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Covid

Bar delle scuole, l’appello dei gestori: “Obbligati a non lavorare, servono aiuti”

Oltre 200 gestori di bar delle scuole statali di secondo grado di tutta Italia si sono cercati e censiti fra loro aprendo la pagina Facebook “Bar delle scuole” in rappresentanza di questo settore poco conosciuto

“Siamo obbligati a non lavorare e la nostra situazione è svantaggiata rispetto a tante altre attività: ci servono aiuti”. È una richiesta d’aiuto disperata quella formulata da oltre 200 gestori di bar delle scuole statali di secondo grado di tutta Italia che si sono cercati e censiti fra loro aprendo la pagina Facebook “Bar delle scuole” in rappresentanza di questo settore poco conosciuto e per questo invisibile.

Riunitisi per esporre le problematiche specifiche che hanno impedito loro di lavorare dal mese di marzo – e in alcune realtà come la Lombardia e precisamente Bergamo dal 24 febbraio fino alla riapertura delle scuole del 16 settembre – hanno scritto un appello al presidente del consiglio Giuseppe Conte e ai ministri dell’istruzione Lucia Azzolina e del lavoro Nunzia Catalfo. Con questo documento spiegano che, “mentre il DPCM del 17 maggio 2020 autorizzava a una progressiva riapertura delle attività di bar/ristori aperti al pubblico, i bar delle scuole sono rimasti forzatamente chiusi per sei mesi”.

“I sostegni economici e lo slittamento delle scadenze previsti dal decreto “Cura Italia” – specificano – non hanno considerato che i bar delle scuole sono dovuti rimanere chiusi molto più a lungo rispetto alle autorizzazioni alla riapertura di maggio, pur avendo lo stesso codice ATECO 56 e che i contributi ricevuti non sono bastati nemmeno a pagare le tasse”.
Non è andata meglio con la ripresa delle scuole al 16 settembre. “È stata una riapertura parziale per l’attuazione delle norme anti-Covid e per le numerose assenze degli studenti in quarantena o per i timori di eventuali contagi e, non da ultimo, per la tipologia della clientela di queste attività, considerando che per noi non è possibile attrarre un’utenza diversa dalla popolazione scolastica. Pur lavorando dal 16 settembre al 24 ottobre, gli incassi hanno raggiunto a stento il 40%. E va considerato che i prezzi applicati dai bar delle scuole sono “calmierati”, inferiori a quelli dei bar pubblici e quindi con margini più limitati di una qualsiasi altra attività esterna”.

Adesso, a seguito del DPCM del 24 ottobre 2020, i bar delle scuole si trovano in un mini-lockdown: “Siamo nuovamente costretti a sospendere l’attività per la riduzione del 75% delle presenze degli studenti, che costituiscono la stragrande maggioranza della clientela, e comunque a subire ancora ingenti perdite. In modo particolare, chi è al primo anno di apertura di una nuova gestione non ha avuto nemmeno la possibilità di ammortizzare i costi e gli investimenti di entrata”.

“Nemmeno il Decreto Ristori – aggiungono i gestori – tiene conto delle pesanti e prolungate limitazioni al lavoro di questa nostra categoria di lavoratori e generalizza i contributi di sostegno come se i bar delle scuole avessero potuto aprire da maggio in poi”.
Infine, per affrontare un contesto così complicato, vengono formulate diverse proposte: “È utile farsi sentire e rendere visibile a tutti la nostra situazione, soprattutto al governo, al quale rivolgiamo le seguenti richieste:
– un’integrazione ai sostegni da maggio a settembre;
– ulteriori contributi fino alla ripresa delle lezioni in presenza;
– slittamento dei tributi (tasse, contributi Inps, F24) fino a un’effettiva ripresa delle attività lavorative post-pandemia;
– deroga alla scadenza di bandi e rinnovo automatico delle concessioni per consentire il recupero delle perdite subite durante la chiusura obbligata;
– sospensione dei pagamenti delle quote delle concessioni/utenze/contributi sia agli istituti scolastici sia alle province fino alla ripresa delle regolari attività pre-pandemia”.

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