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Benvenuti in novembre, che sa un po’ di marzo. Benvenuti in quarantine

Siamo di nuovo in una bolla rossa, in un periodo in cui è difficile vedere la positività nelle cose, ma se sei giovane hai solo due possibilità: lamentarti o reagire.

Se a marzo era un folkloristico passatempo cantare sui balconi, ora sembrano, tutto d’un tratto essere diventati troppo stretti per contenere le canzoni di Celentano e, diciamoci la verità, i pomeriggi non sono più né troppo azzurri né troppo lunghi. Sono bui.

Siamo nel periodo che precede quella lunga serie di ricorrenze un po’ commerciali un po’ tradizionali che avvicinano le persone; in altre parole siamo nel periodo pre-una poltrona per due, pre-mamma ho perso l’aereo, pre-post su Instagram “anche quest’anno a Natale faccio il Grinch”, pre-litigate intra familiari su dove, come e soprattutto con che menù passare il Natale, pre-bancarelle con ettolitri di cioccolata calda e torrone (morbido o duro che sia) e siamo nel periodo pre-Natale.

In questo periodo dell’anno c’è una smisurata voglia di “insieme”: insieme agli amici, insieme agli amori, insieme a quei parenti che ti riprometti di sentire più spesso e, prima che se ne accorga, è già passato un altro anno.

Siamo in quel periodo in cui la sera quando esci le sigarette le fumi veloci perché se no ti si congelano le mani e la sera vai a letto tra bestemmie e preghiere perché ventiquattr’ore non sono abbastanza per il lavoro, l’università, te e tutti quegli impegni che si inseriscono nella tua agenda senza nemmeno che tu lo voglia davvero.

Insomma, benvenuti a novembre, ma non un novembre normale: un novembre che ha il sapore di marzo.

Un novembre con le videochiamate, un novembre in cui “ti amo” lo leggi sul cellulare, in cui le serie su Netflix finiscono ancora prima del lievito sugli scaffali.

Insomma, welcome in quarantine.

È dura. È dura per tutti: per te, per i commercianti che avevano già stretto la cinghia, per i medici che sono stremati, per i nonni privati dei nipoti e per chi il covid19 lo sta vivendo sulla propria pelle.

Tu sei giovane e hai solo due scelte: lamentarti o reagire.

Se scegli di lamentarti devi anche accettare di essere succube degli eventi, di non avere poi possibilità di dire che “si poteva fare meglio”, che “hanno sbagliato tutto”, che “l’Italia ormai è persa”. Devi, quindi, accettare al cento per cento la lamentela, anche con le sue conseguenze.

Se scegli di reagire vuol dire che, allora, ti stai dando una possibilità, anzi, che stai dando una possibilità di riscatto a tutti i giovani dimostrando agli anziani, ai genitori che tu puoi fare meglio di loro.

Vuol dire che saprai sfruttare quest’ennesima prova come dimostrazione del fatto che hai la capacità di stare bene, che non è poco.

Vorrà dire che sarà il tuo urlo, un sonoro so-stare-da-solo e pure in una situazione pesante non-perdo-di-vista-i-miei-obiettivi e, anzi, pure con il peso di un nuovo carico, comunque sarai in grado di realizzare ogni tuo progetto.

La scelta sta a te.

Torneranno i concerti, gli abbracci, i baci e i drink ghiacciati. Tornerà il vento d’autunno a tagliarti le labbra senza che ci sia una mascherina a proteggerle. Torneranno le discoteche e i viaggi in tutto il mondo. Tornerà tutto, magari in modo più responsabile, magari pensando di più al pianeta, perché non c’è spettacolo più bello della notte che ti sbatte in faccia, senza troppi riguardi, l’immensità della Luna.

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