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L'intervista

Luca Viscardi: “In un libro la mia battaglia contro il Covid. Non abbassate la guardia”

Il conduttore radiofonico illustra "La vita a piccoli passi", in uscita martedì 3 novembre

“Ho deciso di condividere la mia storia per far capire quanto possa essere dura la battaglia contro il Coronavirus e che non bisogna abbassare la guardia”. Così il conduttore radiofonico Luca Viscardi illustra il suo primo libro, intitolato “La vita a piccoli passi” (Sperling & Kupfer Editore), che esce oggi, martedì 3 novembre.

In questa pubblicazione ha scritto la propria testimonianza in merito al Covid: lo abbiamo intervistato per saperne di più.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?

L’idea è nata dalla volontà di condividere la mia esperienza con il Coronavirus, che purtroppo – soprattutto nella Bergamasca – è comune a molte altre persone. Ho deciso di raccontarla per far capire quanto possa essere complicata la battaglia con il Covid e per invitare a non abbassare la guardia. Sappiamo come sono stati quei mesi drammatici: ho scritto la mia testimonianza e ormai ho quasi esorcizzato i duri momenti vissuti. Subito dopo il decorso in ospedale mi sono accorto che cominciavano a serpeggiare e a diffondersi le posizioni cosiddette negazioniste: la percezione che si tratti di una malattia solo per gli anziani, che ormai non avrebbe più fatto paura e che non fosse più un problema così grande. Sono tutti modi per nascondere la paura e negare l’evidenza, ma significa anche anteporre una forma di egoismo all’impegno a cui ognuno di noi è chiamato per mettere in sicurezza le persone più deboli che sono sempre a rischio.

E com’è andata?

Il periodo in cui purtroppo l’ho avuto è stato il peggiore. Era il momento in cui non si conosceva alcuna cura: tutto era ancora da scoprire. Fisicamente è stata una prova durissima, l’ho contratto nei primi giorni di marzo e sono uscito dall’ospedale la vigilia di Pasqua: sono stato ricoverato per più di un mese, per tre settimane non ho camminato e per due settimane non sono riuscito ad alimentarmi. È stato molto difficile anche dal punto di vista dell’impatto psicologico, mentale e dell’umore, un percorso complicato che mi piace condividere soprattutto per la comprensione di coloro che non hanno vissuto il dramma di una città come la nostra. Quest’estate ho girato mezza Italia per una vacanza itinerante e in alcuni luoghi si comportavano come se non ci fosse alcun rischio, non indossavano la mascherina e non tenevano il distanziamento. Poi sono fiorite tutte quelle posizioni per cui a ottobre non si sarebbe verificata una seconda ondata e il virus non ci sarebbe più stato… A quel punto mi è venuto naturale raccontare la mia storia, che ho scritto come un flusso ininterrotto di parole nell’arco di una settimana.

Luca Viscardi libro

E così ha preso forma il libro

Non avevo mai scritto un libro prima. Ho proposto alla casa editrice Sperling & Kupfer timidamente e ho trovato un team entusiasta dell’idea, accelerando drasticamente le dinamiche tipiche di una pubblicazione. E sono stato davvero felicissimo.

Quali sono i momenti più difficili?

Il racconto inizia dal momento in cui l’ambulanza si presenta a casa mia e il finale è la liberazione di questo fardello sulle spalle a distanza di quasi due mesi dalla comparsa dei sintomi. Concludo il libro condividendo il momento in cui sono uscito dall’incubo: avevo effettuato il famigerato doppio tampone ed era risultato negativo. Non avrei più dovuto stare a due metri di distanza da mio figlio, dormire in una stanza diversa da mia moglie, indossare la mascherina in casa ecc. Quando mi hanno dimesso dall’ospedale ho trascorso tre settimane in isolamento domestico e in quel periodo ho ripreso possesso della mia vita: ricordo tanti episodi, da quando sono tornato a infilare i pantaloni e la maglietta al giorno in cui sono uscito a eseguire il primo tampone e poco alla volta ho recuperato le forze. Il decorso è stato lungo…

Ci spieghi

Dopo il ricovero ho avuto attacchi di tachicardia e crisi di ansia – di cui non avevo mai sofferto – ma anche la fatica a salire le scale… inizialmente riuscivo a fare 10-15 minuti di movimento e poi avevo la necessità di riposare. Sono guarito quest’estate, il via libera per svolgere qualsiasi attività mi è stato dato a Ferragosto: è stata una lenta risalita che mi ha dato il tempo di riflettere su tutto quello che era successo, le dinamiche e il peso che potesse avere per le scelte del futuro.

