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Il 20 novembre

Diritti dell’infanzia: una giornata per ricordare ciò che ancora oggi non è scontato

Oggi è presente, attivo e ufficiale un ordinamento nazionale, europeo ed internazionale che tutela i diritti dei bambini, anche se, purtroppo, molti di questi diritti non sempre vengano effettivamente e concretamente fatti valere.

In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza si è soliti citare le corpose Convenzioni internazionali in merito, lasciando in via del tutto marginale la trattazione delle idee di coloro i quali si sono battuti concretamente per tali diritti e, congiuntamente, si sono occupati dei problemi attuali che coinvolgono bambine, bambini, ragazze e ragazzi. È spesso diffusa la tendenza a vedere e riconoscere i problemi lontani da noi e non quelli che ci circondano e che ci sono molto vicini.

Janusz Korczak (1878 – 1942), medico pediatra, educatore e poeta polacco di origine ebraica può essere a ragione considerato uno dei padri fondatori della concezione moderna dei diritti dei bambini e delle bambine.

Questo studioso, vittima della Shoah e morto nel Campo di sterminio di Treblinka, riteneva che bambine e bambini avessero assoluto diritto al rispetto, inteso come dignità individuale della persona e che fossero considerati titolari di pari diritti come gli adulti, cioè come persone in senso pieno e non come soggetti passivi e dipendenti, titolari solo di un mero dovere di accudimento da parte degli adulti (peraltro non sempre rispettato).

Il dottor Korczak aveva creato e organizzato la Casa dell’Orfano che aveva fondato nella città di Varsavia, con una piena autogestione da parte dei bambini. Aveva inoltre attivato l’istituzione del Tribunale Interno. Si trattava di un vero e proprio tribunale in cui i problemi dei bambini venivano considerati e trattati secondo criteri oggettivi di giustizia. Ogni bambino aveva la possibilità di denunciare, per far valere i suoi diritti (anche nei confronti degli adulti), scrivendo la sua denuncia sulla lavagna.

I bambini che avevano il ruolo di giudici erano scelti tramite sorteggio tra coloro che non avevano ricevuto denunce durante la settimana. Le sentenze dovevano essere applicate in conformità con il codice vigente. Le sanzioni previste, a titolo di esempio, potevano esplicitare: “L’accusato si è comportato in modo ingiusto. Pazienza, è successo. A chiunque può capitare, chiediamo che non si ripeta più”. Il Segretario del Tribunale era un educatore, il quale aveva solamente il compito di raccogliere le deposizioni.

Eventuali accusati non soddisfatti della sentenza potevano avanzare richiesta di riesame non prima del mese successivo alla sentenza stessa. Il ruolo dei bambini era così centrale e determinante tanto che addirittura Janusz Korczak stesso, si vide coinvolto in un processo. In un altro caso, un educatore venne condannato alla pena più grave, considerata quale “extrema ratio” la quale consisteva nell’allontanamento temporaneo o definitivo dalla Casa.

Il fondatore Korczak riteneva che il Tribunale interno potesse diventare il punto di partenza per la parità dei diritti del bambino, per la realizzazione di un ordinamento costituzionale in grado di portare alla proclamazione dei diritti del bambino.

Ciò che forse sorprende di più oggi, relativamente alla figura, alla persona e al ruolo di Korczak, è stata la sua capacità di mantenere la massima coerenza tra ciò in cui credeva e le conseguenti azioni intraprese.

Coerenza che lo portò – nonostante le ripetute possibilità di abbandono e di fuga che gli furono offerte – a rimanere sempre con tutti i suoi bambini, accompagnandoli anche fino alla morte, all’interno del campo di concentramento.

Oggi, per fortuna, è sicuramente presente, attivo e ufficiale un ordinamento nazionale, europeo ed internazionale che tutela i diritti dei bambini e delle bambine anche se, purtroppo, molti di questi diritti non sempre vengano effettivamente e concretamente fatti valere.

