L'intervista

Tiziano Barbui: “Vaccino anti Covid: l’importanza, i tempi, l’efficacia”

Il direttore scientifico di From (Fondazione di Ricerca dell’ospedale Papa Giovanni XXIII): “Con il Covid19 l’immunità naturale si perde. Il vaccino è molto importante per arginare l’epidemia”.

La notizia dell’efficacia al 90% del vaccino anti-covid19 da parte dall’azienda farmaceutica americana Pfizer insieme alla tedesca BioNtech è stata accolta dalla comunità scientifica, politica ed economica con grande soddisfazione e, forse, anche con un respiro di sollievo, il primo da quando si è scatenata la pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero.

Bisogna capire come e quando potrà essere commercializzato e distribuito. L’obiettivo è quello di rendere disponibili le prime dosi del vaccino anti-covid19 già entro la fine dell’anno, inizio 2021.

Ora cosa succede? Cosa dobbiamo aspettarci? Ne abbiamo parlato con il professor Tiziano Barbui, direttore scientifico di From (Fondazione di Ricerca dell’ospedale Papa Giovanni XXIII). Barbui, fondatore del dipartimento di Ematologia agli Ospedali Riuniti di Bergamo dove è stato Direttore e Primario dal 1981 al 2008, già presidente della Società nazionale di Ematologia è tra i top 50 Italian scientists nel settore della Medicina e della Immunologia.

Cosa vuol dire che il vaccino è efficace al 90%?

Significa che il 90% dei pazienti trattati con questo vaccino hanno risposto con la produzione di anticorpi, che hanno attività “killer” nei confronti del virus. Questa è una buona notizia: se la popolazione reagisce al vaccino riducendo l’infezione, si riducono anche i contagi. Il vaccino ha il compito di preparare l’immunità del soggetto nei confronti di un’aggressione dell’ospite, il virus. Oggi sappiamo che chi si è ammalato di covid19 sviluppa anticorpi naturali che però hanno una durata limitata. In alcuni soggetti, dopo 7-8 mesi dalla malattia gli anticorpi sono 1/3 rispetto ai primi mesi. L’immunità naturale si perde. Quindi è il vaccino è molto importante per arginare l’epidemia da covid19.

Che tipo di vaccino è?

Il vaccino che stanno sviluppando Pfizer e BioNtech è tra i più innovativi tra quelli in sperimentazione (secondo tre grandi organismi internazionali Oms, Scuola di Igiene e medicina tropicale di Londra, National Institute of Health americano, i potenziali vaccini sono 261, basati su diverse tecnologie, di cui 55 in fase clinica, ndr). Quello di Pfizer e BioNtech è un vaccino a Rna che, una volta somministrato, stimola la produzione di anticorpi contro una proteina contenuta nel nucleo del Sars-CoV-2 e di cui il virus si serve per agganciare le cellule umane e penetrarle. Questo vaccino non è monodose (diversamente da quello contro il morbillo, per esempio) e necessiterà di un richiamo per aumentare la dose degli anticorpi. Attualmente il vaccino si trova in fase 3, quella in cui si determina la tossicità – che pare assente – e l’efficacia, cioè la capacità di stimolare la produzione di anticorpi, che è stata confermata, appunto, al 90%.

Quali sono le fasi di sviluppo di un vaccino?

Sono le stesse fasi dello sviluppo di un farmaco. La fase pre-clinica si svolge in laboratorio e include studi in vitro e su modelli animali attraverso i quali si definiscono il meccanismo d’azione (cioè la capacità di indurre la risposta immunitaria), il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso. In questa fase si tende ad accertare che il farmaco non sia tossico sulle cavie. Se la prova è superata, si inizia la sperimentazione clinica sull’uomo, in 4 fasi. La fase 1 è quella che valuta la tossicità del farmaco. Si inizia a somministrare una piccola dose per poi aumentare progressivamente e arrivare al limite (superato il quale diventa tossico). Con questa dose – che segna il limite di somministrazione del farmaco – si passa alla fase 2, ovvero al trattamento di un numero sufficiente di pazienti (qualche centinaio o anche meno) con la quantità di farmaco accertata non tossica per valutare se ha una certa attività e se vale la pena andare avanti (ovvero se la tossicità è inferiore al beneficio che ne deriva).