Come l’ha cambiata questa esperienza?

Da un lato c’è stata la percezione della debolezza che ognuno di noi ha rispetto a quello che ci circonda, in particolare la natura. Avevamo vite perfette, è arrivato il virus e le ha completamente demolite: certezze, abitudini e riti sono stati spazzati via da una materia vivente infinitesimamente piccola. D’altro canto, davanti a questo genere di debolezza, ho scoperto una forza pazzesca: mi sono accorto che la reazione emotiva e psicologica è stata molto più forte rispetto a quella del corpo. Si è innescato un meccanismo di reazione che ha sorpreso anche me. È un’esperienza che lascia un segno nel lungo periodo ma mi ha dato modo di testare un certo tipo di determinazione, ha risvegliato lo stimolo di fare più cose e innescato la voglia di comunicare quello che ho vissuto.

Quindi l’ha rafforzata?

Si, tantissimo. Mi sento incredibilmente più forte rispetto all’anno scorso, focalizzato verso il domani prendendo meno le cose come vengono ma con determinazione a costruirle. In questa fase mi piace condividere l’esperienza perché ho il timore, anzi la certezza che purtroppo abbiamo imparato poco da questi mesi ed è una valutazione triste perchè il pensiero che abbiamo agito per paura e non per convinzione mi scoraggia. È un approccio che trovo incredibile, poi comprendo benissimo la stanchezza e la frustrazione: continuiamo a pretendere di vivere come se non stesse succedendo niente, con tutte le abitudini, le comodità e i vezzi che tutto sommato non sono essenziali. Lo dico con la piena comprensione, sostegno e vicinanza a chi da tutto questo ha avuto un danno: bar, ristorante, palestra, teatro, cinema e le altre attività si trovano in condizioni difficilissime, ma non possiamo pretendere di continuare per esempio ad andare al cinema normalmente altrimenti qualcun altro soffre. Bisogna sperare che chi è in difficoltà abbia sostegni reali.

Vi sono, però, alcune criticità di cui si sta parlando molto, come il trasporto pubblico

Che la gestione di questa situazione abbia mostrato lacune è indubbio. Però se tutto il mondo è in una situazione come la nostra o peggiore, il tema è che bisogna modificare il nostro approccio: non possiamo vivere aspettando che qualcuno possa risolvere questo problema per noi. Se ognuno non si pone nella condizione di fare una piccola parte in questa che è una guerra, il virus è più furbo di noi: se andiamo in giro con la mascherina sotto il naso o ci troviamo fuori dal bar senza rispettare le distanze il Covid ci frega. Ciascuno deve dare il proprio contributo indossando correttamente la mascherina, lavando frequentemente le mani e rispettando le distanze, ed è necessario che lo facciano anche gli altri: per esempio, quando siamo in coda al supermercato non devono inserirsi nella fila.

Per concludere, quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?

Ho voluto prendere del tempo per me e per la mia famiglia: sono in una fase di riprogettazione della partenza e la prima tappa è il libro. Sono molto carico e sto lavorando a molti progetti: come suggerisce il titolo del libro, mi sono reso conto che a volte siamo fagocitati dalle nostre giornate e tendiamo sempre a correre ma fatichiamo a gustare ogni cosa che facciamo. Credo, invece, che questo momento ci stia insegnando che possiamo governare in modo diverso le nostre azioni quotidiane. Il ritorno alla vita mi ha richiesto un percorso che mi ha fatto essere più lento, ma ora mi piace fare un passo per volta, guardarmi attorno e annusare i profumi del posto in cui mi trovo. E in questi mesi ho ricevuto tanta vicinanza e affetto: gli ascoltatori della radio hanno dato prova di essere davvero una straordinaria famiglia.

E cosa desidera per il futuro?

Mi piacerebbe poter mettere un punto per tutti sulla pandemia. Vorrei che un giorno potessimo ritrovarci e celebrare il momento con una festa in piazza camminando per strada, gettando le mascherine e stando a mezzo metro l’uno dall’altro con una maggior condivisione d’intenti. So che potrebbe sembrare retorico, ed è facile che presto dimenticheremo quanto è accaduto, perchè abbiamo poca memoria, ma supereremo la pandemia se tutti faranno la loro parte.

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