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L'analisi

Rallenta l’utilizzo delle tecnologie digitali nelle imprese bergamasche

Le cause sono da ricercare nella crescita degli scorsi anni ma anche nel contesto incerto poco favorevole agli investimenti

Il sistema camerale lombardo, nell’ambito delle iniziative legate ai Punti Impresa Digitale, ha avviato nel 2017 il monitoraggio dei livelli di conoscenza e di utilizzo degli strumenti e delle tecnologie di Impresa 4.0 tra le imprese. Con la rilevazione compiuta nel terzo trimestre del 2020 c’è la possibilità di confrontare i risultati sull’arco di quattro anni.

La rilevazione del 2020 mostra come il livello di conoscenza delle tematiche 4.0 da parte delle imprese bergamasche continui a crescere, anche se per quanto riguarda l’effettivo utilizzo delle tecnologie abilitanti si nota una lieve battuta d’arresto: la percentuale di conoscenza per le imprese industriali, che si confermano quelle più mature nella transizione digitale, sale all’82%, ma calano lievemente le quote relative alle imprese che stanno valutando una futura adozione delle tecnologie 4.0 e a quelle che le hanno già implementate.

Questo rallentamento può essere dovuto ai notevoli sforzi compiuti negli anni precedenti, che avevano visto una crescita sostenuta anche grazie agli incentivi del Piano Nazionale Impresa 4.0, ma anche alle difficoltà di investire in uno scenario di estrema incertezza come quello attuale.

Gli altri settori mostrano percentuali di conoscenza e utilizzo molto inferiori rispetto al comparto industriale, complice una dimensione media minore: i risultati del 2020 fotografano una crescita della conoscenza di queste tematiche, confermando sostanzialmente i livelli registrati nel 2019 per quello che riguarda invece l’effettiva implementazione.

Considerando congiuntamente le risposte delle imprese appartenenti a tutti i settori, le imprese che dichiarano di non conoscere i temi di Impresa 4.0 sono il 29%, 8 punti in meno rispetto all’anno precedente. Di contro, la percentuale di imprese che hanno implementato le tecnologie abilitanti al proprio interno scende dal 19% al 16%.

Il confronto con i risultati emersi a livello lombardo evidenzia che le percentuali bergamasche sono in linea con la media regionale dei diversi settori. Semmai si può riscontrare nell’implementazione un leggero vantaggio per l’artigianato e un lieve ritardo sul terziario. Sulla conoscenza, invece, i valori sempre uguali o superiori ai corrispettivi lombardi.

Alle imprese che hanno implementato soluzioni 4.0 o che stanno valutando di farlo, in gran parte appartenenti al settore industriale, è stato chiesto quali sono le tecnologie abilitanti di particolare interesse. Le risposte confermano la centralità della manifattura avanzata legata alla robotica, mentre al secondo posto si posiziona ancora  l’integrazione verticale e orizzontale, sebbene con una percentuale in calo rispetto agli ultimi anni, a pari merito con il cloud, in crescita rispetto al 2019.
Seguono big data & analytics, simulazione, cybersecurity e IoT, mentre più marginali risultano la manifattura additiva e la realtà aumentata.

È stato poi chiesto alle imprese in quali altre soluzioni tecnologiche hanno investito o hanno intenzione di investire a breve termine: si tratta di tecnologie non espressamente previste nel Piano di Industria 4.0 ma che ne sono “propedeutiche” e prevedono comunque l’introduzione di soluzioni digitali. Grande interesse riscuotono tutte quelle tecnologie legate alla gestione dei processi aziendali e alla tracciatura dei prodotti (ERP, MES, PLM, SCM, CRM, RFID barcode), indicate dal 70% dei rispondenti, ma risultano in crescita rispetto allo scorso anno anche i sistemi di pagamento tramite dispositivi portatili e internet e le soluzioni fintech e, soprattutto, i sistemi di commercio elettronico e le app, probabilmente anche come risposta alle misure di contenimento del virus che hanno spesso bloccato i canali commerciali tradizionali.

Supporto finanziario e formazione del personale sono i due servizi che vengono indicati come prioritari dalle imprese per favorire la trasformazione in senso digitale. Il primo è indicato soprattutto dalle imprese di minori dimensioni, mentre l’importanza attribuita alla qualificazione del capitale umano risulta crescente all’aumentare della dimensione d’impresa. Al terzo posto si colloca invece la consulenza specialistica, che viene segnalata soprattutto dalle medie imprese, seguita dal miglioramento delle infrastrutture.

In tema di formazione si è anche indagato su quante imprese abbiano partecipato, nell’ultimo anno, a eventi informativi o seminari per sviluppare le competenze digitali: la quota nel 2020 risulta in linea con il dato dell’anno precedente e con la media regionale. L’industria è ancora una volta il settore con i risultati più elevati, sebbene in calo rispetto al 2019, seguito dai servizi, che mostrano invece un miglioramento; inferiore la partecipazione per commercio al dettaglio e artigianato.

I temi trattati in questi eventi e seminari hanno riguardato prevalentemente l’introduzione alle tecnologie 4.0, le loro applicazioni settoriali e le agevolazioni fiscali, ma con percentuali in netto calo rispetto al 2019. In diminuzione anche l’interesse verso gli obblighi normativi sulla digitalizzazione: PEC, firma digitale e fatturazione elettronica nella maggior parte dei casi dovrebbero ormai essere stati recepiti dalle imprese. Cresce invece in misura intensa il bisogno di formazione sui temi del web marketing e dell’e-commerce, probabile spia della necessità da parte delle imprese di trovare nuovi canali di contatto con i propri clienti in seguito al duro impatto delle misure di contenimento della pandemia.