Un solo esempio in merito. Il bambino ha diritto a vivere in una condizione di sufficiente benessere nella propria casa e con la sua famiglia. Nessuno mette in discussione tale diritto. Tuttavia, nel momento in cui in una famiglia si manifesta una situazione di violenza domestica, il Codice Penale prevede che il minorenne, qualora assista ad uno o più episodi di violenza da parte del padre nei confronti della madre, sia considerato come persona offesa in evidenza di reato. Il minorenne come può sporgere denuncia? Quali strumenti possiede per far valere il suo diritto?

Generalmente potrebbero, anzi dovrebbero intervenire gli adulti che sono in contatto e in relazione con il minorenne in ambito scolastico, oppure in ospedale in caso di ricovero, così come in altre realtà “sociali” (oratori, gruppi sportivi, associazioni varie). Se tutto questo si realizza (solitamente con molta difficoltà), successivamente diventa di primaria importanza nominare un tutore a protezione del minore, da parte delle autorità competenti, e quando necessario garantire anche la presenza di un avvocato difensore.

Tutto questo per sottolineare che il diritto esiste, in teoria e sulla carta, così come è altrettanto evidente che è tutta un’altra cosa garantire concretamente nella realtà dei fatti il medesimo diritto.

Di conseguenza, la sfida principale che oggi riguarda i diritti delle bambine e dei bambini è probabilmente quella di ottenere una maggiore adesione e coerenza tra le previsioni normative vigenti e la realtà della vita quotidiana. Si potrebbe pertanto porre maggiore attenzione e intensificare gli sforzi a garanzia di diversi diritti. Alcuni esempi?

Concentrarsi sul diritto del minore ad avere un’educazione che insegni il rispetto per la parità di genere; diritto rivolto in modo particolare alle bambine, in grado di valorizzare la prospettiva di un ruolo femminile differente e avulso dagli stereotipi comuni della donna considerata solamente come moglie/madre/casalinga.

Tenere conto del diritto della bambina e del bambino riconosciuto titolare di bisogni educativi speciali ad avere un’adeguata assistenza di un qualificato e competente educatore, in ambito scolastico, per tutte le ore settimanali di cui necessita.

Focalizzarsi sul diritto della bambina/o malato ad essere assistito e curato a casa, con la propria famiglia – laddove è possibile e compatibile con la patologia in corso – con la presenza e l’assistenza di un infermiere domiciliare pediatrico, in un’ottica di piena integrazione sociosanitaria.

Se non è possibile assistere il minore a casa, vi è il diritto della bambina e del bambino ospedalizzato ad essere trattato con empatia, vicinanza, dignità, umanità, senza l’utilizzo sistematico della forza fisica al fine di immobilizzarlo per attivare particolari procedure medico-sanitarie.

Fondamentale è il diritto a vivere possibilmente in una famiglia in cui non si manifesti violenza domestica, e laddove disgraziatamente così non fosse, diritto alla garanzia di un intervento immediato da parte di parenti prossimi, insegnanti, educatori, medici, infermieri, pediatri e vicini di casa. Nel momento in cui il minore viene affidato legalmente ai servizi sociali, si deve avere il diritto ad avere garantite tutte le necessità di cui ha bisogno (in primis, l’assistenza psicologica), senza scontrarsi quotidianamente con carenze di risorse e decisioni discutibili da parte degli adulti.

È necessario il diritto ad essere affidato (qualora l’affidamento sia normativamente disposto dai servizi sociali) ad una persona o ad una famiglia nel pieno rispetto delle garanzie dei suoi diritti, evitando decisioni poco chiare, non trasparenti, soggettive e discutibili nella scelta e nomina degli affidatari.

Vi è il diritto della bambina e del bambino a vivere nella propria famiglia: nel momento in cui questa non è in grado, il solo diritto dell’adulto ad essere genitore non dovrebbe mai prevalere sul diritto del bambino a vivere in una condizione di sufficiente benessere fisico, psicologico, affettivo, relazionale e culturale.

Infine, è fondamentale tenere conto del diritto dell’adolescente a riconoscere ed esprimere la sua libera identità sessuale, scevro da pregiudizi e stereotipi retrivi e ottusi, spesso infamanti e offensivi, nel pieno rispetto della propria personalità.

Queste sono le sfide su cui tutti siamo chiamati a confrontarci, per fare in modo che i diritti di bambine e bambini non vengano riconosciuti, rispettati e garantiti solamente sulla carta

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