardi e dai piccoli gesti anche in situazioni destrutturate non possono essere riprodotte a distanza.

Parlando più in generale, il Covid ha spinto ad una modernizzazione di molti ambiti della vita di tutti noi, tra cui la scuola e le modalità di insegnamento. Si è parlato con odio di banchi con le rotelle, di Google Meet, di interrogazioni e verifiche in videochiamata, eppure in pochi accennano a come questo possa aver fatto bene ad un ambiente fermo a 30 anni fa. Quali possono essere i benefici di una pedagogia più “smart” per gli studenti con disabilità?

Per quei ragazzi che già padroneggiavano, in alcuni casi anche molto bene, la tecnologia è stata un’occasione di valorizzazione del proprio fare, mettendosi anche a disposizione dei compagni più “tecnologicamente arretrati”. Nei ragazzi più in difficoltà abbiamo comunque visto dei progressi nell’utilizzo dei vari dispositivi, spinti anche dal fatto che questi mezzi hanno permesso loro di rimanere agganciati ai compagni di classe. Il fatto che le case editrici e i mezzi di informazione abbiano messo a disposizione molto materiale solitamente meno accessibile anche dal punto di vista economico ha permesso la realizzazione di percorsi didattici innovativi e più accattivanti per gli studenti.

Ad agosto Vincenzo Falabella, presidente del Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), ebbe a dire: “Siamo molto preoccupati, non si tratta di vedere se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, semplicemente il bicchiere io proprio non lo vedo. La scuola italiana risente di un problema atavico legato agli spazi e all’edilizia scolastica in generale, l’emergenza COVID li ha solo palesati”. A quali problemi fa riferimento Falabella?

Secondo la nostra esperienza fa riferimento a problematiche strutturali quali aule piccole, spazi non adeguatamente attrezzati, rete informatica non sempre ottimale per una didattica innovativa.

Quale suggerimento dareste a uno studente che vorrebbe aiutare un suo compagno di classe con disabilità?

Metti a disposizione un po’ del tuo tempo libero per creare una relazione significativa con il tuo compagno: sarà sicuramente arricchente, sotto moltissimi punti di vista, anche per te.

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