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L'intervista

Roberta Villa: “Oggi è impensabile un passaggio della Lombardia da zona rossa a gialla”

Abbiamo chiesto un parere a Roberta Villa, giornalista e divulgatrice scientifica bergamasca, laureata in medicina e chirurgia.

Sta prendendo sempre più quota il passaggio della Lombardia da zona rossa ad arancione. Illustrando la situazione, nei giorni scorsi il presidente della Regione, Attilio Fontana, intervistato da Zapping su Radiouno, ha affermato che “i dati di oggi (25 novembre, ndr) ci accrediterebbero addirittura in zona gialla, ma io non voglio precorrere i tempi”, confermando che venerdì comunque la Lombardia “potrà chiedere di entrare in zona arancione”.

La curva dei contagi è in discesa e ci sono tanti interrogativi sulle evoluzioni della pandemia nelle prossime settimane ma anche su come si potranno vivere le festività natalizie e Capodanno. Abbiamo chiesto un parere a Roberta Villa, giornalista e divulgatrice scientifica bergamasca, laureata in medicina e chirurgia.

Alla luce del calo dei contagi, è pensabile una Lombardia a zona gialla?

Secondo me è assurdo pensare a una zona gialla in Lombardia nel momento in cui abbiamo non soltanto il massimo numero di casi – e questo dipende dal fatto che siamo la regione più popolosa – ma anche un carico sugli ospedali e sulle terapie intensive che è in calo ma risulta ancora ampiamente superiore ai limiti tollerabili. Considerando i numeri in diminuzione, il passaggio alla zona arancione a partire dalla prossima settimana può essere in discussione ma parlare di zona gialla ora mi sembra abbastanza irresponsabile.

Dunque è ancora presto per un radicale cambio di colore?

Secondo me oggi come oggi è impensabile un passaggio da zona rossa a zona gialla. La curva dei contagi sta scendendo ma non dobbiamo dimenticare che la Lombardia rispetto ad altre regioni è quella in cui il tracciamento è completamente saltato, quindi non sappiamo esattamente quante nuove infezioni ci siano ogni giorno. L’unico parametro che abbiamo è quello dei ricoveri ma non sappiamo che livello di saturazione c’è delle terapie intensive e degli ospedali soprattutto in alcune zone come Monza dove la circolazione del virus è ancora elevata. Credo, quindi, che in questo momento sia imprudente pensare alla zona gialla.

A cosa sono dovute le difficoltà nel tracciamento?

Per il tracciamento o si ha una macchina da guerra come la Cina, la Corea o Paesi che riescono a effettuare milioni di test in pochi giorni o bisogna mantenere i contagi entro numeri possibili. Considerando i livelli che abbiamo oggi di circolazione del virus non è umanamente possibile far fronte a questa esigenza con i numeri del personale su cui possiamo contare. In questi giorni si sono registrati circa 5mila casi al giorno e per contattare tutti ci vorrebbe un numero altissimo di persone.

E cosa si potrebbe fare?

Per tornare a un tracciamento ben fatto come quest’estate bisogna abbassare il livello di circolazione del virus e in questo momento si può fare con misure di contenimento. Può darsi che il ministero sulla base della valutazione dei 21 parametri individuati per stabilire il colore delle diverse regioni decida il passaggio della Lombardia dal rosso all’arancione: i fattori da prendere in considerazione sono diversi, ma mi sembra che attribuire il giallo ora sia assurdo. Poi magari potrebbero farlo…

In che senso?

Tante volte le pressioni politiche superano il parere dei tecnici e bisogna comunque considerare che sull’altro piatto della bilancia i danni economici e sociali di questa situazione non possono essere sottovalutati. E hanno effetti anche sulla salute. Dal punto di vista scientifico e sanitario, però, la zona gialla mi sembra improponibile.

Si potrebbero individuare sotto-aree con colori diversi nella Lombardia?

Si, può essere ragionevole ma bisogna valutare come si possa implementare questa suddivisione dal punto di vista pratico e non è facile. Da un lato sembra ingiusto che una provincia come Sondrio, che è sempre rimasta abbastanza protetta, debba subire tante limitazioni, dall’altro è vero che la Lombardia è molto interconnessa e, per esempio, una persona può vivere in una zona rossa e lavorare in una zona gialla oppure abitare in una zona arancione e avere i parenti in una zona rossa ecc. La gestione delle situazioni di confine, dunque, si complicherebbe.

In questi giorni si sta parlando anche delle feste natalizie e di Capodanno. Quali sono i rischi?

Il rischio è quello di creare assembramenti nelle case. Le grandi riunioni familiari con nuclei che non si vedono regolarmente ma si incontrano per l’occasione può dare l’opportunità al virus di circolare più facilmente in modo particolare se questo si associa allo spostamento fra regioni e province. Per esempio se una persona che abita a Monza dove c’è un’altissima circolazione del virus va a trascorrere il Natale con i parenti in Molise aumenta il rischio di portare il Coronavirus là e le stesse considerazioni valgono all’interno delle nostre aree. Se da Milano o Monza andiamo a Bormio il rischio di portare il virus è notevole.

Come si potrebbe gestire la situazione?

Credo che ci debba essere un indirizzo di norme da seguire ma è importante che ciascuno di noi in coscienza valuti di poter trascorrere feste serene – non lasciando da sola la persona anziana e avendo tutte le cautele del caso – evitando il grande numero di contatti. Del resto, anche se si varasse una legge che limita il numero dei partecipanti a un pranzo o a una cena a 6, 10 o 12 presenze, chi controllerebbe nelle case? Dipende dal nostro senso di responsabilità.

In questi casi si parla di familiari o anche di amici?

A mio parere il limite non dovrebbe essere definito in base al grado di parentela ma al numero di persone. Per esempio se il limite venisse individuato in sei, si dovrebbe essere liberi di stare con sei amici piuttosto che sei parenti.

È possibile immaginare una riapertura in sicurezza di negozi e ristoranti?

Altri Paesi d’Europa stanno pensando di riaprire i negozi. Se si dà ossigeno alle attività commerciali lasciando gli ingressi contingentati – cioè in base alle dimensioni può entrare un numero ristretto di persone – secondo me si potrebbe fare. Le stesse considerazioni varrebbero per i ristoranti, anche se è più difficile perchè a tavola ci si toglie la mascherina: dovrebbero andarci solo nuclei familiari formati da persone che abitano insieme ma non possiamo pretendere che siano i ristoratori a controllarlo. Sicuramente è una situazione complicata anche per chi deve prendere queste decisioni… togliamoci dalla testa che sia la scienza a dirci rigorosamente cosa sia meglio fare: sono scelte politiche che devono soppesare danni che comunque ci sono e non c’è la possibilità di uscirne senza danneggiare nessuno, bisogna navigare a vista e non è facile.

Per concludere, c’è il rischio che la situazione possa sfuggire di mano come dopo l’estate?

C’è una differenza sostanziale. Quest’estate l’allentamento delle misure è avvenuto quando avevamo 100 casi al giorno, ci trovavamo nella bella stagione e si stava soprattutto all’aperto. Adesso abbiamo ancora 25-30mila casi al giorno e si trascorre più tempo al chiuso… per avere un danno basta molto meno: nei mesi estivi il virus circolava pochissimo, mentre ora bisogna prestare più attenzione.

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