Una torretta in mezzo al verde: è questa l’impressione che offre il Fortino di San Domenico a chi osserva Bergamo da Porta San Giacomo.
Conosciuta anche come “Piattaforma di San Domenico”, la struttura venne realizzata all’esterno delle Mura Veneziane per poter proteggere il retrostante baluardo.
Simile a un rivellino per il disegno dei muri e per l’organizzazione frontale, l’opera si differenzia da quest’ultimo per la mancanza di un’autonomia difensiva che tradizionalmente presenta.
Completato nel 1585, il Fortino risolse solo in parte i problemi causati dalla conformazione orografica dell’area confermandosi scarsamente difendibile in caso di attacco nemico.
La realizzazione dell’avamposto fortificato aprì un’importante ferita nella storia di Bergamo in quanto questo intervento portò alla distruzione della Chiesa dei Santi Stefano e Domenico e del vicino convento.
Il complesso, abitato dai padri domenicani dal 1226 e riedificato a partire dal 1244, divenne uno dei più importanti centri monastici del Nord Italia possedendo parecchie numerose opere d’arte e una delle biblioteche più ricche d’Europa.
Nonostante l’opposizione espressa dai frati e le minacce di scomunica rivolte nei confronti del generale veneto Sforza Pallavicino, gli edifici sacri furono rasi al suolo l’11 novembre 1561 dopo che oltre cinquecento soldati di guardia avevano preso posto lungo il perimetro esterno.
I religiosi trovano una nuova collocazione nel complesso di San Bartolomeo solo nel 1572, mentre il Fortino rimase in uso per secoli.
Ceduto al pittore Cesare Bizioli nel 1884, lo stesso venne riedificato su progetto dell’architetto Enrico Galbiati che disegnò l’aspetto attuale.
Fonti
AA.VV., Le Mura di Bergamo; Bergamo; Azienda del Turismo; 1979
Alberto Castoldi; Bergamo e il suo territorio. Dizionario enciclopedico. I personaggi, i comuni, la storia, l’ambiente; Azzano San Paolo; Bolis; 2004
Angela Prato Gualteroni, Anna Roncelli; Bergamo. Tempi e luoghi della sua storia incisi nella pietra; Bergamo; Grafica e arte Bergamo; 1989
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