A questo punto?

Quindi si apre la fase 3, in cui si coinvolgono migliaia di pazienti. Gli studi di fase terza sono controllati, dal momento che i soggetti trattati con il farmaco/vaccino in studio sono confrontati con altrettanti soggetti trattati con un vaccino simile già autorizzato o con un placebo, e randomizzati, dal momento che la suddivisione dei soggetti fra l’uno e l’altro trattamento – chi assume il vaccino in test e chi il placebo – avviene in maniera casuale. Questa tipologia di studi rappresenta lo strumento più solido del metodo scientifico per dimostrare l’efficacia e la sicurezza di un prodotto medicinale, inclusi i vaccini, in quanto permette di attribuire con ragionevole certezza le differenze osservate nei soggetti coinvolti nello studio esclusivamente al farmaco/vaccino.
Confermati gli studi (trials) clinici, le autorità regolatorie – In Italia, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in Europa, la European Medicines Agency (EMA), in America la Food and Drug Administration (FDA), etc. – approvano il farmaco o il vaccino e, si dice, “lo rimborsano” ovvero pagano l’acquisto del ritrovato e lo distribuiscono negli ospedali e nelle farmacie.

Qui finisce?

No. Gli studi di fase 4 (o studi post-autorizzativi) vengono condotti dopo la commercializzazione e hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino nelle sue reali condizioni d’uso. In pratica, si studia ciò che accade nella pratica clinica con centinaia di migliaia di pazienti. Qualche volta, pur superata la fase 3, emergono problemi che negli studi che hanno promosso l’accettazione del farmaco da parte degli enti regolatori non si erano evidenziate. Quando ciò accade si sente dire che “il farmaco x è stato ritirato”.

Una volta approvato il vaccino, entrano in gioco gli Stati che devono stabilire i criteri per la campagna vaccinale sulla popolazione. Come funziona?

Una volta disponibile ed approvato, gli Stati devono organizzare la distribuzione del vaccino e stabilire con quali criteri organizzare la campagna vaccinale: da quali soggetti cominciare, a chi far somministrare il vaccino, in quali luoghi, etc. I primi ad essere vaccinati saranno certamente le categorie a rischio, le persone più fragili e/o più esposte al virus. Si procede per categorie di rischio altro-medio-basso.

Ci sarà competizione tra Stati per approvvigionarsi del vaccino?

No, non credo proprio. L’industria si sta già muovendo per poter produrre enormi quantità di vaccino, miliardi di dosi. Per poter godere della cosiddetta immunità di gregge la vaccinazione deve essere massiva e arrivare almeno a 70-80% di popolazione vaccinata.

Quando sarà disponibile il vaccino su larga scala e in Italia?

Potrebbe esserlo già in primavera o all’inizio dell’estate prossima.

Rispetto alle altre aziende che stanno lavorando ai potenziali vaccini cosa cambia?

Nulla, tutti proseguono. Come esistono diversi farmici per curare l’ipertensione, così possono esserci più vaccini contro lo stesso virus. Farmaci e vaccini diversi, che agiscono con meccanismi diversi. Le aziende farmaceutiche in campo stanno testando soluzioni per combattere determinate “parti” del virus. I russi dicono di avere un vaccino più potente dei cinesi. Staremo a vedere. Sarà la prova dei fatti che determinerà quale sarà il migliore e quale funzionerà meglio. Non ci sono elementi che ci consentono ora di valutare quale preferire.

Come proteggersi nel frattempo?

Anche con il vaccino in distribuzione non si dovranno abbandonare le precauzioni a cui ci stiamo abituando: lavare bene e frequentemente le mani, igienizzare mani e oggetti condivisi, mascherina, distanziamento, aerazione dei locali chiusi, etc.. Per essere fuori pericolo, bisogna che si spenga completamente il contagio. La strada è ancora lunga, anche con il vaccino pronto e disponibile.

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