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La lanterna magica di guido

“La nave dolce”: un incredibile viaggio verso la libertà

In occasione del giorno dell’indipendenza albanese, noi di BGY abbiamo pensato di consigliarvi un film per conoscere un po’ meglio quello che è stato l’episodio più eclatante di immigrazione di massa nel nostro Paese

Il 28 novembre 2020 si celebra la festa nazionale dell’Albania, un Paese che per svariate ragioni risulta strettamente legato all’Italia, probabilmente oggi più che mai. Si tratta di una nazione medio-piccola separata da noi per opera del mare Adriatico e con poco meno di tre milioni di abitanti, molti simili agli italiani per ragioni tanto storiche, quanto sociali e culturali. Se chiedeste a una persona con più di 40 anni che immagine associa alla parola “albanese” probabilmente vi inizierebbe a raccontare animatamente di quel lontano giovedì 8 agosto del 1991.

Quella giornata divenne infatti famosa perché migliaia di albanesi s’imbarcarono con la forza su di una nave mercantile e da Durazzo salparono per raggiungere l’Italia, cercando di avvicinarsi in ogni modo quella Terra Promessa che negli anni avevano avuto modo di vedere solo dallo schermo del televisore.

Un evento di tale portata venne ovviamente ripreso e documentato da ogni punto di vista e ben presto tutti gli abitanti dello stivale iniziarono a conoscere da vicino quel luogo così misterioso che era l’Albania, cambiando così per sempre la storia e la mentalità della nostra nazione.

Per descrivere un evento di tale portata sono stati scritti libri, prodotti innumerevoli ore di girato, pubblicati reportage fotografici dettagliatissimi e, dulcis in fundo, sono stati girati documentari.

Uno dei più celebri è sicuramente quello del saggista e regista rietino Daniele Vicari, noto ai più per il film “Diaz – Don’t Clean Up This Blood”, “La nave dolce” in cui viene raccontata allo spettatore una storia fatta di ombre di disperazione, sprazzi di speranza e moltissima forza d’animo.

neve dolce

La storia più nel dettaglio è semplice: in una giornata di agosto del 1991 una nave mercantile battente bandiera albanese, carica di 20.000 persone, giunge nel porto di Bari. Si chiama Vlora e deve questo nome alla ridente città di Valona, sulle coste dell’Albania. A chi la guarda avvicinarsi appare come un formicaio brulicante, un groviglio indistinto di corpi aggrappati gli uni agli altri. Le operazioni di attracco sono difficili, qualcuno si butta in mare per raggiungere la terraferma a nuoto, molti urlano in coro “Italia Italia” facendo il segno di vittoria con le dita e tutti, accomunati dal sogno di una vita migliore, non vedono l’ora di entrare in quello che era a tutti gli effetti il “Paese dei balocchi”. Per molti però questa non sarà che una breve gita poiché la quasi totalità di loro sarà caricata di forza su navi e aerei per fare ritorno al proprio Paese; per circa 2000 di loro però, chi perché sfuggito alla polizia o perché accolto, inizierà una nuova vita.

Tale evento smosse a tal punto le coscienze degli italiani che Antonella Gaeta, sceneggiatrice del film, ha dichiarato: “ci venne l’idea di realizzare un documentario che rievocasse l’epoca degli sbarchi di migranti in Puglia, con particolare riferimento alla Vlora, la cui forza immaginifica, ha rappresentato quel che l’11 settembre è stato per gli anni 2000”.

Le vicende nel documentario vengono narrate tramite vari personaggi che, chi dal ponte della Vlora e chi dalla banchina di Bari, rievocano ciò che per loro è stata quella giornata.

All’interno del racconto s’incroceranno le incredibili storie Kledi, allora sedicenne ed oggi ballerino ed attore famoso, che dichiara “solo a pensarci ho ancora sete; finì per bere acqua salata e andai fuori di testa perché la sete aumentò.”; di Robert, un regista imbarcatosi insieme agli amici della scuola di cinema, di Eva e Halim, rispettivamente una neolaureata in economia ed il comandante della Vlora e, di contro, di personaggi come Nicola Montano, ispettore di polizia di Stato che seguì tutte le operazioni relative all’arrivo nel porto di Bari della Vlora ed il successivo respingimento degli albanesi.

Il documentario altro non è che un viaggio nel tempo grazie al quale tutti noi possiamo rivivere uno degli eventi migratori più impressionanti che la storia del nostro Paese abbia mai conosciuto, così da comprenderlo e giudicarlo senza pretestuosi luoghi comuni. La forza della narrazione di Vicari sta senz’altro nell’abile mutamento fatto compiere alla Vlora, vera protagonista simbolica della storia, che da massa informe e fatiscente diviene una sinergia di individui con una storia, delle speranze, una famiglia e tantissima voglia di una vita migliore.

Forte, vero e senza mezzi termini: “La nave dolce” è un film fondamentale per capire le origini dei movimenti di emigrazione di centinaia di migliaia di persone nel nostro Paese.

Battuta migliore “Noi vedevamo la TV italiana, tutti parlavano l’italiano. Era come un tipo di finestra da dove noi guardavamo per guadagnare la nostra libertà”.

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