L’autoscatto dal letto d’ospedale parla da solo: Pietro Poidomani, 66 anni, medico di famiglia a Cividate al Piano, è stato uno dei primi a provare l’esperienza devastante del Covid. Forse il primo medico della Bergamasca.
I primi sintomi li ha accusati il 28 febbraio. Qualche linea di febbre e una tosse molto profonda, diversa dalle solite. Quattro giorni dopo è in isolamento, sotto ossigeno all’ospedale di Romano. Il tampone non mente: positivo. Le lastre nemmeno: in corso c’è una polmonite interstiziale.
Da allora sono passati otto mesi. Lui dal virus è guarito, altri suoi colleghi no. È bene ricordarne i nomi: Mario Giovita, 65 anni; Antonino Buttafuoco, 66; Vincenzo Leone, 65; Carlo Alberto Passera, 62; Michele Lauriola, 67; Pietro Bellini, 69; Giambattista Perego, 62. Tutti caduti durante la prima ondata, portati via dalla malattia quando i dispositivi di protezione erano ancora un miraggio.
Otto mesi, appunto. Non un’eternità. Eppure, c’è chi sembra avere dimenticato un po’ troppo frettolosamente le scene viste in primavera. Soprattutto a Bergamo, dove in quei mesi era persino difficile comprendere quale fosse il confine tra il vivere e il morire.
Nelle piazze e per le strade, l’onda del malcontento è sempre più spesso cavalcata da chi minimizza la malattia: negazionisti e cospirazionisti. Tant’è che in alcuni cortei togliersi la mascherina (o il non indossarla affatto) è diventato un invito. Un atto di ribellione, non un fattore di rischio.
“Ci sono due frasi che ripeto sempre – commenta il dottor Poidomani -. La prima è ‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno’. La seconda è che se l’incendio finora li ha evitati, giocano sempre col fuoco. E chi gioca col fuoco prima o poi rischia di scottarsi”. Ai negazionisti “consiglio solo di aprire un libro di storia. Capirebbero subito che le pandemie non sono frutto della fantasia – aggiunge – e che se riusciamo a contrastare il Covid è solo per merito della scienza, delle terapie e delle tecnologie che lo consentono”.
Otto mesi dopo, la geografia del contagio in provincia è cambiata. Il territorio maggiormente sotto pressione, ora, è proprio la Bassa Bergamasca, dove il dottor Poidomani esercita da 35 anni. Un territorio che per logistica e attività lavorative ha molti contatti con il Milanese, dove venerdì si è superata la soglia dei 4 mila contagi.
Nella ‘sua’ Cividate i casi segnalati dall’inizio della seconda ondata sono 5, come si apprende dai frequenti aggiornamenti del sindaco Gianni Forlani. Il primo cittadino, sui social, invita tutti alla prudenza e condivide “l’emblematica” confidenza (così la definisce) di una persona positiva al Covid: “Pensavo non fosse vero. Ero fra quelli che non credevano al virus, ma adesso mi sono ricreduto” riporta il sindaco. Meglio tardi che mai, direbbe qualcuno.
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