Lombardia zona rossa o arancione? Le Regioni hanno chiesto in queste ore un incontro al Governo per rivedere “in un’ottica di semplificazione i parametri elaborati nella prima fase della pandemia”.
“Il dialogo è sempre aperto” ha risposto il ministro della Salute Roberto Speranza, ribadendo che sono (e saranno) gli ormai celebri “21 parametri” ad indicare “l’indice di rischio insieme all’Rt” e determinare quali misure attuare sui territori”. Insomma, il metodo (compreso quello delle tre fasce rossa, arancione e gialla) non si cambia.
Da qualche giorno, a livello tecnico, la Lombardia vanta indicatori che si avvicinano ad uno scenario da zona arancione e non più rossa. Ma il passaggio, stando a quanto previsto dal decreto, non è così semplice e immediato: per essere “declassato”, infatti, chi si trova in una fascia di rischio deve far registrare 14 giorni di “permanenza nello scenario di rischio inferiore”. In pratica la Lombardia, se sarà zona arancione, non lo sarà prima del 27 novembre.
Posizioni diverse
I vertici del Pirellone, non è un mistero, sono concentrati sulla “retrocessione” in zona arancione. Lo conferma senza troppi giri di parole il Consigliere regionale Giovanni Malanchini. “La Lombardia ha profuso un grosso impegno, i parametri stanno migliorando e la nostra visione è quella di un provvedimento unitario”. Insomma, una zona arancione estesa a tutta la Regione.
In primis perché “i contagi – prosegue – essendo a macchia di leopardo” anche all’interno delle stesse province “non sono omogenei e risulterebbe difficile adottare provvedimenti diversi. Anche in Bergamasca – fa notare – si riscontra una certa disomogeneità guardando ai dati”, basti pensare alla differenza che c’è oggi tra la Bassa e le valli. Pone un interrogativo: “Perchè Treviglio dovrebbe diventare zona arancio e Cassano d’Adda (distante pochi minuti, ma in provincia di Milano ndr) restare zona rossa se gli scenari sono simili?”.
La pensa diversamente il grillino Dario Violi, tra i banchi dell’opposizione. “Se i dati ci dicono che in alcune province le misure possono essere alleggerite, allora questa scelta deve essere presa – commenta -. Sta a Fontana prendersi questa responsabilità, e sulla base dei dati trasmessi al ministero fare una richiesta specifica”.
Per Violi la soluzione migliore “sin dall’inizio” era quella di “chiudere il traffico alle persone tra province, soprattutto in entrata e uscita dai territori più colpiti dal virus”. Pensa a Milano e Monza. “È evidente che chiudere un territorio grande come la Lombardia non ha senso, allo stesso tempo la Regione non potrà passare tutta d’un colpo a zona arancione – precisa -. Che sia troppo presto ce lo dicono anche le dichiarazioni rilasciate in questi giorni dai tecnici”, compesi alcuni vertici dell’Ats milanese. “Sta al presidente della Regione – conclude – indicare dove è possibile alleggerire le misure e dove no, tutelando allo stesso tempo l’economia e la salute dei territori”.
Le differenze tra zona rossa e arancione
Ma qualora la Lombardia fosse inserita nella zona arancione, cosa cambiarebbe? La novità fondamentale riguarda la possibilità di spostamento durante il giorno. In zona rossa non si può uscire di casa se non per motivi di lavoro, salute, necessità, urgenza, istruzione, o per andare a fare una corsa o una passeggiata (quest’ultima attività in prossimità della propria abitazione), e serve l’autocertificazione; in zona arancione, invece, il movimento all’interno del proprio comune è libero tra le 5 e le 22, quando scatta il ‘coprifuoco’. Durante le ore notturne, per uscire, anche in zona arancione serve l’autocertificazione.
Sarebbe sempre vietato spostarsi dal proprio Comune, salvo le esigenze elencate prima. E resterebbero chiusi bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie, ad esclusione delle mense e del catering, mentre rimarrebbe possibile l’asporto e la consegna a domicilio. Con il ritorno in zona arancione, potrebbero inoltre riaprire gli altri negozi al dettaglio.
Nei weekend e nelle giornate festive e prefestive resterebbero chiuse le medie e grandi strutture di vendita, ad eccezione delle farmacie, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole. Salvo diverse decisioni da parte dei governatori, le seconde e le terze medie potrebbero tornare a scuola in presenza con la mascherina obbligatoria, mentre le superiori resterebbero a distanza.
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