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Il processo

Omicidio del Gaudio, per la difesa di Tizzani il killer è lo stesso di Colognola video

Il genetista Portera: "23 marcatori dei due dna ignoti rilevati sul cutter di Seriate e sulla guancia della Roveri sono sovrapponibili"

A uccidere Gianna del Gaudio con una coltellata al collo la notte del 27 agosto 2016 a Seriate è stata la stessa mano che, con le medesime modalità, ha ammazzato Daniela Roveri quattro mesi più tardi a Colognola? Secondo il pool difensivo di Antonio Tizzani, l’ex ferroviere a processo per l’omicidio della moglie, sì, come spiegato dal genetista Giorgio Portera nell’udienza di martedì (17 novembre).

“C’è una forte compatibilità tra il dna rilevato sul guanto trovato con il taglierino del delitto del Gaudio e quello individuato sul volto della Roveri”, le sue parole di fronte alla Corte presieduta dal giudice Giovanni Petillo in una delle ultime sedute prima della sentenza, e che a questo punto potrebbe rivelarsi decisiva per il verdetto finale.

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Il genetista, che in passato ha seguito anche il caso di Yara Gambirasio, ha spiegato che “nei due dna ignoti presi in esame, ognuno riferito al singolo caso, 23 dei marcatori sono sovrapponibili tra loro. Nell’aplotipo del cromosoma y in particolare, quello che indica la linea maschile del soggetto, si evidenzia una ‘forte compatibilità’, secondo una scala tecnica utilizzata negli esami di laboratorio”.

Portera, imbeccato dalle domande dell’avvocato di Tizzani, Giovanna Agnelli, e del pm Letizia Cocucci, ha poi parlato delle tracce genetiche sul cutter ritrovato nella siepe e identificato come arma del delitto dell’ex professoressa: “Alcune sono state attribuite all’imputato ma potrebbe trattarsi di una contaminazione avvenuta nei laboratori del Ris – il suo attacco – . Inoltre il quantitativo sulla lama era poco e per questo è stato necessario amplificarlo quattro volte anziché una sola come avviene di solito per questo tipo di analisi”.

L’ipotesi di un omicida comune era già stata avanzata e approfondita quattro anni fa. Carabinieri e Polizia, che avevano indagato sui due casi avvenuti a pochi chilometri di distanza, si erano confrontati a lungo, su input dell’ex procuratore capo Walter Mapelli che prima di morire aveva insistito a lungo per risolvere gli omicidi.

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Gli inquirenti si erano concentrati proprio su quella traccia di dna sulla guancia della manager d’azienda sgozzata nell’androne del suo palazzo in via Keplero, per una compatibilità con quella rinvenuta sul cutter che sarebbe stato utilizzato a Seriate, ritrovato con i guanti in lattice in una busta della spesa, nascosta in una siepe, due mesi dopo il delitto. Ma dopo lunghe settimane la pista era stata accantonata perchè le tracce era state ritenute solo “blandamente compatibili”.

Anche il caso Roveri, archiviato due anni fa per mancanza di elementi investigativi, a questo punto potrebbe riaprirsi?

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