Per quasi la metà delle imprese intervistate il risultato dell’introduzione delle tecnologie digitali in senso lato, quindi non solo di quelle strettamente 4.0, è stato soprattutto un aumento di efficacia e di efficienza, seguito dalla riduzione degli sprechi e dall’aumento della qualità. Le percentuali risultano più elevate per le imprese industriali, dove le tecnologie digitali risultano maggiormente diffuse, sebbene anche in questo settore una su tre dichiari di non averne introdotta nessuna; tale percentuale sale fino a due su tre nelle imprese artigiane, il settore che sembra in posizione meno avanzata lungo il percorso di trasformazione digitale.

Un aspetto fondamentale di questa transizione è la valorizzazione delle informazioni prodotte nello svolgimento della propria attività, la cui importanza non è ancora del tutto compresa dalle imprese: quasi un terzo del campione complessivo dichiara infatti di non avere nessuno strumento di preparazione e diffusione dei dati, in linea con i dati del 2019. Tale percentuale sale nell’artigianato, sebbene il dato risulti in miglioramento rispetto all’anno precedente, mentre nell’industria assume il valore più contenuto.

Tra le imprese che producono reportistica prevale ancora la preparazione “manuale” rispetto ai sistemi di business intelligence, tranne nel commercio al dettaglio dove l’utilizzo di tecnologie automatizzate per l’elaborazione dei dati risulta più diffuso rispetto alla reportistica tradizionale. L’elevato grado di maturità delle imprese del commercio in fatto di analisi ed elaborazione delle informazioni, almeno di quelle che realizzano queste attività, emerge anche dalle percentuali di utilizzo dei big data e degli algoritmi di intelligenza artificiale, che risultano superiori agli altri settori; il ruolo della grande distribuzione risulta naturalmente trainante in questo ambito.

Quest’anno è stato inoltre indagato il giudizio delle imprese sulla digitalizzazione dei processi per l’attivazione dello smart working, modalità di lavoro che molte imprese hanno dovuto implementare per poter proseguire l’attività rispettando le misure di contenimento dell’epidemia. Le imprese che hanno dichiarato di non utilizzare il lavoro agile sono il 44% del totale, con punte del 66% nell’artigianato e del 56% nel commercio al dettaglio. Il 22% delle imprese esprime invece una valutazione “buona” o “eccellente” sull’implementazione di questa modalità, a fronte di un 25% che la reputa solo “sufficiente”, indice del fatto che il lavoro agile è stato nella maggior parte dei casi una scelta obbligata ma non ancora pienamente accolta e valorizzata dalle imprese. Il giudizio “tiepido” delle imprese si spiega probabilmente con la difficolta di introdurre non solo le tecnologie necessarie per consentire il lavoro da remoto, ma anche il cambiamento organizzativo e di mentalità che consenta davvero un guadagno di efficienza e una maggiore soddisfazione dei lavoratori.

A livello settoriale si riscontrano valutazioni più elevate nei servizi, mentre le imprese artigiane, oltre ad essere meno propense all’utilizzo, si dimostrano anche più critiche nei giudizi.

Carlo Mazzoleni riconfermato vicepresidente di Federmeccanica

“Le nuove tecnologie digitali e la connettività diffusa” – commenta il presidente Carlo Mazzoleni – “hanno pervaso negli ultimi anni i sistemi economici internazionali, nazionali e locali, influenzando i modelli produttivi e organizzativi delle imprese. Si tratta di una trasformazione che impatta su tutte le strutture funzionali e che richiederà uno sforzo di adattamento da parte del nostro Paese per recuperare il ritardo accumulato rispetto agli altri Stati europei. Il clima di incertezza di quest’anno non ha certamente giocato a favore degli investimenti delle imprese, tuttavia la Camera di commercio prosegue con convinzione nelle sue attività di sostegno diretto e di accompagnamento nel processo di adeguamento digitale già in atto da alcuni anni”.

Secondo l’indice Desi, elaborato annualmente dalla Commissione Europea analizzando cinque macro aree (connettività, competenze digitali, uso di Internet da parte dei singoli, integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese e servizi pubblici digitali), l’Italia risulta in buona posizione solo in termini di connettività, grazie all’avanzamento delle attività per il lancio del 5G. È in ritardo sul piano della digitalizzazione delle imprese e, soprattutto, dell’utilizzo di Internet e delle competenze digitali.

Ciò fa sì che il livello complessivo di digitalizzazione dell’Italia è, per il quarto anno di seguito, il quartultimo in Europa prima di Romania, Grecia e Bulgaria.
Nell’ambito della trasformazione in senso digitale della società, e delle imprese in particolare, una spiccata enfasi è stata posta negli ultimi anni sul tema di Impresa 4.0 e delle tecnologie abilitanti che favoriscono quella che è stata definita una possibile “quarta rivoluzione industriale”, tanto da spingere il Governo italiano, sulla scorta di quanto fatto anche da altre nazioni europee, ad adottare un piano nazionale per incentivare gli investimenti in tal senso.

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