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Istituto mario negri

Genetica e Covid, Bergamo nello studio Origin. Remuzzi: “Primi risultati fra 4 mesi”

Finora più di 4300 le adesioni tra i cittadini della bassa e media Val Seriana. "Abbiamo bisogno della partecipazione di tutti, in particolare di chi ha avuto forme gravi di Covid-19: nei loro geni il segreto attraverso cui colpisce il virus"

“I primi risultati – confida Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri – potrebbero arrivare entro 3-4 mesi di lavoro”. Parliamo del progetto Origin, promosso dall’Istituto Mario Negri per capire se se esista una relazione tra fattori genetici e malattia da Covid-19. L’ipotesi alla base è che le variazioni dell’assetto genetico di un individuo possano avere un’influenza sulla gravità della malattia e possano spiegare le diverse risposte all’infezione. Uno studio che – sperano i ricercatori – potrà aiutare a rispondere alla domanda che tutti si pongono: “Perché proprio Bergamo?”.

Una cosa è certa: la preparazione dei ricercatori non sarà sufficiente senza il contributo della popolazione. In questi giorni, infatti, è stato dato il via alla seconda fase del progetto, che allarga i suoi confini e approda anche nella città capoluogo. Finora sono state più di 4.300 le adesioni ottenute tra i cittadini dei 18 comuni della bassa e media Val Seriana e Val Gandino che hanno compilato il questionario utile a raccogliere le informazioni sulla propria esperienza Covid-19, disponibile online – collegandosi al sito origin.marionegri.it– o in forma cartacea in Municipio o nelle biblioteche comunali. Con l’arrivo di dicembre, il questionario online sarà aperto alla città di Bergamo e ad altri 5 nuovi comuni: Gorle, Pedrengo, Scanzorosciate, Seriate, Torre Boldone. I maggiorenni che hanno effettuato un test sierologico e/o un tampone (non importa l’esito), possono compilarlo al seguente link: https://origin.marionegri.it

“La forte attenzione al progetto e la grande partecipazione – spiega Remuzzi – ci hanno mostrato che tutti i cittadini vogliono fare la loro parte per sconfiggere il virus, perché questo non è solo un progetto di laboratorio: ogni partecipante è un piccolo ricercatore che contribuisce attivamente al successo dell’impresa”. Remuzzi lo definisce “un vero e proprio progetto di comunità. Forti di questo vogliamo aprirci ad una fase altrettanto importante: l’ampliamento del progetto anche alla città di Bergamo e ai comuni di collegamento tra la città e la Val Seriana”. Un passo fondamentale. “Perché la nostra ricerca – puntualizza – non potrà mai essere totalmente completa se non includerà anche il capoluogo”.

Le adesioni sono buone, ma non bastano. “Abbiamo diviso i gruppi di pazienti tra chi ha avuto la malattia in forma lieve e chi in forma grave, cominciando a compararli – racconta Remuzzi -. Se abbiamo raggiunto un numero sufficiente di pazienti che hanno sviluppato sintomi lievi, è più complicato trovare quelli che hanno affrontato la malattia in forma grave”. Oltre che essere numericamente inferiori, banalmente si tratta di persone anziane che possono avere difficoltà a compilare il questionario in via informatica.

Il primo obiettivo, ora, è proprio questo. “Trovare un numero sufficiente di pazienti gravi” ribadisce Remuzzi, perché è nei loro geni che si cela il segreto attraverso cui il virus colpisce. “Nessuno sa perché qualcuno si ammala in modo lievissimo, qualcun altro in modo grave o con insufficienza respirtatoria. Nemmeno sappiamo perché in certe aree gerografiche sia successo più violentemente che altrove”, come a Nembro, Alzano Lombardo, Albino. “Quel che vogliamo capire – conclude – è se c’è una componente genetica. Il nostro Dna ha tanti geni che possono predisporre o proteggere, per questo è importante che le persone ci aiutino in questo progetto”.

Finora “ognuno è stato preziosissimo a suo modo: da chi ha compilato il questionario a chi si è speso, in prima persona, per farsi portavoce dell’Istituto tra la popolazione – aggiunge Marina Noris, Capo Laboratorio di Immunologia e Genetica, che ringrazia in particolare i sindaci dei 18 Comuni coinvolti e i referenti individuati -. Ma sono stati importantissimi anche i medici di base, le farmacie, le biblioteche, le associazioni e tutti i cittadini che si sono impegnati nella promozione del progetto. È grazie alla dedizione di ognuno di loro se oggi abbiamo raggiunto questo importante risultato”.

“Ho accolto con entusiasmo l’invito del’“Mario Negri’ a estendere a Bergamo il progetto Origin – commenta Giorgio Gori, sindaco di Bergamo – perché lo considero un’importante occasione per saldare la ricerca scientifica alla partecipazione dei cittadini. L’esperienza del Covid è destinata a lasciare un segno profondo nella nostra comunità: non c’è famiglia che non ne sia stata toccata, spesso purtroppo in modo drammatico. Credo quindi di interpretare il desiderio di molti miei concittadini nel dire che vogliamo renderci utili a conoscere meglio la natura di questa malattia, perché da un evento luttuoso sia possibile trarre il beneficio di un avanzamento della ricerca scientifica. Invito pertanto i cittadini che nei mesi scorsi hanno personalmente fatto l’esperienza del Covid ad aderire numerosi al progetto, compilando il questionario pubblicato sul sito origin.marionegri.it”.

“Ci auguriamo che i cittadini dei nuovi comuni accolgano con altrettanto entusiasmo questo progetto. Abbiamo bisogno della partecipazione di tutti, in particolare di coloro che hanno avuto forme gravi di Covid-19: – ribadisce Ariela Benigni, segretaria scientifico e coordinatrice delle ricerche -. Lo studio Origin sarà il fiore all’occhiello della comunità bergamasca che, anche se fortemente provata da questa epidemia, ha sempre la forza di rialzarsi e andare avanti”.

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