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Credito

Con la cessione delle filiali Ubi sparisce un pezzo della storia di Bergamo

Si pensi a quella lezione e si impari: se non si è uniti e non si fa rete, è sempre qualcun altro a trarre vantaggio.

Negli Stati Uniti d’America stanno cercando di togliere le statue di Cristoforo Colombo dalle piazze. Un simbolo dell’uomo che parte alla scoperta di nuove rotte e si imbatte in nuove terre, un esempio per la ricerca, la scienza, il progresso.

Si elimina dalle piazze la sua statua per cancellare la Storia, annullare il pensiero che quel simbolo rappresenta.
Succede così anche per l’Isis che sta distruggendo tutti i monumenti storici in Iraq.

Rimuovere i simboli per cancellare la Storia.

La portata è diversa, ma analizzando la cessione delle 630 filiali e sportelli non operativi di Ubi Banca a Bper da parte di Intesa Sanpaolo si può affermare con serenità che chi ha svolto quell’operazione di scegliere gli sportelli di Ubi sapeva che cosa voleva colpire. Voleva cancellare la memoria storica della Banca Popolare di Bergamo, della Commercio e Industria a Milano, della San Paolo e Cab a Brescia, e il discorso potrebbe continuare.

È ovvio che la cessione di quegli sportelli seguisse le indicazioni dell’Antitrust formulate dopo che il 17 febbraio scorso Intesa Sanpaolo aveva lanciato un’Offerta di pubblico scambio su Ubi Banca.

Nell’elenco che abbiamo pubblicato anche sabato su Bergamonews si evidenzia come le sedi storiche delle banche, le filiali simbolo nei luoghi strategici delle città – Bergamo, Brescia, Milano… per far solamente alcuni esempi – non aveva solamente l’obiettivo di rispettare le indicazioni dell’Antitrust.
Il disegno è più sottile e più ambizioso: cancellare la storia.

È sbagliato tutto ciò? Lo diranno gli storici di economia, per ora stiamo alla cronaca. E ad un insegnamento.
Alla fine Ubi Banca era un istituto di credito che è entrato negli appetiti di colossi bancari, ma che era nato a Bergamo e con lo sguardo fermo e attendo alle esigenze del territorio.

Insomma, bergamaschi e bresciani, nel tempo hanno saputo costituire banche solide con forti legami ai territori dove operavano. Non è detto che quella formula si possa rifare in altra scala ma con caratteristiche ben diverse, dove a vincere non sia l’azione, il mercato e il mero profitto. Deve esserci quell’anima di solidarietà e cura del territorio nel quale si opera che è stata la carta vincente di Ubi Banca. Inutile piangere sul latte versato, anche se bisogna riconoscere che alcuni imprenditori bergamaschi su quel latte hanno costruito una fortuna da un giorno all’altro.

Si pensi a quella lezione e si impari: se non si è uniti e non si fa rete, è sempre qualcun altro a trarre vantaggio.

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