Carissime Giuseppina, Ida e Pierangela,
si è fatto lunedì 16 novembre il primo passo, post indagini preliminari, di quel lunghissimo percorso che ci separa dalla sentenza che assegnerà condanne e responsabilità ad una decina di individui imputati per colpa causata da imprudenza, negligenza e violazione di norme legislative che portarono, stando alle accuse, alla vostra morte tanto prematura, quanto improvvisa e inaspettata.
La vostra morte procurò un’immediata condanna all’ergastolo per i vostri cari.
Il profondo vuoto, il lacerante dolore di una ferita aperta, che da quel maledetto 25 gennaio 2018 li accompagna all’alba di ogni nuovo risveglio, riusciamo solo lontanamente ad immaginarlo.
Siamo in un Paese ove la giustizia cammina su gambe deboli, lente, artatamente azzoppate da decenni di una classe politica spesso autoreferenziale, inchinata e ripiegata su sé stessa, pronta ad inchinarsi a interessi e tornaconti esterni e interni.
Chi ha provato a riformarla, ha inevitabilmente incontrato inossidabili resistenze, difficoltà di ogni genere tese fondamentalmente a snaturare e ridimensionare le più buone intenzioni iniziali.
Una classe dirigente che in questi ultimi 30 anni ha demolito diritti, tutele e garanzie, smantellando lo Stato Sociale e subordinando la sicurezza dei cittadini a rivoltanti profitti.
Un esempio concreto? Basta dare un’occhiata a pagina 62 del “Bilancio RFI 2018” (Rete ferroviaria italiana).
Una tabella illustra lo storico del volume di spesa disposto da RFI spa, società cui appartengono i rinviati a giudizio per il disastro di Pioltello, per investimenti in tecnologie sulla sicurezza dall’anno 2015 al 2018 (valori in milioni di euro, ndr):
Carissime Giuseppina, Ida e Pierangela, voi, da lassù, siete ormai a conoscenza di ogni verità.
Riuscirete, quindi, a comprendere la rabbia e lo scoramento, che non pervade soltanto il sottoscritto, innanzi a questo lungo percorso giuridico che si perderà inevitabilmente nel lontanissimo orizzonte di un futuro remoto.
Non mancano casi modello da citare in cui, a distanza di decenni, giustizia non è ancora stata fatta.
La strage di Viareggio, nel giugno 2009 in cui persero la vita 32 persone: la prescrizione ha già cancellato i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime.
Dopo quattro anni di indagini e più di sette di udienze, gli unici capi di imputazione rimasti sono: disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo. Entrambi legati al filo dell’aggravante dell’incidente sul lavoro.
L’omicidio colposo plurimo sarebbe già prescritto, se non fosse legato a tale ultima aggravante. Ma in Cassazione, se la Suprema Corte non la riconoscesse, il processo finirebbe prescritto. Il reato di disastro ferroviario, invece, andrà prescritto già il 29 dicembre 2021.
Marco Piagentini, presidente del “Mondo che Vorrei”, l’associazione dei familiari delle vittime, perse la moglie e due dei suoi tre figli, di 4 e 2 anni. Inoltre, Marco riportò ustioni sul 98 per cento del corpo. Ma il reato di lesioni colpose plurime gravi e gravissime è caduto in prescrizione, proprio come l’incendio colposo.
Marco ha ricevuto prontamente un ergastolo plurimo. Oltre alle gravissima perdita che ha devastato la sua famiglia, non ha più il derma normale e ha lacerazioni che permangono ancor oggi. Se si espone alla luce del sole rischia tumori alla pelle.
Lui e la sua associazione chiedono e invocano giustizia. Da troppo tempo.
San Giuliano di Puglia, Thyssenkrupp, Ilva, L’Aquila, Rigopiano, il più recente Ponte Morandi sono tutti lì, come un inutile monito. Disastri colposi senza colpevoli. Tragedie che in un Paese dalla memoria breve e dalla giustizia claudicante sono destinate ad essere dimenticate da tutti, ad eccezione di coloro che restano: i cari delle vittime. Loro, gli unici a ricevere un’immediata condanna all’ergastolo.
Ciao Carissime Giuseppina, Ida e Pierangela, perdonate lo sfogo.
Franco Valenzano, 60 anni, di Bariano, giovedì 25 gennaio 2018 era sul treno uscito dai binari a Pioltello: “Il deragliamento è durato tantissimo, tutti abbiamo avuto il tempo di capire cosa stesse succedendo” – La sua testimonianza
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